Marco Ferrando, Il Sole 24 Ore 14/1/2011, 14 gennaio 2011
FUORI DALLA FIAT LA FIOM È SENZA TABÙ
Addio al premio di risultato previsto dal contratto nazionale di lavoro pur di evitare la chiusura della ex-Sandretto di Collegno, alle porte di Torino, due anni fa passata sotto il controllo del gruppo brasiliano Romi. A pochi chilometri di distanza, all’Embraco di Chieri, via libera alla mensa a fine turno al sabato e all’assegnazione di premi e quattordicesima in base alla presenza in fabbrica, andando a "punire" chi resta a casa per malattia per oltre cinque giorni all’anno.
Il contenuto dei due accordi, il primo dell’estate 2008 e il secondo di poche settimane fa, ricorda da vicino quello di Mirafiori; e ancora più simile è la posta in palio: evitare la chiusura dello stabilimento e il trasferimento delle attività produttive all’estero. L’unica differenza, in calce ai documenti: in entrambi i casi tra le parti firmatarie c’è anche la Fiom, in coppia con Fim e Uilm nel caso dell’Embraco e da sola all’ex Sandretto, dove da sempre fa il pieno quando ci sono da eleggere le rappresentanze sindacali.
Evidentemente anche con i metalmeccanici della Cgil, a volte, si può trattare e raggiungere un’intesa, anche quando c’è da accettare pesanti sacrifici. «Sappiamo bene che c’è una Fiom che dice sempre no e un’altra con cui è possibile ragionare e scegliere insieme per il bene di tutti», va dicendo da tempo il presidente dell’Amma torinese, Vincenzo Ilotte, e i due accordi in questione, tirati fuori dal cassetto dalla Fim proprio alla vigilia del referendum di Mirafiori, lo dimostrano: «Quando c’è in palio la sopravvivenza del lavoro, in altri casi ci siamo trovati d’accordo a pagare un prezzo anche elevato – osserva il segretario Fim Cisl torinese, Claudio Chiarle –. O addirittura la Fiom, da sola, si è assunta la responsabilità di firmare un accordo che arrivava a incidere sulla busta paga di un operaio anche per 3-5mila euro all’anno». «Allora perché adesso su Mirafiori si tirano su tutte queste barricate?», si chiede Chiarle. Ma la domanda è retorica, perché «mi è chiaro che si è deciso di fare di Fiat la madre di tutte le battaglie. Ma così si specula sulla pelle dei lavoratori, e soprattutto non si prende atto della realtà: se non passa l’accordo il futuro di Mirafiori è un buco nero».
Esattamente come paventato dai vertici dell’Embraco nel mese di dicembre, proprio mentre all’Unione industriale si radunava il tavolo tra Fiat e i sindacati. Per Mirafiori la firma dell’accordo (senza la Fiom) porta la data del 23 dicembre, mentre per la fabbrica di Riva di Chieri dove in 620 producono compressori, l’intesa (con la Fiom) è del 17 dicembre. Un documento di 17 pagine, in cui si prevede – al punto 3 – il passaggio a 18 turni in caso di picchi produttivi con la possibilità per l’azienda di comunicarlo con un preavviso di soli 7 giorni (contro i 15 previsti a Mirafiori), la mensa a fine turno al sabato e la conversione del premio e della quattordicesima in un "nuovo premio presenza mensile", da assegnarsi in base alle assenze ingiustificate o per malattia, per le quali viene concesso un bonus di cinque giorni l’anno. Condizioni impegnative, che – ha calcolato la Fim – incidono negativamente sullo stipendio per 70 euro lordi al mese, ma che «andavano per forza accettate per procedere con il piano di rilancio dello stabilimento», per cui sono previsti investimenti per 9 milioni di qui al 2015.
Ancora più significativo l’accordo per gli 800 della ex Sandretto (macchinari per induzione termoplastica), anche perché raggiunto in una storica cattedrale Fiom. Un punto su tutti, all’articolo 5, dove il testo sottoposto ai lavoratori prevede la rinuncia «ai diritti derivanti dai contratti aziendali (…) nonché a quelli derivanti da accordi individuali» e poco oltre contempla l’accettazione della «mancata applicazione di quanto previsto dall’articolo 2112 del codice civile», norma in base alla quale – in caso di passaggio di proprietà – il lavoratore conserva tutti i diritti pattuiti in origine; al punto 6, inoltre, si esplicita la «rinuncia al premio di risultato stabilito dal Ccnl». Dunque, all’ex Sandretto è caduto anche il tabù del Contratto nazionale, uno dei limiti considerati invalicabili nel caso del referendum di oggi: «Evidentemente – conclude Chiarle – la stessa Fiom ha considerato di poter trattare sui diritti considerati indisponibili. Perché a Mirafiori no?».