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 2011  gennaio 18 Martedì calendario

IL TRIONFO DELLO SCONFITTO

I manuali di scrittura cinematografica insegnano come costruire una storia di successo. In sostanza, una storia funziona quando un eroe, nel quale la gente si immedesima, sfidando ostacoli di ogni sorta, combatte, contro tutto e contro tutti, per una nobile causa e, alla fine, trionfa. Messa così, la formula è tanto agile quanto suggestiva. I problemi cominciano quando si devono riempire di contenuto le espressioni “eroe” e “nobile causa”. Pensate al cinema western: per John Wayne (eroe) sterminare i musi rossi (nobile causa) era un punto d’onore, mentre da “Soldato Blu” in avanti i buoni sono diventati gli Indiani.
Le narrazioni sono neutre: è il punto di vista della rappresentazione a qualificarle. E questo punto di vista è mutevole e dipende dalla storia e dall’ideologia: “eroe” diventa l’incarnazione della mitologia dominante in un determinato periodo storico, “nobile” la causa in quel contesto avvertita come tale.
Prendiamo l’accordo (definiamolo così) di Mirafiori. Ci sono almeno due modi per raccontarla. Versione Uno: “eroe” è il manager, “nobile causa” la trasformazione dei rapporti di lavoro in fabbrica, definita “modernità”; antagonista, il Sindacato Rosso, raffigurato come un campione della “conservazione”. Versione Due: “eroe” è un operaio, “nobile causa” la difesa delle condizioni di lavoro e di certi diritti (chiamata, nel complesso, “dignità”), il Sindacato Rosso è un alleato, il manager assume il ruolo dell’antagonista e ciò che nell’altra narrazione era “modernità” qui si definisce “ritorno al passato”. Se fossi un produttore, chiamato a scegliere fra le due versioni, non avrei dubbi. Passerei la Uno, che ha il vantaggio del lieto fine. Come spettatore, magari, e anche come essere umano, farei però la scelta opposta. A volte, un eroe sconfitto ci è più caro di uno che trionfa.