Carlo Bastasin, Il Sole 24 Ore 19/1/2011, 19 gennaio 2011
IL FONDO UE ACCELERERÀ IL PROCESSO D’INTEGRAZIONE
Come previsto, difficilmente la decisione dei ministri finanziari dell’Eurogruppo sulla dotazione del Fondo di stabilità finanziaria (Efsf) verrà prima del Consiglio Ue del 24-25 marzo. Barroso aveva forzato i tempi, irritando la cancelliera Merkel, ma il governo tedesco non ha concesso margini di trattativa: un Fondo più ampio è solo una parte del complesso di interventi sulla crisi europea e non può essere messo a disposizione senza prima fissare regole fiscali e sanzioni molto severe.
Se si guarda alle tensioni dei mercati la posizione tedesca sembra miope. È invece comprensibile se si considera che l’Efsf può rappresentare una svolta istituzionale ben oltre le previsioni. Il debutto avverrà la prossima settimana con il collocamento della prima emissione di bond tra 3-5 miliardi di euro prevista dal programma di assistenza all’Irlanda. Seguiranno altre due emissioni quest’anno e l’ulteriore raccolta di capitali nel 2012 per un totale di 26,5 miliardi. Per quanto modesto l’importo della prima emissione – e pilotato il collocamento - un successo del Fondo anche nelle successive operazioni potrebbe far intravedere un’uscita dalla crisi attraverso una maggiore integrazione fiscale anche in caso di nuovi paesi in crisi.
Le previsioni di buon esito si basano sia sugli annunci dei sottoscrittori (i giapponesi ne hanno prenotato il 20%), sia sul rendimento atteso che dovrebbe essere 50-80 punti base sopra quello dei Bund tedeschi e a premio anche su Bei. Il basso rendimento attuale dei Bund nasconde un rischio di perdite in conto capitale. È probabile dunque che gli investitori, in particolare i fondi sovrani, cerchino alternative alla tripla A.
L’Efsf rappresenta un’evoluzione rispetto al salvataggio della Grecia che era avvenuto attraverso prestiti bilaterali messi in pool dalla Commissione. Nel caso irlandese invece l’emittente è il Fondo, pur operando attraverso un’agenzia federale tedesca. Nonostante questo progresso l’Efsf non è stato concepito come l’embrione di un governo economico auspicato da chi ritiene indispensabile una politica fiscale comune nell’area euro. I governi hanno espressamente vietato che il Fondo si dotasse preliminarmente di risorse proprie. Anche a costo di essere meno efficiente: in caso di richiesta di aiuto da parte di un paese incapace di finanziarsi sul mercato a tassi normali, saranno necessarie quattro settimane per predisporre un programma di sostegno da parte della Commissione della Bce e dell’Fmi e, una volta approvato il programma dai ministri delle Finanze Ue e firmata un’intesa col paese richiedente, l’Efsf avrà bisogno di altri giorni per raccogliere i fondi e infine trasferirli al paese.
Tuttavia il Fondo dispone di una sua speciale inerzia che lo porterà ad avere un ruolo crescente. Se la crisi imporrà l’acquisto sempre maggiore di titoli pubblici, i governi finanziatori saranno – un po’ come succede già ora alla Bce – incentivati a comprare sempre di più, in modo da evitare il default e quindi le perdite sui propri contributi già impegnati dal Fondo. A differenza del Fondo monetario, infatti, l’Efsf non ha status di creditore privilegiato in modo da non spaventare i creditori privati sulle cui spalle finirebbe altrimenti tutto l’onere di una eventuale ristrutturazione. Questo significa che i paesi finanziatori rischiano davvero di subire perdite in caso di default del paese assistito. E già ora non si tratta di pochi denari: la Germania contribuisce con 119,4 miliardi di euro e l’Italia con 78,79.
Tanto più credibile e massiccio è l’impegno politico al salvataggio dell’area euro e tanto più è probabile che i capitali investiti non solo non vadano persi, ma addirittura portino profitto. A quel punto, se la crisi si approfondisse, sarà molto più facile trovare consenso per salvare i paesi in difficoltà con emissioni di bond in pool e attraverso garanzie congiunte. In tal caso l’Eurozona si troverebbe quasi automaticamente in un sistema di emissione di euro-bond. E diventerebbe necessario disporre di un’Agenzia del debito europeo e operare sul mercato secondario, nonché assorbire le posizioni della Bce. Nel caso poi in cui il Fondo potesse intervenire anche nel finanziamento di banche dei paesi in difficoltà, si affaccerebbe perfino una funzione microeconomica. Ma probabilmente di tali circostanze si occuperà la disciplina del Meccanismo europeo di stabilità, che prenderà il posto dell’Efsf dal 2013.
È comprensibile che Berlino chieda che l’Efsf venga accompagnato, oltre che da nuovi stress test sulle banche, da solide garanzie di rigore sul futuro dei debiti dei partner. Per predisporre queste garanzie sul debito è necessaria però un’intesa. Con l’Italia ancor prima che con gli altri paesi della tripla A.