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 2011  gennaio 15 Sabato calendario

Mauro De Mauro venne rapito con una scusa: i mafiosi fecero finta di avere sbagliato persona, lo chiamarono con un altro nome e lo portarono con la forza sul luogo in cui il giornalista del quotidiano palermitano «L’Ora» fu poi strangolato

Mauro De Mauro venne rapito con una scusa: i mafiosi fecero finta di avere sbagliato persona, lo chiamarono con un altro nome e lo portarono con la forza sul luogo in cui il giornalista del quotidiano palermitano «L’Ora» fu poi strangolato. Fra gli esecutori materiali del delitto, avvenuto il 16 settembre del 1970, nell’attuale quartiere Zen, in una zona periferica di Palermo, ci sarebbe stato anche il capo di Cosa nostra, Totò Riina, finora indicato solo come mandante. A raccontarlo è il nuovo pentito Rosario Naimo, un ex uomo d’onore vissuto per anni da latitante, fra Stati Uniti, Francia e Spagna e arrestato per caso, il 27 ottobre scorso, mentre passeggiava per le strade di Palermo: si sentì male e fu soccorso da una pattuglia della Finanza; il giorno dopo cominciò a parlare con i magistrati, sostenendo di avere in animo di pentirsi «sin dal 1993». Certo, ci ha messo qualche anno in più, Naimo, per parlare con i pm, ma ora dice di avere ascoltato il racconto di Emanuele D’Agostino, uno dei protagonisti del sequestro e poi dell’omicidio De Mauro, di cui però non conosce il movente. D’Agostino successivamente fu anche lui ucciso, probabilmente per la sua insana abitudine di parlare troppo e di vantarsi di imprese criminali che viceversa sarebbero dovute rimanere del tutto riservate. Naimo spiega però di avere incontrato personalmente Riina, nel 1972 a Catania, e di avere appreso da quanto lo stesso boss diceva ad altri compari, Giuseppe Giacomo Gambino, Domenico Coppola e Gino Martello, che la mafia era stata coinvolta in prima persona nel fallito colpo di Stato del «principe nero» Junio Valerio Borghese: «Era previsto un segno di riconoscimento, consistente in una fascetta che gli uomini d’onore dovevano mettersi al braccio». Il neo collaborante appare un po’ impreciso su luoghi e date (secondo altri pentiti il delitto De Mauro sarebbe avvenuto infatti dalla parte opposta del capoluogo siciliano), ma ieri il pm Sergio Demontis ne ha chiesto l’audizione al processo. Riina è l’unico imputato e, se la terza sezione della Corte d’assise di Palermo deciderà di sentire Naimo, il ruolo del superboss potrebbe diventare anche quello di un esecutore materiale, cosa che potrebbe diradare i dubbi finora emersi sulla responsabilità del capomafia, all’epoca ancora relativamente giovane e non al vertice di Cosa nostra, se non come sostituto temporaneo di Luciano Liggio. La testimonianza di Naimo potrebbe abbreviare anche la lunga ricostruzione dell’omicidio, su cui si registrò con certezzauna «convergenza di interessi» tra mafia e ambienti istituzionali, anche se non si capisce per quale motivo: da una parte aleggia infatti il golpe Borghese, che De Mauro (fratello del linguista ed ex ministro Tullio) avrebbe scoperto in anticipo, in virtù delle sue aderenze tra i neofascisti e della sua militanza, durante la guerra, nella X Mas del principe Borghese; da un altro lato c’è la «pista Mattei», la morte dell’ex presidente dell’Eni in un incidente aereo a Bescapè, avvenuta nel 1962, su cui il cronista palermitano, che era anche corrispondente del «Giorno», stava indagando per conto del regista Francesco Rosi. Di D’Agostino il pentito racconta la spavalderia: «Io sono stato quello che ho preso a Mauro De Mauro», si sarebbe vantato il killer nel 1972. «Appena l’ho visto scendere ed è salito in macchina, subito ho aperto lo sportello, ci ho dato un colpo nella faccia e l’ho catapultato nel sedile di dietro». Dopo avere simulato lo scambio di persona, il sequestratore, che agì con un altro mafioso («Pinuzzu, Ninuzzu....non mi ricordo») avrebbe detto al giornalista: «“Tu hai insultato mia sorella, mia moglie”. E quello ci gridava: “Sono Mauro De Mauro”». Arrivati sul luogo convenuto, invece, D’Agostino, nel consegnare la vittima agli assassini, avrebbe mostrato al cronista di sapere benissimo chi fosse: «E bravo Mauro De Mauro...». Riina sarebbe stato anche colui che avrebbe ordinato il delitto. Il pozzo in cui fu gettato il cronista, anni dopo, fu ripulito su ordine del padrone del terreno, il boss Francesco Madonia.