Danilo Mainardi, Corriere della Sera 18/01/2011, 18 gennaio 2011
ANIMALI DA LEGGENDA. NON E’ VERO CHE IL LUPO ULULA ALLA LUNA
Alcuni ricercatori del Centro faunistico del Parco delle Alpi Marittime hanno fatto un singolare esperimento. Loro scopo era dimostrare che i lupi non ululano alla luna, come invece si crede, ma per tant’altri motivi, per altro noti agli etologi. Lo scopo principale, in verità, era soprattutto quello di sfatare una leggenda popolare e, in effetti, i lupi del parco l’hanno sfatata.
Peccato, verrebbe da pensare, tanto è affascinante il profilo di un lupo che si staglia nero, la testa alzata, entro il tondo luminoso di una luna piena. E verrebbe poi da farsi quest’altra domanda: che fine faranno le storie terrifiche dei licantropi, quegli uomini che, sempre con la luna piena, si trasformano in semi-lupi e se ne vanno in giro a spaventare la gente?
Verrebbe quasi da credere, pensando a certe credenze, che, penetrati nella mente umana, certi animali subiscano un’evoluzione parallela, ove la selezione non è più quella solita esercitata dalla natura, ma piuttosto quella esercitata dall’irrazionalità, dalle paure e dalle superstizioni che ancora albergano dentro di noi. Per tanta gente, pertanto, gli occhi talora strabici della mente valgono più di quelli che, per mestiere, dovrebbero studiare la realtà? C’è da dire, d’altronde, che la nostra mente, in generale, non è che rappresenti il massimo quanto a razionalità.
Queste credenze sono infatti tantissime. Ricordo, per restare sull’effetto-luna, il caso di quelle fiammelle che regolarmente compaiono, durante la notte del terzo quarto di luna, in una ben definita località delle Indie Occidentali. Abbiamo, di questo evento misterioso, un’antica straordinaria testimonianza. Era la notte dell’ 11 ottobre 1492 e, precisamente alle ore 22, le fiammelle furono avvistate nientemeno che da Cristoforo Colombo dalla poppa della Santa Maria.
Sembravano minuscole candele oscillanti, scrisse nel suo diario. Ebbene, allora si credeva che si trattasse di spiriti infelici che regolarmente tornavano sul luogo di un ipotetico naufragio. E s’andò avanti per molto tempo con questa credenza. Era invece, più banalmente, l’appuntamento, basato sul ritmo lunare, che le femmine d’un anellide, l’Odontosyllis, danno ai loro maschi danzando ed emettendo luce. Questo tanto per dire quanto possano divergere la zoologia vera da quella delle credenze popolari.
E, sempre per restare in tempi antichi, pensate che Federico II asseriva, nella sua «Ornitologia» , che le rondini, quando d’inverno scomparivano, stavano nascoste a svernare nel fango degli stagni.
Un altro esempio affascinante, tra gli abbastanza recenti, è quello dell’upupa, splendido uccello diurno, direi addirittura solare. Ebbene, i poeti non hanno certo scherzato nel calunniarla dipingendola come un nefasto menagramo. Esempi? Eccone alcuni. Questo è il Foscolo: «E uscir dal teschio ove fuggìa la luna/l’upupa, e svolazzar su per le croci...» ; c’è poi il Parini: «E upupe e gufi e mostri avversi al sole/svolazzavano...» , e infine il Sestini, l’autore di Pia de’ Tolomei: «... chiama un estinto/l’upupa immonda in luttuoso metro» . Accidenti, viene da pensare, non scherzava proprio, questo Sestini.
E la storia, purtroppo, non è solo dei tempi passati, perché ancora numerosi sono quelli che pensano che la talpa sia sorda, che l’orbettino sia cieco, che l’oca e l’asino siano stupidi, che le scimmie siano dispettose, che la salamandra resista al fuoco, e così via. Tutte storie inventate, luoghi comuni, dietro i quali, però, c’è sempre un interessante perché.
Danilo Mainardi