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 2011  gennaio 18 Martedì calendario

Hessel Stephane

• Berlino (Germania) 20 ottobre 1917. Diplomatico. Francese • «“Se c’è una cosa che mi è riuscita nella vita è stata impressionare mia madre, e davvero non era facile. Ma ce l’ho messa tutta, a cominciare dalla Maturità a 15 anni”. Il successo scolastico è stato solo il primo, e certo non il maggiore, di una serie di exploit che rendono straordinaria la vita di Stéphane Hessel [...] Sua madre, la prima di molte donne da impressionare, è la pittrice Helen Grund che ispirò a Henri-Pierre Roché e poi a François Truffaut la storia di Jules e Jim: è lei Catherine, interpretata da Jeanne Moreau; il padre di Stéphane Hessel, lo scrittore Franz Hessel, è Jules (a differenza che nel film, nessun suicidio nella vita reale, solo la separazione). Da questi genitori fuori dal comune è nato un uomo molto amato in Francia [...] Nel 1948 [...] è stato uno dei principali redattori della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, accanto a Eleanor Roosevelt, John Peters Humphrey e Charles Malik. [...] Dopo avere combattuto i nazisti nella Resistenza francese ed essere sfuggito alla condanna a morte nel campo di concentramento di Buchenwald, a guerra finita Hessel è entrato in diplomazia facendo parte della delegazione francese alle neonate Nazioni Unite. “Avevo trent’anni, e al Palazzo di Vetro di New York avevamo l’impressione di fare la storia [...]. Ancora qualche mese e i contrasti tra Usa e Urss avrebbero sicuramente fatto fallire il progetto dei diritti dell’uomo, ma noi riuscimmo a fare appena in tempo, stilando una dichiarazione molto ambiziosa che conteneva una parola bellissima: ‘universale’, e non ‘internazionale’ come avrebbero preferito gli anglosassoni. Cercavo di interpretare lo spirito di Roosevelt, morto pochi anni prima, che a differenza di Churchill e Stalin aveva creduto davvero nell’idea di una organizzazione sovranazionale” [...] è stato uno straniero in Francia, sia pure di lusso, all’età di sette anni. “Mia madre era di famiglia prussiana, mio padre ebreo berlinese, ma entrambi adoravano Parigi [...] Siamo arrivati quando io avevo sette anni. Mi definisco di sangue tedesco, e di cultura francese”. A Parigi gli Hessel frequentano Marc Chagall, Picasso, Alexandre Calder, Marcel Duchamp. Naturalizzato francese nel 1937, nel 1939 Stéphane entra all’Ecole normale di rue d’Ulm. Dopo la disfatta e l’avvento di Pétain, sceglie il campo della “Francia libera” e raggiunge il generale De Gaulle a Londra, dove lavora al controspionaggio. Con il nome in codice di “Greco” torna clandestinamente a Parigi nel marzo 1944 in vista dello sbarco in Normandia, ma il 10 luglio viene arrestato dai nazisti. Seguiranno interrogatori infiniti nelle famigerate mansarde al numero 84 di Avenue Foch, “ma sono riuscito a sopportare e a non parlare”. Deportato a Buchenwald, Hessel viene condannato all’impiccagione. “Un grande tedesco, Eugen Kogon, mi ha salvato, escogitando uno scambio di identità per me e due miei c o mpagni, gli agent i britannici Edward Yeo-Thomas e Henri Peulevé. Kogon mi fece passare per Michel Boitel, un povero ragazzo di 22 anni, morto di tifo a Buchenwald il 20 ottobre 1944, giorno del mio ventisettesimo compleanno [...] Fu così che riuscii a sfuggire all’impiccagione. Negli archivi del campo, il nome di Stéphane Hessel figura nella lista delle esecuzioni. E io possiedo il mio certificato di morte, timbrato dalla Gestapo”. Nei momenti più spaventosi della prigionia, nei campi di Buchenwald e poi di Dora, Hessel ripeteva i versi preferiti: Shakespeare, Hölderlin, Rimbaud, Apollinaire... Le 98 poesie che conosce a memoria sono state da lui raccolte e commentate, nel 2006, nel libro Ô ma mémoire: la poésie, ma nécessité (Seuil). L’edizione tedesca è stata curata da Michael Kogon, figlio dell’uomo che lo aiutò a fuggire da Buchenwald. Dopo la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, Stéphane Hessel ha continuato la carriera diplomatica a Saigon, Algeri e Ginevra. “Il periodo più bello è stato in Algeria, dal 1964 al 1969 — ricorda —. De Gaulle era riuscito a porre fine alla guerra, e bisognava aiutare gli algerini a uscire dal periodo coloniale. C’era uno spirito di collaborazione, prima che il presidente Houari Boumédienne rovinasse tutto con il nazionalismo e l’arabizzazione a tappe forzate”. Accanto alla difesa degli immigrati, negli ultimi anni la battaglia di Hessel è a favore dei palestinesi di Gaza, con le inevitabili polemiche [...] il “Bureau National de Vigilance Contre l’Antisémitisme” ha denunciato Hessel per la sua partecipazione alle campagne di boicottaggio economico di Israele; lo studioso Pierre-André Taguieff si è spinto a insultare Hessel durante una trasmissione radio. In difesa dell’ambasciatore si sono schierati oltre 100 intellettuali e politici di ogni partito, tra i quali Daniel Cohn-Bendit, l’ex ministro degli Esteri Hubert Vedrine, Jean Baubérot, Etienne Balibar, Danielle Mitterrand, Catherine Tasca. “Sono ebreo per parte di padre e ho combattuto i nazisti, non sono particolarmente sensibile all’accusa di antisemitismo [...] Rivendico il diritto di indignarmi per le azioni di uno Stato, che sia Israele o qualsiasi altro. Questo non significa essere antisionisti o antisemiti, è una sciocchezza. Due Stati, uno ebraico e l’altro palestinese, devono convivere. Lo spero con tutte le mie forze [...] Non ho mai fumato, e ho seguito il consiglio di Winston Churchill: No sport. Soprattutto, ho avuto la fortuna di incontrare donne straordinarie: Vitia, la mia prima moglie, compagna per quarant’anni e madre dei miei tre figli. Dopo la sua morte ho conosciuto Christiane, di dieci anni più giovane di me. È un grande amore, insieme viaggiamo e teniamo lontano il malumore. Cerco sempre di impressionare anche lei. E il modo migliore per riuscirci è provare a comportarmi come se non fossi così vecchio” [...] ha conosciuto e ammirato sopra ogni altri Charles De Gaulle e Pierre Mendès-France [...]”» (Stefano Montefiori, “Corriere della Sera” 21/9/2010).