Gianni Trovati, Il Sole 24 Ore 14/1/2011, 14 gennaio 2011
SONO I ROMANI I PIÙ TASSATI D’ITALIA
Abitare a Roma costa in tasse locali il doppio che abitare a Milano, e per i redditi più modesti la differenza arriva al triplo.
C’è anche questo fattore nella crisi di fiducia che ha colpito la giunta Alemanno, anche se il Campidoglio è solo uno degli esattori che presentano il conto-record ai cittadini della Capitale.
L’ultimo tassello del super-fisco romano ha debuttato il 1° gennaio, ed è rappresentato dall’addizionale extra sull’Irpef comunale "suggerita" dalla manovra correttiva approvata dal governo Berlusconi prima dell’estate. Il comune, prevede la manovra, deve portare 200 milioni all’anno alla gestione commissariale che sta provando a portare Roma fuori dalle secche del mega-debito, e la super-Irpef è una misura chiave. Risultato: il fisco dei sindaci rimane bloccato nella lunga attesa del federalismo fiscale, chi non ha mai introdotto l’Irpef (Milano, Brescia, Venezia, solo per fare qualche esempio) non può certo cominciare ora, mentre il fisco romano chiede a ogni residente lo 0,9% del proprio reddito, cioè un punto in più del limite nazionale. Lo stesso accade in regione, dove l’addizionale arriva all’1,7% (il tetto fissato dalla legge nazionale è all’1,4%) per chiudere l’emorragia dei conti sanitari.
I risultati della doppia mossa (mostrati anche in un’inchiesta pubblicata ieri sul «Sole-24 Ore Roma») fanno dei romani i cittadini più tassati d’Italia: con un reddito da 40mila euro, regione e comune chiedono in totale 1.040 euro all’anno, cioè 280 euro in più dell’anno scorso, mentre un milanese se la cava con 467 euro. Differenza Roma-Milano: 222,7 per cento. La distanza fra le due città cresce quando diminuiscono i redditi: a chi può contare su un’entrata annua da 10mila euro, infatti, Regione Lazio e comune di Roma chiedono un contributo da 260 euro, con un aumento di 70 euro rispetto alle richieste del 2010, mentre a Milano il conto finale è da 80 euro. La differenza, in questo caso, è del 288,9 per cento. L’effetto contrario alla progressività del prelievo è nel meccanismo stesso delle super-addizionali, che scattano ai livelli massimi per tutti e impediscono la gradualità delle aliquote che invece è presente nei territori lontani dall’emergenza dei conti.
Non ci sono solo le urgenze della gestione commissariale, però, a spingere l’attivismo dell’amministrazione capitolina sul fronte delle tasse. Anche il bilancio ordinario ha infatti i suoi problemi, che vengono affrontati con un mix di interventi «normali», cioè consentiti a tutte le città, e «speciali», figli di regole tagliate su misura per Roma. Tutti concentrati sul mattone.
Tra i primi c’è la revisione dei valori catastali, che vuole aggiornare i dati di riferimento per il fisco su 235mila immobili, sparsi in 17 aree della città. Questo strumento, introdotto dalla finanziaria 2006 ma inaugurato solo ora dal comune, è avvicinare i valori catastali a quelli di mercato, che viaggiano a livelli sei volte superiori, e adeguare di conseguenza le richieste fiscali (gli aumenti possibili dipendono dalle misure adottate su ogni immobile, e possono far triplicare il conto fiscale). Solo a Roma, invece, è stata alzata all’1% l’aliquota sulle case sfitte, che dovrebbe colpire oltre 130mila immobili in città.