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 2011  gennaio 18 Martedì calendario

FILIPPINE RESILIENTI

Le Filippine sono classificate fra i dieci paesi che i cambiamenti climatici colpiscono e colpiranno sempre di più. Nel settembre 2009 il tifone Ketsana rovesciò sul paese in sei ore la quantità di acqua che in genere cade in un intero mese di piogge. Arrivano almeno 20 tifoni l’anno, e si prevede un aumento della loro intensità. Ma, amaro paradosso del caos climatico, aumentano anche le fasi di siccità.
Le 7.000 isole dell’arcipelago filippino che rientrano nella fascia dei tifoni sono suscettibili all’innalzamento del livello dei mari e alle tempeste che si accompagnano a grandi cambiamenti della temperatura.
L’impatto di questa esposizione ad agenti estremi è ovviamente aggravato dalla miseria: il 44% dei filippini vive in quartieri informali che non offrono scampo in caso di disastro. Solo a Quezon City, il quartiere più grande in quell’immensa megalopoli che è Metro Manila, 27mila famiglie vivono in aree considerate pericolose, secondo l’Ufficio per la questione degli urbani poveri. Le case degli insediamenti informali sono aggrappate su cigli e vicino a fiumiciattoli, spesso vicino o sotto linee dell’alta tensione, vicino o sopra discariche. In caso di disastro quelle persone sono le prime a perdere il poco che hanno e spesso la vita.
Eppure, riconosce lo stesso sindaco di Quezon City, un habitat sostenibile e villaggi sicuri dal punto di vista ambientale non dovrebbero essere un privilegio degli abbienti ma accessibili anche ai poveri, i più vulnerabili.
È con questo spirito che, come riferisce l’agenzia stampa internazionale Inter Press Service, l’organizzazione non governativa My Shelter Foundation ha indetto un concorso chiamato Date (Design against the Elemets;insomma «il design contro la furia degli elementi»...) per costruire nelle Filippine il primo villaggio «vivibile, economico e resiliente ai disastri». La Fondazione cercava anche metodi di pianificazione di case e insediamenti tali da garantire la sopravvivenza nelle - in genere terribili - settimane post-disastro.
Una giuria di esperti locali e internazionali ha esaminato 119 progetti invitati da professionisti e studenti, da 30 paesi. Ha vinto Johanna Ferrer Guldager, dalla Danimarca, proponendo un villaggio di reinsediamento per famiglie sfollate, elevato su palafitte. I materiali utilizzati sono tutti sostenibili (primeggia il bambù). I quali ultimi sono utilizzati per la raccolta dell’acqua piovana in cisterne. C’è un sistema di filtraggio delle acque. Fra una casa e l’altro, piccoli spazi verdi per assicurare la produzione alimentare anche in tempo di emergenze: un approccio semplice ma olistico fondato sulla collaborazione comunitaria, anche nella produzione di cibo.
L’idea vincitrice soddisfa anche i requisiti dell’adattabilità a diversi luoghi e della praticità nella costruzione. Così il governo di Quezon City ha promesso di costruire al più presto il villaggio pilota per 500 famiglie povere.
Un altro bel progetto in concorso è arrivato da studenti del Vietnam: case a due piani con una struttura tale da permettere loro di galleggiare in caso di inondazioni invece di essere spazzate via e distrutte. Piaciuto agli organizzatori perché può essere realizzato ovunque.
Tutte le proposte saranno raccolte in un testo di «architettura di fronte all’emergenza climatica» che sarà reso disponibile a ricercatori e progettisti di tutto il mondo. Gli organizzatori sono fiduciosi di aver dato un contributo a cambiare il concetto di habitat a basso costo, rendendolo anche resiliente.