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 2011  gennaio 14 Venerdì calendario

PONTIFICANO SU FIAT, GUIDANO MERCEDES


Si scandalizza il Secolo d’Italia per Silvio Berlusconi che dice che la Fiat ha ragione ad andare all’estero in caso di bocciatura del referendum di Mirafiori. Si scandalizza e ieri come l’Unità in prima pagina accusa il premier di essere “anti-italiano”. Si dovrebbe scandalizzare meno invece Gianfranco Fini,

che del Secolo d’Italia è il politico di riferimento. Perchè lui non può certo proporsi a bandiera vivente dell’auto tricolore. Nel garage privato possiedecome dichiarato nella documentazione depositata alla Camera dei deputatiuna Smart coupé, una Mini Cooper e una A4 Cabriolet. Fino a qualche settimana fa, quando l’hanno pizzicato gli ex An che hanno reclamato indietro il bene, il presidente della Camera girava su una super Bmw da 100 mila euro che si era fatto acquistare a inizio 2010.
Camerati
Per fortuna che in famiglia Fini può contare su un testimonial dell’auto italiana: il cognato Giancarlo Tulliani che difende i colori patri con una Ferrari blu sia pure immatricolata e guidata a Montecarlo. Fini non è solo.
Nel suo partito molti hanno preferito un’auto straniera senza pensare nemmeno un
secondo alla difesa dei posti di lavoro di Mirafiori o di Pomigliano. Italo Bocchino si è scelto una Audi A3, e Giulia Buongiorno una Audi A2, sia pure accompagnata da un motorino Liberty della Piaggio del collega Pd Matteo Colannino. Doppia scelta, un po’ esterofila e un po’ autarchica, compiuta anche da Dario Franceschini, capogruppo del Pd a Montecitorio. Per sé stesso ha dichiarato il possesso di una moto Bmw d’epoca e di una Suzuki Wagon R, ma per la moglie ha scelto una Fiat Idea.
L’ex pm
Cuore con gli operai Fiat ai cancelli, ma portafoglio ben lontano dai loro prodotti per Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori, uno dei maggiori sponsor della sinistra italiana della battaglia Fiom contro Sergio Marchionne. Quando si mette al volante però la scelta è tutt’altra: si è comprato un potente Suv, la Hyunday Santafè. Anche Pier Luigi Bersani, che ondeggia un po’ di qua e un po’ di là nella vicenda Mi-
rafiori, si è sentito più sicuro al volante di una Renault Megane. L’esterofilia in fatto di quattro ruote deve essere una passione dei leader del Pd. Perché anche Massimo D’Alema, che un tempo possedeva una Lancia Y, oggi dichiara nella documentazione depositata in Parlamento, solo più il possesso di una Smart e di una Audi 3, preferendo quindi le capacità degli operai tedeschi. Nello stesso partito anche Vannino Chiti, quando si è trattato di rottamare la sua Fiat Punto che aveva parecchi annetti, ha preferito passare il confine e acquistare con gli incentivi una Renault Clio.
La giunta
Non risulta invece alcuna auto né italiana né straniera nello stato patrimoniale di Nichi Vendola, il battagliero leader di Sel nonché presidente della Regione Puglia, sceso in campo robustamente a fianco della Fiom.
In tutte le sue dichiarazioni patrimoniali pubblicate dal bollettino ufficiale della Regione non si trova traccia di alcuna auto in possesso. Non deve averne, perché di particolari patrimoniali è generoso: dalle case di Terlizzi, alle indennità percepite, all’otto per mille versato alla Chiesa evangelica valdese e al cinque per mille donato alla Associazione casa di don Tonino Bello.
Sono elencate perfino le deduzioni sanitarie (11,54 euro per gli occhiali da vista e 657,66 euro per le cure odontoiatriche), ma di motori nemmeno l’ombra.
Pochi anche i suoi assessori che dichiarano le quattro ruote. Rigorosamente straniere: Fabiano Amati ha una Audi A6, Tommaso Fiore una Peugeot 206 e Guglielmo Minervini una Renault Modus 1.4.
D’altra parte lui ha dato i consigli per gli acquisti: “i modelli di Marchionne sono scadenti”, così i fedelissimi si sono rivolti ad altri concessionari.