Francesca Basso, Corriere della Sera 15/01/2011, 15 gennaio 2011
MILANO—
«Tutti gli accordi aziendali in atto alla Sandretto non troveranno applicazione alla Romi Italia per tre anni... fermo restando l’avvenuto risanamento dell’impresa, si rinegozierà un nuovo contratto integrativo nel 2011...» . In questo passaggio dell’intesa siglata nel 2008 dagli ottocento operai della ex Sandretto di Collegno si gioca l’ultimo scambio di accuse tra Fim-Cisl e Fiom. Gli «accordi in atto» decaduti riguardano la quattordicesima mensilità e il premio di risultato, a cui hanno rinunciato gli operai di questa fabbrica che produce macchinari per induzione termoplastica. Claudio Chiarle, segretario della Fim-Cisl torinese, ha attaccato la Fiom accusandola di tenere un comportamento non coerente perché sono le tute blu ad avere firmato quell’intesa, essendo l’unico sindacato presente alla Romi Italia con una percentuale bulgara di iscritti (quasi tutti gli operai hanno la tessera del sindacato ed è quello di Landini). «Nessuno ha la primogenitura nei diritti— è l’affondo di Chiarle —. Se noi abbiamo leso i diritti degli operai di Mirafiori, la Fiom lo ha fatto con i lavoratori della Sandretto. Perché se c’è una situazione di oggettiva gravità, se sei come dicono loro sotto ricatto, lì lo erano ancora più che in Fiat: togliere una parte del salario fino ad azzerarti al contratto nazionale non so che logica sindacale sia...» . La Fiom contesta la ricostruzione della Fim. Lino Lamendola, che a quel tavolo era seduto, ripercorre le tappe che hanno portato all’accordo: «Non possiamo parlare di rinuncia di diritti derivanti da accordi aziendali, perché nel 2008 la Sandretto era fallita. La situazione era diversa da quella che sta vivendo ora la Fiat» . La storia è quella di un’azienda che ha portato i libri in tribunale. «Nel 2006 la fabbrica era stata ceduta a una società americana che in otto mesi l’ha mandata in bancarotta. Siamo riusciti a ottenere l’amministrazione straordinaria e a sospendere il fallimento. Nelle aste non si è presentato nessuno. Nel 2008, al termine di tre mesi di proroga all’amministrazione straordinaria, si è fatta avanti l’azienda brasiliana Romi che ha posto alcune condizioni» . E la Fiom ha siglato l’accordo: «In cambio l’azienda ha rilevato i due stabilimenti e tutti i lavoratori— continua Lamendola—. Nell’intesa c’era il mantenimento del contratto nazionale più un accordo aziendale con la sospensione per tre anni, per la durata della riorganizzazione, della quattordicesima mensilità e del premio di risultato, che di fatto i lavoratori già non avevano perché erano in cassa integrazione» . Insomma, il punto su cui insiste la Fiom è che «non è stato tolto alcun diritto indisponibile» , come ad esempio la facoltà di scioperare, «né vi sono state deroghe al contratto nazionale» . «Gli accordi aziendali sono stati sospesi come erogazione— conclude Lamendola— ma non è una rinuncia a un diritto. Con il fallimento non c’era nemmeno più l’azienda. Certo c’è stato un sacrificio, ma in cambio dell’assunzione di tutti. C’è una bella differenza rispetto al testo di Mirafiori» . Alla Romi Italia non vogliono parlare. E li preoccupa l’attenzione che sta avendo l’azienda. Ma soprattutto il fatto che quel «risanamento» citato nell’accordo non è ancora completato. Comunque, anche dopo l’accordo del 2008, la ex Sandretto resta una roccaforte della Fiom. Francesca Basso