Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  gennaio 15 Sabato calendario

BELICE TERREMOTATO DAL ’68, MA CHIEDE ANCORA 400 MILIONI

Che si organizzino manifestazioni “per non dimenticare” il terremoto del Belice, cioè per ricordare tutte quelle vittime e la devastazione di interi paesi, è giusto. Si tratta di riti che ogni società civile organizza per riconoscersi e ritrovarsi, e va benissimo.
Ma se il rito si carica di toni lagnosi e di rivendicazione, quasi a rivolgersi contro non si sa bene quale “ingiustizia”, allora è diverso. E un po’ questo tratto lo presentano gli annunci delle autorità municipali e delle formazioni civiche mobilitate per le manifestazioni dei prossimi giorni appunto a ricordo di quella tragedia.
«Ci avete dimenticato», gridano. Chi sia ad aver dimenticato non si sa bene, ma quale sia il contenuto sodo di questa dimenticanza si
capisce benissimo: soldi. Milioni (centinaia) che ancora mancherebbero all’appello della ricostruzione. In particolare, si tratterebbe di trecento milioni ancora necessari per il completamento dell’edilizia privata e di centoventitre per la realizzazione di diverse opere pubbliche. E di qui la protesta, con il rifiuto ufficiale di celebrazioni ufficiali opposto ai responsabili della “dimenticanza” (nuovamente: chi sono?). In sostanza, manifestazioni pubbliche, cioè promosse delle pubbliche autorità, per dire che si rifiutano manifestazioni pubbliche.
Si potrebbe replicare che una simile contraddizione un senso ce l’ha: non venite qui a posare corone, ma dateci i soldi necessari. Che andrebbe benissimo (si fa per dire), se la storia delle devoluzioni di soldi per la ricostruzione non raccontasse (come invece racconta) che
tanti, troppi, se ne sono persi per responsabilità degli stessi che adesso ne reclamano ancora.
È un buon motivo per giustificare che quest’altro denaro non arrivi, come invece dovrebbe? Certamente no. Ma è, o almeno dovrebbe essere, una buona ragione per dare un tono e un’impostazione diversa a mobilitazioni che rischiano altrimenti di suonare stracche e piagnone. E che magari (anzi, senza magari) producono in alcuni qualche irritazione: a cominciare da quelli che hanno sofferto disastri e lutti analoghi, e soldi non ne hanno ricevuti proprio. Si manca di gusto, ce ne rendiamo conto, nel paragonare come reagiscono le popolazioni, e le rispettive autorità, delle diverse regioni identicamente terremotate. Ma i friulani hanno pianto in casa e nelle chiese, e il fiato l’hanno conservato per lavorare.