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 2011  gennaio 18 Martedì calendario

Sfida sull’energia verde Pechino “ruba” l’azienda regina dei pannelli solari - Un’azienda americana chiude lo stabilimento in Massachusetts, licenzia 800 operai e trasloca le operazioni in Cina

Sfida sull’energia verde Pechino “ruba” l’azienda regina dei pannelli solari - Un’azienda americana chiude lo stabilimento in Massachusetts, licenzia 800 operai e trasloca le operazioni in Cina. Dov’è la notizia, nel trend consolidato da decenni delle delocalizzazioni produttive da Ovest a Est? È che si tratta della Evergreen, la terza società degli Stati Uniti nel business dei pannelli solari, la nuova frontiera lanciata da Obama quando ha promesso la rinascita dell’economia Usa grazie ai lavori verdi e all’affrancamento dalle forniture di energia petrolifera «nera» dagli arabi. Ora, lo spettro è la dipendenza «verde» da Pechino. Evergreen ha spiegato la chiusura dell’impianto di Devens, a NordOvest di Boston, con l’argomento inoppugnabile della convenienza economica. I produttori cinesi sono stati in grado di spingere al ribasso i prezzi drasticamente perché ricevono un aiuto considerevole dal governo di Pechino e dalle banche statali, ha scritto in un comunicato l’amministratore delegato di Evergreen Michael El-Hillow, e perché i costi per la produzione (stipendi e materiali) sono generalmente molti più bassi in Cina. Mentre un operaio guadagna mediamente 4500 dollari al mese in Massachusetts, la paga in Cina è sui 300 dollari. Negli ultimi tre anni i prezzi dei pannelli solari nel mondo sono crollati dei due terzi, con un calo del 10% negli ultimi tre mesi del 2010. Evergreen vendeva pannelli solari fatti a Devens a 3,39 dollari a watt alla fine del 2008, puntando ad abbassare il prezzo a 2 dollari a watt alla fine del 2010, obiettivo che è stato raggiunto. Ma in dicembre l’azienda si è arresa: per i suoi pannelli Usa poteva spuntare solo 1,90 dollari, mentre quelli fatti in Cina erano sul mercato a 1 dollaro a watt. «Anche se gli Usa e le altre economie industriali hanno il beneficio di un rapido calo dei costi di installazione di energia solare, ci aspettiamo che gli Stati Uniti continueranno a trovarsi in svantaggio da un punto di vista manifatturiero», ha concluso El-Hillow. Lo stabilimento chiuso era stato aperto soltanto nel 2008, ma già dai primi mesi del 2009 erano iniziati i contatti con Pechino, fino all’apertura nel settembre scorso della fabbrica a Wuhan, dove ora si concentreranno le operazioni. In America, con i suoi 168 megawatt, la Evergreen viene dopo la First Solar (216) e la Solarworld (180). Ma il confronto con la Cina mostra che il derby dell’energia pulita tra i due Paesi massimi emittenti di gas inquinanti ha già un vincitore, anzi un dominatore. Le aziende leader di pannelli solari cinesi, da Suntech Power (che è la prima con 1320) a Solar Power Industries (decima con 226) producono tutte più della maggiore ditta Usa, la First Solar, che costruisce all’estero gran parte dei suoi componenti. L’aiuto pubblico alle aziende dell’ambiente non è peraltro un’esclusiva cinese. Lo Stato del Massachusetts ha sborsato 43 milioni di dollari alla Evergreen, per decisione del governatore democratico Deval Patrick, afro-americano amico del presidente. La società ha invece rinunciato alla trafila, che ha ritenuto non vantaggiosa, per avere una fetta dei 16,5 miliardi di dollari che il ministero federale dell’energia ha stanziato alle imprese innovative. Come la Solyndra, produttrice di pannelli solari nella Silicon Valley, che ha avuto 535 milioni di mutui agevolati nel maggio del 2010 ed è stata visitata da Obama per illustrare le virtù dello stimolo. In novembre la Solyndra ha comunicato che chiudeva uno dei due stabilimenti e rinviava l’ampliamento del secondo.