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 2011  gennaio 14 Venerdì calendario

NUTRIRE IL MONDO È POSSIBILE

Che la traiettoria del mondo sia insostenibile, non è più un mistero per nessuno. Quest’anno saremo sette miliardi: basta proiettare i consumi e i trend attuali a metà secolo, quando a tavola si siederanno altre 2,2 miliardi di bocche, per calcolare con precisione che la corsa del pianeta finirebbe fuori bersaglio.

Eppure, sfamare i 9,2 miliardi di abitanti del 2050 è ancora possibile. È quanto assicura il rapporto Agrimonde, presentato ieri a Parigi dall’Inra (Institut national de la recherche agronomique) e dal Cirad (Centre de coopération internationale en recherche agronomique). Ma a tre ambiziose condizioni.

«Per cominciare – spiega Hervé Guyomard, direttore scientifico all’Inra – c’è bisogno di un aumento del commercio internazionale, al fine di compensare i surplus dei paesi Ocse, ex sovietici e sudamericani, con i deficit dell’Asia e dell’Africa. Poi occorre aumentare la produzione agricola, con progressi tecnologici e organizzativi in direzione della sostenibilità. Infine, c’è bisogno di cambiare i comportamenti di consumo». Nel mondo ideale ipotizzato da Agrimonde, tutti i cittadini del mondo dovrebbero consumare 3mila chilocalorie al giorno, delle quali solo 500 di origine animale.

Sono tre obiettivi talmente ambiziosi da sembrare impossibili. Eppure, se il passato ci fa da guida, il progresso scientifico riuscirà a dare il suo determinante contributo. E che dire delle abitudini alimentari e del commercio "illuminati"? Che solo una straordinaria governance mondiale potrebbe realizzarli. Il che, dai negoziati commerciali sul Doha Round fino a quelli sui cambiamenti climatici, non sembra essere un tratto distintivo della comunità internazionale.

«È vero – ammette Guyomard, economista ed esperto di politiche agricole –: certe altisonanti dichiarazioni dei leader politici sono raramente tradotte in pratica. Nel mondo, restano gravi problemi di ineguaglianza sociale». Nei paesi Ocse consumiamo una media di 3.900 chilocalorie al giorno (1.300 delle quali di origine animale), con altre 800 procapite che finiscono quotidianamente nella spazzatura. La media dell’Africa subsahariana è di 2.300. Per non contare quel miliardo di persone del mondo che già oggi ha scarso accesso alle proteine necessarie per vivere.

Il team di esperti che ha redatto la nuova edizione di Agrimonde, ha disegnato due scenari: il primo seguendo la matematica traiettoria dei consumi e della popolazione, il cosiddetto business-as-usual, che è palesemente insostenibile. E il secondo rimodulato su un mondo capace di organizzare su scala planetaria le produzioni e gli interscambi; capace di sviluppare la conoscenza e le tecnologie e di diffonderle; capace addirittura di rimodulare i consumi in una sorta di eguaglianza alimentare. Non è esattamente il mondo che conosciamo.

Eppure, c’è un altro punto di vista. «Noi siamo ricercatori – osserva Guyomard, raggiunto per telefono a Parigi – e il nostro compito è informare la comunità internazionale, proprio come fa l’Ipcc con i cambiamenti climatici o la Cbd, la Convezione sulla diversità biologica. Abbiamo il dovere di ricordare a tutti che c’è un problema alimentare da risolvere». Qualcuno dovrà pure ascoltare.

Tantopiù che le incertezze sono sempre lì, dietro l’angolo. Come il prezzo dell’energia, stretto a doppio filo coi prezzi delle materie prime alimentari, che potrebbe andare alle stelle nei prossimi decenni, per il combinato effetto dell’aumento della domanda sul mercato e il calo dell’offerta dei giacimenti di petrolio. Oppure i cambiamenti climatici che, da qui a metà secolo, potrebbero colpire i raccolti di diverse aree del mondo: il rapporto Agrimonde ha messo in conto che, da qui al 2050, non ci saranno impatti climatici disastrosi. «Nelle prossime edizioni del rapporto – ammette Guyomard – metteremo in conto sia i costi dell’energia che il clima».

Ma lasciamo stare i "ma". Molto meglio pensare ai "se".

Se le politiche internazionali riusciranno a incentivare una migliore alimentazione, i paesi ricchi si troveranno con meno patologie da sovrappeso e con una dieta ambientalmente più sostenibile: meno carne significa limitare il previsto boom degli allevamenti che, per via del metano (diciamo così, "biologico") contribuiscono sensibilmente all’effetto-serra.

Se i governi riusciranno ad accordarsi su un sistema stabile per compensare con il commercio i surplus e i deficit alimentari di diverse aree del mondo (il contrario dell’embargo russo sul grano in seguito agli incendi dell’anno scorso), un problema strutturale delle ingiustizie sociali sul pianeta Terra verrà sanato.

Se la scienza e la tecnologia faranno ancora una volta il loro mestiere, la produttività dei campi farà un nuovo balzo in avanti, «ovviamente ricorrendo alla genetica», rimarca Hervé Guyomard.

In poche parole, se il mondo di oggi saprà guardare un po’ più lontano, il mondo di domani avrà la pancia piena.