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 2011  gennaio 15 Sabato calendario

La voce popolare non sta tanto a sofisticare, sa: che lei, la pettinatrice, è già scappata, il diciannove dicembre

La voce popolare non sta tanto a sofisticare, sa: che lei, la pettinatrice, è già scappata, il diciannove dicembre. Per Dubai, dove è di casa, e senza tanti cincischiamenti ha portato con sé 1500 lingotti d’oro prelevati nelle cassaforte della banca centrale. È troppo bello per essere vero? Chissà. Chiarisce in ogni caso quanto la seconda moglie del presidente Leila Trabelsi venisse derisa nei panni della strega del regime. Sulla via della deprecazione popolare non viaggiava sola, con lei filava al sodo un clan, ben allineati gli undici fratelli. Come nelle fiabe la volevano corruttrice del marito, impastoiato da una camorra tenebrosa, all’operetta del rubo ma non troppo era subentrata una Spa familiare specializzata nella politica della pancia ovvero conquistarsi un posto e la ricchezza. La biografia della «reggente» sfuma e smezza i fatti, manca di pagine essenziali. Si sa che è una figlia del popolo, pettinatrice. Ma le circostanze in cui ha conosciuto Ben Alì, all’epoca un generale responsabile della sicurezza, non sono mai state chiarite. Preferiamo quella di gazzettieri maligni che citano Parigi e un locale notturno. Gli altri banalmente parlano di Tunisi dove la polposa pettinatrice esercitava disposizioni espansive per uomini sposati e di potere. Ben Alì aveva entrambe le qualità: una moglie Masma con un grappolo di figli, e una carriera luccicante nell’era crepuscolare del padre della patria Bourguiba. Due famiglie, dunque, quella ufficiale e quella clandestina rallegrata già dagli strilli di una bimba. Ma quando è diventato presidente Ben Alì ha regolarizzato e Leila ha vinto la partita, traslocando nel Palazzo di Cartagine. Portandosi dietro tutto il clan che ha cominciato a prendere domicilio nell’economia tunisina. Si applicavano soprattutto a cavar guadagni da arrossire Belhacen e il fratello più giovane Imed, condannato in Francia per una vicenda di barche di lusso rubate. Belhacen che ha sposato la figlia del presidente della confindustria tunisina, controlla una banca; grazie all’intervento del governatore della banca centrale che ha lasciato la sua reputazione nell’affare. Le figlie di Leila hanno sposato i quattro maggiori ereditieri del Paese. Il figlio maschio della coppia veniva chiamato dalla voce popolare «il principe ereditario». Con la ragnatela finanziaria sono cresciute anche le ambizioni politiche, Leila puntava alla successione di un marito anziano e pare malato di cancro. È il crescere della contestazione che l’ha spacciata, abolita in fretta e furia dagli schermi e dai giornali. Tunisi non era più cielo per lei. Proprio alla vigilia della fuga hanno licenziato due dei suoi fedeli: Abdel Wahed Abdallah detto «AA», organizzatore indefesso della censura di stato; e il duro tra i duri del regime, Abdelaziz Ben Dhia, giurista, autore della revisione costituzionale che ha prolungato il potere del presidente. Fino a ieri. [D. QUI.]