Massimo Gaggi, Corriere della Sera 13/01/2011, 13 gennaio 2011
LA SORPRESA DI DETROIT, CHRYSLER RINASCE
Al Salone di Detroit l’ industria americana dell’ auto festeggia una rinascita nella quale due anni fa pochi credevano. Ford e General Motors hanno chiuso il 2010 registrando, nel complesso 4 miliardi di dollari di utili. Pur non essendo ancora ufficialmente tornata al profitto, il risultato che più stupisce la stampa americana è quello della Chrysler, il più piccolo dei tre produttori Usa, quello che era stato dato per inesorabilmente perduto. Perfino il «New York Times», forse il giornale che aveva criticato con più asprezza il salvataggio "impossibile" del gruppo di Auburn Hills, oggi parla di "resurrezione" dell’ azienda guidata da Sergio Marchionne che è riuscita ad aumentare le sue vendite del 16 per cento in un anno in cui il mercato Usa si è fermato a 11,8 milioni di vetture vendute, un livello vicino ai minimi storici. Certo, la Ford, con un incremento del 21 per cento ha fatto ancora meglio e l’ impennata di Chrysler risente del confronto con un periodo particolarmente infelice: il 2009, l’ anno della bancarotta e dei primi, faticosi, tentativi di recupero. Tutti i produttori Usa hanno, poi, beneficiato della crisi di Toyota. E tuttavia rimane il fatto che Chrysler non solo non è affondata, ma ormai è vicina a chiudere un trimestre in utile. Soprattutto, il gruppo è riuscito a investire e a immettere sul mercato nuove vetture, oltre a rendere più appetibili quelle già esistenti con un rinnovo degli interni: per la prima volta da molti anni a questa parte due dei suoi modelli (la Grand Cherokee e la Dodge Durango) sono stati selezionati tra i finalisti del concorso per le vetture dell’ anno (poi vinto dalla Chevrolet Volt elettrica e della Ford Explorer). Un arcigno critico del «Wall Street Journal» che due anni fa dava la Chrysler per spacciata e parlava di «vetture con gli interni fatti con la plastica delle pistole ad acqua cinesi», oggi afferma che le nuove Jeep sono arredate meglio di Cadillac e Mercedes. E il «Los Angeles Times» sottolinea che il «brand» che l’ anno scorso è cresciuto di più nel mercato americano dell’ auto è, a sorpresa, proprio un marchio Chrysler: la Jeep, con le vendite a +25,7%, meglio anche della «miracolosa» Hyundai (+23%). Ecco perché Sergio Marchionne, nervoso e a volte brusco quando lo si interroga sulle difficoltà che incontra la Fiat in Italia, è assai più disteso e sorridente quando parla di Chrysler: «Nessuno mi chiede più se l’ anno prossimo ci saremo ancora, come molti facevano l’ anno scorso». In effetti non solo la stampa ha preso atto che la Chrysler è stata ricostruita su un terreno più solido, ma anche i concorrenti (il capo dell’ area commerciale di Ford, James Farley, sul «New York Times») riconoscono la validità dell’ operazione industriale condotta da Chrysler. Ieri Marchionne ha ribadito, nel corso di una conferenza finanziaria a porte chiuse, che vuole rimborsare a breve scadenza i prestiti ottenuti dai governi Usa e canadese e ha spiegato che grazie a risparmi e a un aumento dell’ efficienza superiori alle previsioni il "break even" della Chrysler è sceso da 1,65 a 1,5 milioni di vetture vendute l’ anno. Nel 2010 le vendite hanno raggiunto quota 1,6 milioni e quest’ anno - ha detto Marchionne - il gruppo punta a un ulteriore incremento del 25%, fino a quota 2 milioni. Se non ci riusciamo - ha spiegato - sarà colpa nostra, visto che ora i modelli nuovi ci sono. La «traversata del deserto», insomma, è finita.
Massimo Gaggi