Maria Laura Rodotà, Corriere della Sera 17/01/2011, 17 gennaio 2011
SE LO SCIENZIATO (BRUTTINO) DICE CHE I BELLI SONO PIU’ INTELLIGENTI
Pensiamo al Web 2.0. Se Mark Zuckerberg fosse stato un tipo ganzo, non esisterebbe Facebook. Pensiamo ai software. Se Bill Gates fosse stato il più bello del liceo, si sarebbe forse dedicato alle ragazze e non ai computer. Pensiamo alla storia del Novecento. Se Rosa Luxemburg fosse stata più alta e con un bel nasino, avrebbe perso tempo a tenere a bada i pretendenti e non sarebbe diventata una delle più intelligenti e appassionate pensatrici politiche e rivoluzionarie europee (sarebbe vissuta meglio e più a lungo, certo, probabile). Pensiamo ai grandi studiosi che hanno dato lustro alla London School of Economics, Karl Popper, Harold Laski, Ralf Dahrendorf, Richard Sennett, Anthony Giddens. Non sono i primi maschi che vengono in mente quando si progetta un calendario. E non devono essere venuti in mente ai più giovani studiosi della London School che, dopo accurata ricerca, hanno riferito che i belli hanno più chances di essere intelligenti dei brutti. Che la spiegano così: «Se gli uomini intelligenti hanno più probabilità di raggiungere uno status elevato, e se gli uomini di status elevato hanno più probabilità di sposare donne belle, allora, dato che intelligenza e bellezza sono tratti ereditari, ci dovrebbe essere una correlazione positiva tra intelligenza e bell’aspetto nei figli» . Oddio, qualche rischio c’è. Ben illustrato da uno dei fondatori della London School, George Bernard Shaw. Recita l’aneddoto: quando la ballerina Isadora Duncan gli disse che insieme avrebbero potuto produrre un figlio strepitoso, col suo cervello e la di lei bellezza, lui obiettò «e se poi viene col vostro cervello e la mia bellezza?» . Ma erano altri tempi, ora si va di statistiche. Elaborate da Satoshi Kanazawa, studioso esteticamente un po’ svantaggiato, autore di saggi saccheggiati dai media pop. Uno sul perché la gente bella ha più figlie femmine (deve essere un’ossessione), uno sul perché gli uomini giocano d’azzardo e le donne comprano scarpe (vabbe’, qui ha ragione), e uno sul perché la correttezza politica fa danni alla psicologia evolutiva (il campo di Kanazawa) americana più del fondamentalismo religioso. Ora questo accademico simpaticamente reazionario teorizza una super-razza di kaloi kai agathoi, belli e buoni anzi intelligenti. Con i suoi collaboratori ha misurato quoziente intellettivo e attrattivo di 52 mila inglesi e americani; concludendo che gli attraenti hanno quozienti intellettivi di 13,6 punti superiori alla norma se maschi, di 11,4 punti se femmine. Complimenti. Poi, certo, avverte Kanazawa, «va da sé che il nostro assunto è puramente scientifico. Non è una regola in base alla quale trattare o giudicare gli altri» . Bontà sua. Va da sé, nella vita, che spesso è più emotivamente intelligente chi è o è stato un nerd e conosce comportamenti e miserie altrui meglio di un bellone generalmente accolto meglio. Va da sé che i sempre più scarsi fondi per la ricerca potrebbero essere meglio usati, forse (alla London School of Economics, poi; così a tutti, belli e brutti, crolla un mito).
Maria Laura Rodotà