Francesca Barbieri, Rosalba Reggio, Il Sole 24 Ore 17/1/2011, 17 gennaio 2011
EURO, RIVALUTAZIONE DI LUNGO CORSO
Nel 1861 non c’era il telefono e nemmeno la radio. Per non parlare di televisione e internet, lontani anni luce. L’unico modo di comunicare a distanza - per i più ricchi, i soli a saper scrivere - era inviare lettere per posta, che impiegavano settimane, per non dire mesi, per arrivare a destinazione. Tra le élite si faceva così largo uso di francobolli: 15 centesimi di lira per inviare una busta da Torino, neo capitale del regno d’Italia, fino a Milano. Un bene indispensabile per comunicare a distanza, che costava più o meno quanto oggi il prezzo di una posta prioritaria. Altrettanto non si può dire del debito pubblico: il primo governo italiano si trovò di fronte a un buco di due miliardi e mezzo di lire. «Una voragine enorme per quei tempi - commenta Roberto Romano, docente di storia economica all’università statale di Milano - frutto della somma dei debiti dei vari regni unificati che nel giro di qualche anno sarebbe raddoppiata». Proiettando il debito al 2011 si arriva alla cifra di 11 miliardi di euro. Bazzecole in confronto al livello del debito pubblico attuale che viaggia oltre quota 1.869 miliardi.
Paragoni possibili grazie alla tabella con i coefficienti di rivalutazione monetaria elaborati ogni anno dall’Istat (si veda sotto e anche www.istat.it). In pratica, questi indici ci consentono di scoprire com’è cambiato il peso nel tempo dei valori monetari: ad esempio, per fare una lira dell’unità d’Italia oggi ne servirebbero oltre 8.700 (4 euro e mezzo), mentre negli anni Cinquanta, dopo il boom inflazionistico successivo alla seconda guerra mondiale, ne basterebbero 34.
Un viaggio nel costo della vita che permette di misurare com’è cambiato il potere d’acquisto delle famiglie italiane. Puntando l’attenzione sul carrello della spesa si scopre che il record dei rincari spetta al pane. Nell’Ottocento era l’alimento base e nel 1861 un chilogrammo di pane costava 0,44 lire, circa 1,9 euro attualizzati nel 2011. Un prezzo rimasto più o meno costante fino agli anni Cinquanta, sorvegliato speciale dalle autorità. Aggiornando i dati con i coefficienti Istat, e traducendoli in euro, ci si accorge che per un secolo i prezzi reali hanno oscillato intorno a 1,6 euro, per poi accelerare dal 1970 e arrivare fino ai 3 euro attuali, con punte di 5 euro per le pagnotte di qualità superiore. Nell’arco di 150 anni sono saliti anche i prezzi di latte (da 0,7 a 1,20 euro) e riso (da 1,66 euro ai 2,3 euro del 2011), mentre è scivolato verso il basso il costo dell’olio (da 10 a una media di 6 euro attuali). «Il semplice confronto numerico - avverte Pietro Cafaro, docente di storia economica all’università Cattolica - non è sufficiente: bisogna considerare condizioni di vita e modelli di consumo estremamente diversi, oltre a un differente grado di distribuzione della ricchezza». E così se tra le classi contadine dominava l’autoconsumo di quanto si produceva nei campi, i ricchi borghesi della capitale sabauda erano soliti ritrovarsi nei bar del centro a degustare il bicerin, il caffè arricchito da cioccolata purissima e fior di latte, che allora costava 15 centesimi di lira (pari a 0,67 euro) e che oggi si può degustare sborsando 6/7 euro. A Milano, invece, i nobili erano abituati a entrare nel Teatro alla Scala (allora Teatro Regio) verso le sei del pomeriggio, insieme alla servitù che, prima dello spettacolo, preparava la cena nelle piccole cucine collocate dietro ai palchi. Dagli archivi del Teatro meneghino spuntano le locandine del 1861: il prezzo del biglietto serale era di 2,60 lire (circa 12 euro), mentre l’accesso al loggione costava 0,90 lire, aumentate a una lira subito dopo l’unità d’Italia (4,5 euro).
Spostando la lancetta del tempo più avanti è possibile ad esempio calcolare il prezzo di una camera con bagno in albergo di lusso che negli anni Sessanta costava 8mila lire a notte (il dato risulta dai registri della Camera di commercio di Milano), l’equivalente di 99 euro, decisamente più conveniente rispetto ai 300 euro dei giorni nostri.
Nelle grandi città il gas per uso domestico nei primi anni Settanta costava 40 lire per metro cubo (pari a 0,34 euro), più conveniente del livello di oggi (circa 0,40 euro), mentre il canone Rai nel 1954, anno di avvio del primo canale in bianco e nero, ammontava 12.550 lire (oltre 183 euro), quasi il doppio rispetto alla quota di 110,50 euro richiesta nel 2011.