Pierluigi Mennitti, Lettera43.it 15/1/2011, 15 gennaio 2011
La nuova frontiera energetica - Potrebbe essere l’inizio di una nuova era energetica e i pionieri sono tutti indaffarati attorno a un serpente di tubi e bulloni lungo 180 metri, piazzato nelle acque tempestose di fronte all’isola scozzese di Orkney
La nuova frontiera energetica - Potrebbe essere l’inizio di una nuova era energetica e i pionieri sono tutti indaffarati attorno a un serpente di tubi e bulloni lungo 180 metri, piazzato nelle acque tempestose di fronte all’isola scozzese di Orkney. Una gigantesca presa di corrente in mare, una centrale che vorrebbe sfruttare onde e correnti marine per aprire un nuovo capitolo nel futuro delle energie rinnovabili. Se ne è occupata la Frankfurter Allgemeine Zeitung, perché tra le varie compagnie europee che cominciano a sondare questo potenziale mercato, quelle tedesche sono in prima fila. Il primo prototipo di fronte alle coste britanniche ha un nome evocativo, Pelamis P2, che in greco significa serpente marino e, come un Ulisse alla ricerca della sua Itaca, inaugura il viaggio verso la nuova frontiera energetica. NUOVA RISORSA ENERGETICA. «L’azienda costruttrice», ha scritto la Frankfurter, «una media impresa scozzese di 70 addetti, promette che il serpente fornirà energia sufficiente ad alimentare almeno 500 case». L’interesse è grande. Recentemente, nella piccola azienda di Edimburgo è piombato il rappresentante del primo ministro Li Keqiang per dare un’occhiata al congegno. «L’energia marina costituisce la più grande sfida del futuro delle energie pulite», ha assicurato Amaan Lafayette, un britannico che alla Eon, la più grande azienda tedesca del settore energetico, guida un gruppo di cinque collaboratori che nei prossimi anni dovrà cercare di capire se da onde e correnti del mare sia possibile tirar fuori il business del domani. «L’intero settore dell’energia marina», ha proseguito il quotidiano di Francoforte, «si trova al punto in cui 40 anni fa si trovava quello dell’energia eolica: agli inizi». Quattro decenni dopo, molte coste d’Europa si apprestano a ospitare interi parchi eolici e i moderni mulini a vento si sono moltiplicati negli ultimi anni in tutte le pianure e vallate ventose del continente. «La nuova avventura marina è invece ancora un terreno sconosciuto per i giganti energetici e nessuno è oggi in grado di valutare quale potenziale si nasconda davvero in fondo al mare. E tuttavia, quasi tutti i fornitori europei stanno sondando le opportunità e tra questi non mancano i grandi gruppi tedeschi». POCHI INVESTIMENTI. L’impegno finanziario è ancora limitato. Per restare in Germania, la Siemens con un solo milione di euro di investimento è entrata nel capitale della Marine Current Turbines, una società inglese che sta progettando un impianto costituito da grandi eliche da piazzare sott’acqua e la sua concorrente Abb si è legata a un’altra azienda scozzese, Aquamarine Power, che ha in mente di fissare sul fondo del mare delle pagaie in grado di catturare le correnti e trasformarle in energia: un’idea cui hanno dato un nome immaginifico come ’ostrica’. Sembra davvero di essere tornati all’epoca pionieristica, con grandi speranze, investimenti ancora centellinati e progetti che paiono usciti dalle menti fervide di scienziati visionari. Eppure, qualche volta è così che nasce una nuova stagione. «Un altro grande gruppo come Rwe», ha illustrato ancora la Frankfurter, «ha creato una società con un piccolo costruttore di impianti della Svevia, la Voith e anche la svedese Vattenfall e la spagnola Iberdrola cominciano a muoversi». Gli esperti hanno assicurato che si tratta già di qualcosa di più di un sogno e che le prospettive sono molto incoraggianti: «Il vantaggio dell’energia marina, anche rispetto a quella eolica, è che la forza delle correnti sott’acqua è esattamente prevedibile e i siti in cui istallare gli impianti praticamente senza limiti». E i consulenti della Frost & Sullivan hanno promesso in un anno una produzione di 6 mila ore-terawatt ottenute dalla forza delle onde e 700 ore-terawatt dall’alternanza delle maree. Il centro dello sviluppo di questa nuova tecnologia del futuro è in Gran Bretagna. «Già 4 anni fa - ha concluso la Frankfurter - l’agenzia governativa Carbon Trust ha pronosticato che una quota compresa fra il 15 e il 20% del fabbisogno energetico britannico potrà essere coperto dalla forza proveniente dal mare». La sfida è appena iniziata.