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 2011  gennaio 18 Martedì calendario

L’Italia ora ha paura Ondata di tunisini in fuga dalla violenza - Gli uomini della guardia costiera scrutano l’orizzon­te

L’Italia ora ha paura Ondata di tunisini in fuga dalla violenza - Gli uomini della guardia costiera scrutano l’orizzon­te. Aguzzano lo sguardo e aspettano. Sanno che la mi­naccia è reale. Arriveranno, eccome se arriveranno. Dal­l’altra parte c’è la Tunisia, i ra­gazzi in piazza con i cartelli americani Yes we can sono stati spodestati da gruppi di bande armate che combatto­no contro i cecchini. Dicono che sono gli uomini di Ben Alì, messi apposta per creare caos, disordine. Paura. Usa­no gli spari per dire che que­sta rivoluzione partita dal bas­so, che cerca democrazia e li­bertà, non avrà futuro. Nessu­na speranza. Intanto chi può approfitta del caos e ruba, saccheggia, distrugge. Nel mirino c’è tut­to: negozi, supermercati, vil­le di ex potenti, palazzi presi­denziali. Chi può scappa. An­che i detenuti che fuggono dalle carceri. Decine solo dal­la prigione in fiamme di Mo­nastir che hanno fatto perde­re le tracce. L’Italia è lì; a por­tata di mano, 150 chilometri scarsi a separarci dalle coste tunisine. È per questo che le motovedette sono in allerta. Si guarda e si aspetta. Qualcu­no è già arrivato, tanti sono in coda, aspettando di salpare. Ieri a Pantelleria ci sono già stati due sbarchi. Quindici persone nel giro di poche ore. Sono state soccorse dalle motovedette della guardia co­stiera mentre erano a bordo di gommoni alla deriva a cir­ca 15 miglia a sud-ovest della costa. Erano partiti da Capo Bon, tutti tunisini, tutti uomi­ni in fuga non si sa bene da cosa. Dalla fame, dalla mise­ria, dal caos, dal carcere. Ora saranno tutti trasferiti nel centro di accoglienza a Trapa­ni. Ma non solo. Poche ore do­po l’allarme è arrivato da Marsala: 21 uomini che si sbracciavano chiedendo aiu­to. Ma quello che preoccupa davvero è il futuro. Cosa suc­cederà ora che i controlli alle frontiere, prima gestiti con il pugno di ferro da Ben Alì, og­gi non ci sono più. «La situa­zione in Tunisia è drammati­ca perché oltre ai moti e alle proteste continue anche do­po la fuga di Ben Alì, altre fu­ghe, ben più gravi, stanno av­venendo­dalle carceri del Pae­se nordafricano e c’è il perico­lo che questi detenuti attra­versino il breve braccio di ma­re che li separa da noi e ce li ritroviamo fuori dalle nostre case», dice la senatrice della Lega Nord e vicesindaco di Lampedusa Angela Maraven­tano. Ma non è solo la Lega a lanciare l’allarme. C’è la Francia preoccupata al­meno quanto l’Italia di un nuovo e massiccio flusso di immigrati. La paura emerge dalle pagine del Parisien che non si capacita del silenzio della diplomazia nazionale nei confronti della crisi, e c’è un’Europa che tace. C’è il ti­more delle autorità francesi per l’inasprirsi dei flussi ver­so l’Europa, migliaia di immi­grati potrebbero arrivare in Europa. Si teme che la situazione sfug­ga di mano, che nessuno ­con un Paese che sta lottando per non finire nel baratro del caos - si preoccupi di pattu­gliare le coste per controllare che gli accordi internazionali vengano rispettati, che si ri­spetti la regola che chi scap­pa da clandestino venga arre­stato. «Con Ben Alì - dice il vi­cesindaco - il fenomeno mi­gratorio da quel Paese era te­nuto sotto controllo, ora non più. Ora, con il caos, tutto può accadere: detenuti e non, spinti dalla gravissima crisi politica ed economica, non ci pensano due volte a fuggire verso l’Europa del sud, in particolare sulle coste italiane. Non possiamo per­metterci un’altra invasione. Sembra di rivivere la stessa si­tuazione dell’Albania negli anni Novanta che poi ha aper­to il fronte degli sbarchi». Lampedusa, ma anche Pan­telleria, Mazara, Pozzallo so­no lì, basta allungare la ma­no.