Martino Cervo e Marco Gorra, Libero 14/1/2011, 14 gennaio 2011
I VIDEOGIOCHI CHE TRAVOLGERANNO I LIBRI
Il 2011 è l’anno del videogioco. Solo che tocca cambiargli nome. La raffica di titoli attesissimi dai malati del genere è tale da segnare un tornante nella storia del sollazzo da schermo. Ma non sono appena dodici mesi ricchi dal punto di vista dell’offerta. Quella che finirà sui pc e sulle console di mezzo mondo è una sventagliata di politica, di azione, di qualità tecnologica, di ambientazioni horror, di plot intriganti, di intrecci militari, da costringere a ridefinire o quantomeno allargare i confini, le chiavi di lettura con cui affrontare il fenomeno. Qualcosa che mette in un unico, spettacolare contenitore gli spunti della cinematografia, l’elaborazione letteraria, il gusto dell’interazione. Il tutto divertendosi sul serio. Facile l’obiezione: meglio i giochini di Dostoevskij? No. Ma meglio di tanta letteratura sì. Meglio di molto cinema pure. Ecco perché.
Chi si è commosso impersonando un carrista polacco che dava la caccia ai panzer tedeschi nel 1943; chi ha strisciato nelle trincee di Stalingrado sparando ai cecchini nazisti; chi ha seguito il capitano Price per poi liberarlo, anni dopo, da un moderno gulag; chi è fuggito da Vorkuta con un energumeno al fianco sta contando i giorni da quando ha visto scorrere i titoli di coda di “Call of duty Black ops”, l’ultimo uscito di una delle serie di maggior successo della storia dei videogame. Tempo qualche mese e arriverà il settimo titolo: Modern Warfare 3. Ogni volta la Activision è riuscita a fare un passo in avanti in termini di coinvolgimento, qualità grafica, plot (solo a volte un pelo cervellotici, ma non nell’ultimo caso).
Ci si aspetta parecchio anche da F.3.A.R., terzo capitolo della saga F.E.A.R. in uscita in primavera. La storia tostissimo horror biotech con incorporato complottone politico-militare subirà sviluppi decisivi, ma il progresso vero sarà in termini di gameplay: F.3.A.R. si svolgerà in cooperazione costante tra due personaggi: un soldato classico armato fino ai denti e un tizio psicopatico con poteri paranormali. Così, le situazioni classiche da sparatutto (c’è una stanza piena di cattivi che sparano, che faccio?) che usualmente si risolvono accovacciandosi dietro un muro e facendo fuoco a ripetizione su chiunque qui offriranno sviluppi imprevedibili: lo psicopatico, per dire, potrà contrarre il tempo e sollevare da terra i nemici, cosicché il soldato possa avere tutto l’agio per prendere la mira e impallinarli al meglio. Per completezza dell’informazione, si aggiungerà che il soldato e lo psicopatico sono fratelli, e che la loro mamma è una bambina usata per esperimenti genetico-militari top secret finiti male. Gli ingredienti del blockbuster ci sono tutti.
Restando negli sparatutto, Homefront minaccia di buttare lì una mezza pietra miliare. Il vecchio schema dell’America sotto attacco diventa un mix di delirio futuribile, dittatori pazzi liberamente ispirati alla realtà (la scena della parata del nuovo Kim Jong Il coreano promette sfracelli) e una grafica spaventosa, almeno a giudicare dal trailer. Seminare distruzione con una squadra speciale addestrata per salvare il mondo probabilmente non sarà mai stato così divertente. Menzione a sé merita Duke nukem forever, perché è il sequel di uno giochi più amati del genere. Un pazzo biondo, mezzo allucinato, che vaga sollevando armi più grandi di lui e riducendo a poltiglia qualunque cosa si muova. Lo sventolio della bandiera americana sotto il logo del gioco sottolinea alla perfezione lo spirito che ne ha fatto un must negli anni scorsi: l’ignoranza consapevole di una logica che fa così: non lo capisco, lo ammazzo. Doveroso citare qui Postal 3, altro seguito di un titolo clamoroso. Squilibrato assoluto si aggira in ambienti urbani composti da due categorie: bande armate ferocissime e civili. Per completare il gioco basta non fare distinzioni. Chi ha amato Crysis pregusta l’uscita del secondo capitolo della creatura della Crytek. I trailer possono essere confusi con quelli di un kolossal un po’ Blade Runner un po’ Bruce Willis. La trama avvolgente è stata la forza del primo capitolo: difficile non immaginare un buon seguito, visti i precedenti.
Capitolo giochi di ruolo. Prevedibile il successo di Neverwinter: il nuovo episodio della serie di Neverwinter nights il cui core business, al solito, sarà la fedele trasposizione elettronica del mondo di Dungeons and dragons si svilupperà esclusivamente in direzione on line. Così come Rift, franchise nuovo di zecca che si pone l’ambizioso obiettivo di fare concorrenza a mostri sacri tipo World of Warcraft o Everquest, dominatori del comparto multiplayer. A differenza di The Witcher 2, seguito
dell’acclamatissimo primo capitolo uscito due anni fa: qui la campagna per giocatore singolo avrà un ruolo centrale, sviluppando la storia che il gioco precedente lasciava sapientemente in sospeso. Schema non diverso da quello di Skyrim, quinto capitolo di Elder scrolls che, al pari dei predecessori, scommetterà tutto sul proprio essereibridotrarpgclassicoegiocod’azione. Analogo discorso per Dragon age 2 e Dungeon Siege 3: seguiti di titoli baciati dal successo per la non eccessiva difficoltà e la trama lineare sono un investimento sicuro. Le attese maggiori per il comparto, tuttavia, sono per il titolo meno avveniristico del lotto: Diablo 3. Il gioco in sé inquadratura isometrica fissa, interfaccia point and click che più anni ’90 non si può e schema di gioco basato sull’uccidere tutto ciò che si muove, prendere il tesoro e ripartire dal punto precedente farebbe la figura del residuato bellico se comparato ai prodigi ed alle innovazioni dei titoli sopra descritti. Qui subentra il fattore brand: la serie di Diablo (comparsa nel ’96) è più di un cult. Da essa hanno preso spunto innumerevoli giochi (al limite del plagio) e non esiste giocatore al mondo che non pensi tutto il bene possibile di Diablo e di tutto ciò che lo riguarda. Aggiungere che il terzo capitolo arriverà dopo un’attesa di undici anni dall’episodio precedente, e il record di vendite è scontato. Si preannuncia con fanfare pure Mass Effect 3, dopo che il secondo capitolo del capitano a comando di un vascello spaziale impegnato a sgominare oscure potenze interplanetarie ha frantumato i record di vendite. La forza del gioco è un intreccio da spy-story, psicologicamente molto raffinato, con tanto di ironia, seduzione, cattiveria che prendono corpo scegliendo i dialoghi del protagonista. Il tutto unico a un’efficacissima grafica nelle fasi di azione in cui si sparacchia agli alieni. La scommessa del settore, da ultimo, è senza dubbio Dungeons, e riguarda la natura stessa del gioco: invece del solito cavaliere senza macchia ammazza-cattivi, stavolta si impersona il cattivo. Che dovrà costruirsi la fortezza del male, addestrare le orde di orchi e fare il possibile per rendere la vita difficile all’odioso biondino col cavallo bianco. Un precedente c’è (Dungeon’s keeper, tardi anni ’90, discreto successo), e si può essere fiduciosi.
Azione e avventura. Preparatevi a sentire parlare fino alla nausea di Portal 2. Il primo capitolo ha fatto sfracelli, e questo farà peggio. Merito dell’intuizione vincente: il giocatore è intrappolato in un laboratorio, per uscire dal quale può fare affidamento solo su un aggeggio che “spara” portali. Si può passare attraverso i muri, si può mettere il portale d’entrata (blu) e quello di uscita (arancione) in due stanze diverse onde aprirci un passaggio diretto, si possono usare i portali per trasportare oggetti o risolvere rompicapo. Tra i successi annunciati del 2011, Portal 2 è sicuramente da podio. Con un anno così, il problema sarà trovare il tempo libero per andare a lavorare.