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 2011  gennaio 18 Martedì calendario

PORTE GIREVOLI PER I BRIC, GOLDMAN ORA INVENTA IL MIKT: DEBUTTANO MESSICO, INDONESIA, COREA E TURCHIA —

Certi investitori a volte si affezionano ai loro titoli azionari al punto da tenerli in portafoglio anche quando crollano. Gli allenatori fanno altrettanto affidandosi a dei giocatori invecchiati che in passato li avevano portati alla vittoria. Anche Jim O’Neill, presidente di Goldman Sachs Asset Management, fatica a liberarsi del concetto dei «Bric» per lasciare che cammini da solo. Continua a farlo persino mentre cerca di promuovere il rango globale di Indonesia, Messico, Turchia e Corea del Sud. In realtà Bric, «mattone» in inglese, starebbe ovviamente per Brasile, Russia, India e Cina: le quattro più grandi potenze emergenti che dieci anni fa O’Neill ha raccolto in un acronimo per descrivere il mondo che cambia. Ma creare un termine e imporlo cambia anche i termini nei quali il resto del mondo pensa alla realtà che sta dietro la parola. Di riflesso, contribuisce a cambiare quella stessa realtà. A seguito del conio di O’Neill molte banche hanno costituito indici azionari concentrati sui Bric, portando loro più investimenti di come sarebbe stato altrimenti. Anche la politica si è adeguata, ai livelli più alti: i premier e i presidenti dei quattro Paesi hanno preso a incontrarsi periodicamente. Il coordinamento fra loro in seguito ha accelerato la nascita del G20 dei leader globali e influenzato molti vertici internazionali sul clima o sulla regolazione finanziaria. Non meraviglia dunque che O’Neill sia pieno d’orgoglio e, come capita in questi casi, facile all’offesa. Alla vigilia di Natale il governo di Pechino ha fatto sapere che il presidente del Sudafrica Jacob Zuma sarebbe stato coinvolto nel prossimo vertice dei Bric nel 2011. Non che sia una prima assoluta: il Sudafrica ha spesso partecipato ai vertici Bric, per esempio nel 2008 a Hokkaido. Ma O’Neill l’ha presa male. Quanto all’inclusione del Sudafrica, ha scritto, «non mi è del tutto chiaro perché i Bric dovrebbero acconsentire» . Non importa che di quella sigla Pechino si sia ormai impadronita per farne uno strumento (politico) di influenza internazionale. Né sfiorano O’Neill gli evidenti interessi cinesi in Sudafrica o in tutto quel continente. Per lui il Sudafrica, un’economia da 350 miliardi di dollari, è comunque troppo piccolo perché la Cina possa iscriverlo ai Bric senza prima consultarlo. Ora l’economista di Goldman è passato al contrattacco: con una nuova sigla, Mikt. Poco pronunciabile, ma sta per Messico, Indonesia, Corea del Sud e Turchia. Come in fondo anche i Bric, questi quattro Paesi hanno poco in comune fra loro se non— vagamente— la taglia delle rispettive economie. Tutte fra i 700 e i mille miliardi di dollari, dunque più del Sudafrica o del pur dinamico Vietnam ma meno della categoria 1.500-6.000 miliardi entro cui sono compresi i Bric. Poi ci sarebbe un altro dettaglio, in verità: i «Mikt» sono tutte potenze emergenti che gli Stati Uniti considerano amiche o potenziali alleate nel contenimento della pressione cinese (specie Corea del Sud e Indonesia). Non è chiaro se ora qualcuno farà un indice azionario ad hoc per le medie potenze emergenti filo-americane o se queste ultime inizieranno a tenere dei vertici separati. Ma una certezza c’è: se qualcuno cerca un modo per smettere di pensare a un Paese nella sua realtà particolare, ma solo per categorie vaghe e buone a tutti gli usi, può commissionare un report a Jim O’Neill.
Federico Fubini