L. Fer. - G. Gua, Corriere della Sera 15/01/2011, 15 gennaio 2011
Se davvero sono «accuse inverosimili» di «pm che non sanno più cosa inventarsi» , come ritiene l’entourage di Berlusconi, di «assurdità» ce ne sono una montagna alla Camera dei deputati: perché «la dettagliata indicazione delle fonti di prova» riempie 300 pagine di contenuto dell’invito a comparire notificato al premier per le ipotesi di concussione e di prostituzione minorile
Se davvero sono «accuse inverosimili» di «pm che non sanno più cosa inventarsi» , come ritiene l’entourage di Berlusconi, di «assurdità» ce ne sono una montagna alla Camera dei deputati: perché «la dettagliata indicazione delle fonti di prova» riempie 300 pagine di contenuto dell’invito a comparire notificato al premier per le ipotesi di concussione e di prostituzione minorile. Testimonianze, accertamenti tecnici ed esiti di sequestri la cui maggiore o minore bontà probatoria potrà presto essere saggiata — a dispetto della saracinesca abbassata dagli unici possessori di queste carte, e cioè Procura e Berlusconi— in virtù di un passaggio procedurale che ne ha determinato l’invio appunto alla Giunta delle autorizzazioni di Montecitorio. A innescarlo è stato il diniego opposto ieri mattina a una perquisizione della polizia all’ufficio a Milano2 (Segrate) di Giuseppe Spinelli, storico collaboratore d’azienda e uomo di fiducia del Cavaliere, che da sempre ne amministra la «cassa» familiare. Spinelli, anni fa indagato con il Cavaliere e poi con lui uscito indenne dai processi su Medusa film e sulla villa di Macherio, nonché già tra gli amministratori della holding Dolcedrago e dell’immobiliare Idra (a cui è riferibile la villa di Arcore), alla polizia oppone infatti il consiglio legale ricevuto dall’avvocato-parlamentare Niccolò Ghedini, uno dei difensori di Berlusconi: l’ufficio non può essere perquisito perché le sue stanze sarebbero «pertinenza» della segreteria politica dell’onorevole Berlusconi. La polizia si arresta. La Procura, del resto, già nelle 300 pagine di invito a comparire al premier ha badato a non utilizzare alcun dato del parlamentare Berlusconi che necessitasse di una richiesta al Parlamento di autorizzazione all’utilizzo: dunque niente tabulati telefonici del premier, e tantomeno intercettazioni di sue telefonate. I pm prendono atto alla lettera di quanto prospettato da Spinelli e Ghedini. E, a ruota, spediscono alla competente Giunta di Montecitorio, tramite il segretario generale della Camera dei Deputati, una richiesta di autorizzazione alla perquisizione dell’ufficio di Spinelli asseritamente «pertinente» a Berlusconi. Richiesta alla quale è quindi allegato l’invito a comparire del premier, firmato dal pm Antonio Sangermano con i procuratori aggiunti Ilda Boccassini e Pietro Forno, e vistato dal capo dei pm Bruti Liberati. Non passerà quindi molto tempo prima che, con l’esame delle 300 pagine, si capisca cosa abbia fatto cambiare orientamento alla Procura. A fine ottobre 2010, nelle more dell’aspro confronto tra il pm minorile Annamaria Fiorillo («la Questura ha aggirato le mie disposizioni, non ricordo di aver autorizzato l’affidamento alla Minetti della ragazza» ) e il ministro dell’Interno Roberto Maroni («La polizia ha operato con assoluta correttezza nel rispetto di tutte le procedure previste e delle prassi» ), il 3 novembre Bruti Liberati aveva dichiarato che, allo stato degli atti di quel momento, «la fase conclusiva della procedura di identificazione, fotosegnalamento e affidamento della minore è stata operata correttamente. Non sono previsti ulteriori accertamenti sul punto» . Ma nel prosieguo delle indagini sono emersi elementi che hanno convinto i pm del fatto che la ragazza sia stata effettivamente affidata in maniera indebita alla Minetti, in violazione delle direttive impartite dal pm minorile Fiorillo, e su induzione della pressione esercitata dal premier Berlusconi con la telefonata notturna al capo di gabinetto della Questura. Tre elementi, soprattutto. L’identificazione della ragazza non sarebbe stata completata prima della sua uscita dalla Questura. Non sarebbe stata valutata nel concreto l’affidabilità teorica (in quanto consigliere regionale) dell’affidataria Minetti, in realtà solo uno schermo visto che poi rimise subito la minorenne marocchina nelle mani di una prostituta brasiliana. E molto avrebbe pesato la ricostruzione delle prescrizioni date alla polizia dal pm minorile Fiorillo, puzzle messo insieme non soltanto attraverso le varie relazioni scritte dei protagonisti, ma anche e soprattutto attraverso le prime conversazioni quella sera tra poliziotti/poliziotti e poliziotti/pm: telefonate che, come tutte quelle che intervengono sul «113» , vengono registrate a differenza di quelle sui cellulari dei funzionari. Sulla natura invece dei pregressi rapporti tra l’allora 17enne Karima (che dice di non aver mai fatto sesso con il premier) e Berlusconi (che nega d’aver saputo che fosse minorenne), non ci sono agli atti prove trancianti come foto o filmati (tantomeno asserite scene in Sardegna nel pc della ragazza). C’è invece il tirare le somme di prove d’altro. I tabulati del suo cellulare documentano che la prostituta minorenne è stata ad Arcore non una sola volta, come diceva, ma in sette fine settimana, sempre concomitanti con la presenza di Berlusconi. Interrogatori di prostitute adulte hanno descritto il copione della seconda parte (dopo la cena e lo spettacolo) dei festini ad Arcore. È stato ricostruito il modo (denaro, regali, ma anche affitto di appartamenti) con il quale le ragazze più gettonate (otto) venivano pagate. E in quello stesso modo, con denaro datogli a Milano2 dal «cassiere» Spinelli, c’è la prova che la 17enne sia stata pagata almeno nell’occasione in cui, andata da lui a Segrate e uscita con una busta, un controllo (finto) casuale a Genova la colse con 5 mila euro in quella busta. L. Fer. G. Gua.