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 2011  gennaio 15 Sabato calendario

«Purtroppo sì, ci stanno segnalando aggressioni e razzie anche in imprese italiane. Si tratta di sciacallaggio anarchico, incontrollato

«Purtroppo sì, ci stanno segnalando aggressioni e razzie anche in imprese italiane. Si tratta di sciacallaggio anarchico, incontrollato. Bande che approfittano dell’interregno aperto dalla fuga del presidente Ben Ali…». Il telefono dell’ufficio commerciale dell’ambasciata italiana a Tunisi è rovente. È un viavai di chiamate per capire l’evoluzione della crisi, contattare imprenditori italiani spiazzati da una rivolta incrudelitasi negli ultimi giorni, registrare denunce e assalti. A Soliman, non lontano da Tunisi, in serata due piccole aziende italiane, una tessile e una che fa porcellane, sono state incendiate. Pochi metri più in là alcune bande incappucciate hanno assaltato una concessionaria Peugeot. La situazione è molto fluida. «Siamo come dopo un’operazione chirurgica, il paziente è vivo ma non è ancora chiaro come sarà il decorso. Dipende tutto dalle prossime ore», spiega preoccupato un imprenditore edile di Verona basato a Efidha, 80 chilometri sotto Tunisi, lungo la costa. «Ho potenziato la scorta armata», non si sa mai. «Fino al pomeriggio le bande hanno saccheggiato chirurgicamente case, proprietà e attività legate alla famiglia presidenziale. In serata, invece - conferma Ferruccio Bellicini, segretario generale della Camera di commercio italo-tunisina - è scoppiata l’anarchia anche a Tunisi. Alcuni imprenditori italiani hanno lasciato le loro case terrorizzati per andare a dormire con le famiglie negli alberghi del centro». L’accelerazione della rivolta ha sorpreso la comunità economica italiana presente in massa in Tunisia con 700 imprese che danno lavoro a 55 mila addetti locali. Per un investimento di oltre 200 milioni l’anno e un interscambio in attivo di 620 milioni di euro. Fino a 3-4 giorni fa s’intravedeva una stabilizzazione rapida del quadro. La protesta sembrava confinata alle province interne, poco toccate dall’industrializzazione avviata, attirando imprese straniere, dal partito unico di Ben Ali. Invece in poco tempo la rivolta è arrivata nel cuore del Paese. E sta dilagando senza controllo. Ieri sera alcune centinaia di dimostranti hanno assaltato nel porto di Rades, a nord della capitale, la ditta di trasporti Germanetti, presente in Tunisia da oltre vent’anni. Secondo un responsabile della società sono stati saccheggiati i magazzini doganali di 3000 metri quadrati di superficie, dove erano stipati centinaia di metri cubi di merce. È stato appiccato il fuoco agli uffici della società, un’area di mille metri quadri accanto ai magazzini, ormai semidistrutti. Nel frattempo, «per ragioni di sicurezza», Alitalia ha sospeso tutti i voli da e per la Tunisia fino a lunedì 17 gennaio compreso, anche se ieri la Magliana ha volato regolare. La paura maggiore ovviamente affligge le piccole imprese dell’indotto tessile e del metalmeccanico basate nel nord del paese tra Sousse, la periferia della capitale, e lungo la costa. I grandi gruppi come Todini, Colacem, Fonderie Gervasoni, Eni, Snam, Terna, Ansaldo in queste ore terribili stanno difendendo proprietà e stabilimenti con squadre imponenti di vigilanza privata. I piccoli, invece, sono esposti allo sciacallaggio incontrollato. Anche se nel medio termine non dovrebbero esserci ritorsioni sistematiche agli investimenti stranieri. «Non è interesse di nessuno, anzi», si sbilancia Bellicini. «Nell’ultimo decennio grazie a corpose franchigie fiscali per le società totalmente esportatrici, sono arrivati molti investimenti esteri e posti di lavoro».