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 2011  gennaio 17 Lunedì calendario

Mohammed supera Giuseppe - In Italia nascono troppi i bambini o troppo pochi? C’è chi,come l’economista e presi­dente della banca vaticana Ior Ettore Gotti Tedeschi, consi­dera la crisi economica legata anche al decremento demo­grafico

Mohammed supera Giuseppe - In Italia nascono troppi i bambini o troppo pochi? C’è chi,come l’economista e presi­dente della banca vaticana Ior Ettore Gotti Tedeschi, consi­dera la crisi economica legata anche al decremento demo­grafico. Pochi nati significa, nel giro di qualche anno, me­no produttori e meno consu­matori, oltre a provocare un drammatico squilibrio nel si­stema pensionistico. Altri, co­me il politologo Giovanni Sar­tori, rimangono legati a vec­chi allarmi per cui i nati sareb­bero comunque sempre trop­pi. Chi ha ragione? In assoluto i numeri non la­sciano dubbi. Il tasso di co­stanza della popolazione è di 2,1 figli per donna: due figli rimpiazzano due genitori, e lo 0,1 in più compensa le donne sterili o che rinunciano al fi­glio. Negli anni 1990 l’Italia è scesa ai livelli più bassi dell’in­tero pianeta, con un tasso di fe­condità di 1,18 figli per donna. Nel decennio iniziato con il 2000 il tasso è risalito da 1,18 a 1,41, rimanendo peraltro an­cora molto al di sotto del tasso di costanza di 2,1. In più, la risalita è in gran parte ingannevole. Non è rife­rita ai cittadini italiani, ma ai presenti sul territorio. La se­conda cifra comprende anche gli immigrati, regolari e clan­destini. Non bisogna confon­dere la crisi demografica con una presunta crisi dei reparti maternità. La seconda crisi non esiste, ma perché i reparti maternità sono ampiamente sostenuti dagli immigrati. Il tasso di natalità delle donne italiane è probabilmente il più basso del mondo. Battiamo anche la Cina, dove esiste una legge che impone il figlio uni­co. Il tasso di natalità delle donne immigrate in Italia in­vece si abbassa quando si trat­ta di immigrate di seconda o di terza generazione, ma resta comunque ampiamente al di sopra del tasso di costanza del 2,1. In molte grandi aree me­tropolitane nascono ormai più bambini immigrati che ita­liani. Lo stesso fenomeno è sta­to studiato in Francia da Mi­chèle Tribalat, i cui autorevoli studi hanno suscitato disap­punto politico ma non sono stati smentiti. Una cartina di tornasole è of­ferta dai nomi di nascita. Tra i nomi maschili più diffusi al­l’anagrafe sono entrati Mohammed e Youssef, tra quelli femminili Fatima. Si leg­ge anche che è molto diffuso Hu, ma si tratta di un equivo­co: per i cinesi Hu è un cogno­me, non un nome, e per esem­pio il leader della Cina Popola­re Hu Jintao si chiama Jintao di nome e Hu di cognome. Hu, in compenso, è il sesto cogno­me più diffuso a Milano dopo Rossi, Ferrari, Colombo, Bian­chi e Russo; il milanesissimo Brambilla viene solo all’otta­vo posto e dietro premono fra gli altri Zhou e Chen. Ma non c’è solo l’immigra­zione. Grazie ai vecchi, l’Italia sembra ancora la Sacra Fami­glia: il nome maschile più dif­fuso è quasi ovunque Giusep­pe, quello femminile Maria. Ma tra i nuovi nati oltre ai più alla moda Andrea e Giulia - in testa alla hit parade delle no­stre anagrafi per il 2010-spun­tano, soprattutto per le bambi­ne, le varie Jessica, Samantha, Luana, per non parlare della povera Yara, mentre i maschi adottano variazioni straniere di nomi italianissimi come Alex, Simon o Michel, ma si chiamano anche Milton, Ryan o Scott. Per fortuna la vo­ga politica dei piccoli Lenin eStalin sembra essersi esauri­ta, ma anche chiamarsi Lovely o Ginger - ce ne sono - dev’es­sere un peso non da poco. Conferendo il battesimo il 9 gennaio a ventuno neonati nella Cappella Sistina, il Papa ha insistito sull’importanza del nome, che per il cattolico fa riferimento a un santo pro­tettore. Lovely, Milton e Gin­ger nel santorale non ci sono, e neppure le diffuse Jessica e Samantha. La colpa è solo dei genitori che vogliono essere originali a tutti i costi? Forse è anche di chi chiama regolar­mente i figli con i nomi di gran­di santi della nostra storia. Il collegamento con il santo in­fatti è andato perduto. L’ono­mastico diventa sempre me­no importante, semplice occa­sione per consegnare svoglia­tamente quel regalo dimenti­cato a Natale o al complean­no. Soprattutto, alzi la mano chi - anche cattolico e prati­cante - insegna ai figli a cono­scere e pregare il santo di cui portano il nome. Eppure ci sa­rebbero qui dei tesori di cono­scenza. Quanti piccoli Carlo potrebbero essere ispirati da san Carlo Borromeo. E come farebbe bene a qualche giova­ne Tommaso- prima di corre­re a farsi chiamare all’inglese Tom o Tommy- leggere qual­cosa sulla riconquista della fe­de da parte del dubbioso Tom­maso apostolo. Per non parla­re della grandezza intellettua­le di Tommaso d’Aquino...