ALBERTO ARBASINO, la Repubblica 17/1/2011, 17 gennaio 2011
INVERNO A MADRID TRA MUSEI E TEATRI
Appunti di strada e di tendenza. Dai giornali si apprende che le Camere lavorano fra Natale e Capodanno su una legislazione molto importante che riguarda lo scarico più o meno gratuito dal web di testi e canzoni con diritto d´autore.
Artisti di successo dichiarano di preferire Morricone e i Pink Floyd a Cage e Boulez. Sui giornali più autorevoli: macché cambiare il mondo, bisogna fare delle provocazioni dissacranti e dissidenti. «Apparentemente sublimando le associazioni metaforiche», cioè l´erotismo più o meno freudiano dei tacchetti alti. Wow?
Nel discorso natalizio del Monarca (qui si chiama così) cifre di crisi impaginate accanto a foto di Zapatero sorridente con Gheddafi. Quattro milioni e mezzo di disoccupati, giovani per il 41,7%. Da novembre, anche cinquantamila autonomi in disoccupazione. Negli ultimi due anni, trentamila negozi falliti donde novantamila disoccupati. Sacrifici per i salariati. Ribassi per gli impiegati. Congelamento delle pensioni... Auguri: la società non può permettersi tanta disoccupazione giovanile, senza un´adeguata crescita non si creano impieghi, massima attenzione agli emarginati ed esclusi, cercar di piazzare l´economia nelle brigate di testa...
Statistiche definitive di vittime, dopo esami di 614 fosse comune grandi e piccole: nell´anno 1936, 47.399 andalusi delle due parti ammazzati anche in esecuzioni spicce.
Per il centenario dell´hotel Ritz a Madrid, però, fra i menu dei cenoni storici figura appunto quello del 1936.
Attualmente, in giro, veglioni autogestiti senza dress code, orgogli di coppie con etichetta gay, travestiti abbigliati da donnette per tutto l´anno, ma a Capodanno «indossiamo lo strascico»...
Quella famosa "movida" spagnola, dopo la morte di Franco, era magari contemporanea ai nostri anni di piombo? Agguati, attentati, «sex & drugs & rock´n´roll», Re Nudo, gambizzazioni, avanguardie proletarizzate, lotte continue, terrorismi teorizzati, «capelloni», «comuni», brigate, funk, punk, smart, cult, trends, sballi, «da bere», «riprendiamo il centro», Parco Lambro, caso Moro... Mentre intanto, in Spagna, giri di giovani per bar e "tapas", e donne meno giovani già pronte alle crisi di nervi appena alla fine dell´orribile dittatura...
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Stature adulte bassissime, con testoni e panzoni spropositati e sformati. Ci si domanda, tra la folla: come saranno stati Marziale e Lucano e Seneca e Quintiliano, e altri intellettuali spagnoli illustri, nella realtà di duemila anni fa, quando le dimensioni e le proporzioni e le misure venivano determinate secondo la statuaria greca e romana di quel tempo? Saranno diligenti, le statue degli imperatori «di origine iberica», quali Traiano e Adriano? (Fra l´altro, qui, il termine di «iberico», specialmente in materia di prosciutti, certamente non appare sdegnosetto come «italico», tanto più sprezzantello se unito a «ineffabile»).
Sui giovani, Pasolini si desolerebbe. Omologazione compiuta. Per i maschietti, come dovunque, crestine e ciuffetti nerissimi, sciarponi ripetutamente annodati, jeans con vita sotto le chiappe o aderenti come calzemaglie, scarpe da ginnastica generalmente bianche. Le ragazze, tutte con capigliature lunghe e bionde e sciolte, nonché stivali alti per ogni stagione. Parecchi Gesù più o meno nazareni, infiniti paparini con passeggini, e fragor di baciozzi. Torna in mente, dopo la morte di Franco, l´emersione improvvisa di tante facce segnatissime, già pronte per Almodòvar. E nei migliori american bars, davanti alle file di bottiglie stupende, non più stagionati barmen specialisti e consiglieri di cocktails, ora, bensì ragazzotti carucci tipicamente analcolici. Altro che ubriaconi di Velàzquez in taverne sordide e pittoresche.
Omologazione veramente globale. E non solo orecchini e braccialettini bisex ovunque identici. Disastri facciali scarnificati e grinzosi intorno agli occhi, per colpa di scellerati chirurghi estetici. E braccia stagionate, impossibili da nascondere con un cache-col, come una gola fra due revers (osserverebbe Roland Barthes). Nonché graffiti omogeneizzati ovunque arrivi una ferrovia. Nella più desolata Mancha, adesso, come già nella remota Pomerania, ai tempi della DDR, quando per raggiungere un rudere bombardato bisognava attraversare campi e fanghi senza strade. Ma là i graffiti erano identici alle periferie ferroviarie di Firenze.
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Al Prado, sgargiantemente ampliato ma ammirevolmente gestito, due sale temporanee affollatissime di Rubens grandi e piccoli offrono una sensazione di ballettoni enormi gremiti di Santi e Satiri e Satana. (E già, al Teatro Nazionale di Praga qui in visita per uno fra i tanti Schiaccianoci festivi, in un mix di ninfe del Bolshoi e mimate da Dickens natalizio, un bel diavolone molto camp fa dei «tiè» battendosi le chiappe a una Fata Confetto). Ma il Centauro Chirone rubensiano pare assai modesto, giacché non accenna al «cosa ha provato, mentre» di Parini e Gadda, quando l´educando Achille «feroce e sano» e senza mutande gli monta «sopra la irsuta schiena».
Ad ogni «Incredulità di San Tommaso», piuttosto, si rammenta il vano tentativo di un gentiluomo romano che analogamente voleva saggiare col suo ditino la delicatezza di un´ereditiera destinatagli in sposa. E del resto, fra le memorie italiane, ecco i torricini di Urbino e le dighe di Mantova come fondali per un «Crocifisso» di Barocci e per la «Morte della Vergine» di Mantegna. Riecco la fatale «Arianna addormentata» così frequentata da De Chirico e Richard Strauss, qui a Villa Medici in un piccolo Velàzquez, lodato giacché assai pre-impressionistico. E ancora di Velàzquez, il trionfale Conte-Duca di Olivares che gira il cavallo «in corvetta», posa di alta equitazione rampante analoga (con opposto significato) al Gio. Paolo Balbi di Van Dyck, in fuga tempestosa quale «homo pessimus» dalla castigatrice Genova. (Che nesso, fra il Prado e la collezione Magnani a Traversetolo che ospita il Van Dyck).
Di sala in sala, colpisce l´insana fissazione ispanica su nani deformi e santi eremiti altrettanto mostruosi. «Fa´ ch´io rida, buffon!» nel Rigoletto. E i frugoletti: «Buffon!» (naturalista francese del Settecento). Ma oggi, piuttosto: «Ridateci Brontolo e Pisolo!». D´altronde, per i ricercatori, questo «Giardino delle delizie» di Bosch è pieno di scorci ripresi e utilizzati in ogni Disneyland. In quanto alle flagellazioni e ai veri tormenti, chiunque sa che alla gente sono sempre piaciuti, e qui c´è pieno. Come sui mass media. Le anime belle non devono certo ricorrere alle luci rosse.
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Accanto al Prado, il Museo Thyssen può dar l´impressione di ospitare la "seconda scelta" dei migliori artisti, per i Grandi Secoli. Ottimi tedeschi del Novecento. Scarsi italiani. Ma si è sentita una frase di coppia italiana anziana, davanti a un grande Balthus. «Sarà un ungherese?». «Mah, qui veramente c´è scritto Paris». «Allora sarà un francese». Davanti alle spiagge normanne di Eugène Boudin, torna in mente un «Ballo Boudin» organizzato da un gallerista londinese (anni Cinquanta), dove Cecil Beaton apparve in lino bianco stropicciato, impersonando appunto Boudin. A quei tempi, in un castello di industriali lanieri a Lille, i feudatari affabilmente rammentavano: «Dufy, lo mandavamo noi ai concorsi ippici».
Prospettive allargate, divaricate: sia su un Canal Grande di Guardi, sia su una Piazza San Marco di Canaletto, e su una Piazza Navona di van Wittel. Usavano tutti la medesima camera ottica?
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A un gran teatro molto nuovo (Canal) e molto simile all´Arcimboldi milanese, un grosso Schiaccianoci natalizio si performa senza orchestra. Solo registrazioni, ma anche le tante vecchiette paiono abituate e rassegnate. Scatta un confronto. Al Valle, per l´eccellente Franca Valeri, le locandine storiche evocano Totò con Elena Giusti e Rascel con Tina De Mola, e 30 ballerine 30. Cose viste a Milano, a suo tempo, al Lirico o al Nuovo, con congrua orchestra, e Gorni Kramer. Ma come facevano a starci, qui? Il Valle è piccolo.
Davvero minuscola, a Madrid, è la Sala Piccola del Teatro Español. E qui, sola e magnifica, la grande Nuria Espert in nero-su-nero ormai da camerieri minimal, ma con occhi splendenti su un volto non troppo malandato. Dolci ricordi, tanti anni fa. Una memorabile Doña Rosita nubile a Milano. Una incantevole Salome di Wilde in una piscinetta di plastica a Ostia Antica, spruzzando un anziano Erode in vestaglietta e infradito sui bordi... (Quando anche Carmelo Bene trionfava nel medesimo testo...)
Qui, nella versione ispanica del poemetto The Rape of Lucrece di Shakespeare, che tanti dipinti fantasiosi ha ispirato. Dunque un vivo contrasto fra il controvoglia di Lucrezia romana, a causa dello stupro, e il trionfalismo "macho" del violentatore, Tarquinio il Superbo o un suo figlio. Donde, nientemeno, che la caduta della monarchia per colpa del settimo Re di Roma, e l´avvento della Repubblica con SPQR. Una goccia che fa traboccare il vaso latino, con loquacità, per un´ora e venti minuti.
Nuria Espert fa mirabilmente tutte le parti: la "raisonneuse" pirandelliana, la lamentatrice passionale entro luci molto caravaggesche, perfino le didascalie tipo «disse» o «rispose» fra gli eccessi gridati nel corso del guaio, con tonfi e rumoracci concreti come spostando mobili. Fino a un termine uso tipo Tito Livio, dopo la descrizione improbabile di un quadro su Troia più minuzioso di un Poussin. También.
(1. continua)