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 2011  gennaio 13 Giovedì calendario

QUEGLI AMARI BAGNI DI FOLLA AI CANCELLI DELLA FABBRICA - «I

cancelli della Fiat sono una sorta di icona della storia industriale, politica, sindacale del nostro Paese.... è insieme la fabbrica ammiraglia del capitalismo italiano e il santuario laico delle lotte operaie». Valerio Castronovo è per eccellenza lo storico della Fiat (sua la biografia del fondatore Giovanni Agnelli e «Fiat-Una storia del capitalismo italiano», uscito nel 2005 da Rizzoli). Ricorda a memoria i fotogrammi-chiave che, assai prima del discorso di Enrico Berlinguer di venerdì 26 settembre 1980 di fronte ai cancelli di una Fiat bloccata dopo l’ annuncio di 14.469 dipendenti, hanno come sfondo quegli ingressi. La prima immagine è del settembre 1920, pieno «biennio rosso» appena precedente il fascismo. C’ è nell’ aria operaia un gran desiderio di replicare il modello rivoluzionario russo, con i consigli di fabbrica trasformati in Soviet. I cancelli Fiat, allora in corso Dante, si sbarrano, gli operai organizzano picchetti armati. Agnelli va dal presidente del Consiglio Giovanni Giolitti. Castronovo sorride: «Agnelli chiede un intervento duro per sgombrare la fabbrica. Giolitti ironizza: "Sono pronto a prenderla a cannonate, ma lei che ne dice?" Agnelli capisce e lascia stare». E grazie a Giolitti, poi tutto fila liscio. Altre immagini storiche. Nel 1923 i picchetti fascisti per «convincere» Agnelli a eliminare il monopolio dei sindacati rossi dalla Fiat, e dietro c’ è la pressione del ras torinese Cesare De Vecchi. La Storia italiana segue il suo tragico corso e il 25 luglio 1943 i cancelli Fiat si aprono per celebrare la caduta del fascismo. Così come il 25 aprile 1945, con la Liberazione, si costituisce proprio dietro i cancelli il primo consiglio di gestione dei partiti antifascisti, soprattutto del Pci. Ecco il 1969, il lungo Autunno caldo partito a Torino già il 3 luglio con la battaglia di corso Traiano cominciata dopo le cariche di fronte al cancello di Mirafiori: gli abitanti del quartiere lanciano di tutto sulle teste dei poliziotti per impedire arresti e altre cariche. Ma è del 1980 la fotografia più famosa, quella di Enrico Berlinguer. Il 30 dicembre 2010 Giampaolo Pansa, cronista di quelle ore (definisce «filiforme» Piero Fassino) le ha ricostruite su «Libero»: «Re Enrico disse parole che a molti cronisti, me compreso, suonarono incaute: "Se si arriverà all’ occupazione della Fiat, dovremo organizzare un grande movimento di solidarietà in tutta l’ Italia.... Noi metteremo al servizio della classe operaia il nostro impegno politico, organizzativo e di idee"». Spiega Castronovo: «Venne fuori quasi un’ incitazione che non era nelle intenzioni di Berlinguer. Lui tentò di correggere il tiro poche ore dopo, ma il Telegiornale Rai aveva già trasmesso l’ interpretazione. E così passò il messaggio che Berlinguer premeva per l’ occupazione». Da quel momento «recarsi ai cancelli di Mirafiori» diventa un rito obbligato per la sinistra italiana. Ci va anche Achille Occhetto nel gennaio 1992 da segretario del Pds e mette in piazza la crisi dell’ ex Pci aprendo una durissima polemica con i «secessionisti comprati», ovvero contro la neonata Rifondazione Comunista. Comprati, dice, «da Craxi». E Ghino di Tacco-Craxi gli ribatte subito: «Ma se dal Pds si scappa gratis...». Nel 2002 arriva ai cancelli di Mirafiori Fausto Bertinotti da segretario di Rifondazione nelle ore delicate della raccolta di firme per il referendum per l’ estensione dell’ articolo 18 dello Statuto dei lavoratori alle aziende con meno di 15 dipendenti. Un’ accoglienza tranquilla, ormai di routine. Altro che le contestazioni a Vendola di ieri. Adesso, ai cancelli della Fiat, si attende l’ ultima tappa: le ore del dopo-referendum di Marchionne.
Paolo Conti