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 2011  gennaio 13 Giovedì calendario

“Io, italiana che salva il Tamigi” - Anguille, salmoni e cavallucci marini. E nell’estuario, se sei fortunato, puoi vedere anche foche e delfini»

“Io, italiana che salva il Tamigi” - Anguille, salmoni e cavallucci marini. E nell’estuario, se sei fortunato, puoi vedere anche foche e delfini». Rita Sassi, biologa sassarese di 34 anni di cui gli ultimi 7 passati a Londra, non fa nulla per nascondere la sua soddisfazione nel raccontarti e descriverti un Tamigi che non ti aspetti. Dichiarato «biologicamente morto» una cinquantina di anni fa, il fiume di Londra è risorto, come ha dichiarato con orgoglio l’agenzia per l’ambiente Environment Agency, vincendo così la sua battaglia contro l’inquinamento. Grazie a una lunga opera di risanamento e all’impegno di migliaia di volontari. E una delle poche straniere occupate a tempo pieno in questi progetti di riqualificazione ambientale è proprio la biologa sarda, responsabile per l’organizzazione non governativa «Thames21» di tutti i progetti relativi ai corsi d’acqua ad est di Londra e al tratto del Tamigi che va dal «Tower Bridge» alle dighe. «Sono arrivata nella capitale inglese nel 2003 quasi per caso, volevo respirare aria nuova e perfezionare la lingua», spiega la Sassi. «Ho poi trasferito qui gli esami dati in Italia ed ho conseguito la laurea in Biologia marina. Andare a lavorare per la difesa delle acque londinesi è stata quasi una naturale conseguenza». La chiusura di tante industrie lungo il corso del fiume ha sicuramente contribuito a ridurre l’inquinamento del Tamigi, oltre ad apposite leggi emanate dal governo fin dal 1960 per migliorare la rete fognaria e ridurre i rifiuti di natura organica, utilizzando anche delle apposite pompe per immettere ossigeno nell’acqua e limitare la moria dei pesci. Nel 1979 è poi iniziato un percorso di reintroduzione del salmone, con il rilascio nel fiume dei due primi esemplari. Oggi il Tamigi ospita 125 specie di pesci e 38 di uccelli acquatici, come cormorani, aironi, oche canadesi e cigni. «C’è stata una volontà politica ben precisa per salvare il fiume simbolo dell’Inghilterra, accompagnata da interventi strutturali che continuano ancora oggi», aggiunge la Sassi. «Ma tutto questo non sarebbe servito se non ci fosse stata una mobilitazione di massa dei cittadini: in questi anni sono nate infatti decine di associazioni di volontariato che hanno lavorato attivamente per il risanamento del territorio e delle acque». Solo «Thames21» nel 2010 ha mosso più di 10mila volontari, in progetti finanziati dall’Agenzia per l’ambiente, da sponsor privati o da «Thames Water», l’ente di distribuzione dell’acqua potabile nella città di Londra. Ed è proprio la Sassi a coordinare molti di questi percorsi di educazione ambientale nelle scuole e con gli adulti, oltre a seguire la realizzazione di nuovi habitat naturali sulle rive del fiume, la costruzione di oasi galleggianti per i volatili e la pulizia delle sponde. «Il fatto che sia straniera non desta particolare curiosità», spiega la Sassi «anche se sono una delle poche ad operare in questo settore. Qui si guarda alle competenze e alla motivazione, tutto il resto non conta: poco dopo l’assunzione mi avevano già dato importanti responsabilità operative e di gestione finanziaria». E via quindi con la campagna nelle scuole per lo studio e il reinserimento dello Spinarello, o il lavoro sul fiume Lee, un affluente del Tamigi, per creare delle pittaforme che possano dare rifugio alle anguille, o la rimozione dell’«Impatiens glandulifera» una pianta estremamente invasive che facilita l’erosione degli argini. Tra le battaglie che più ha coinvolto la biologa sarda c’è però quella contro la plastica e i rifiuti ancora gettati nel letto del Tamigi: tonnellate di sacchetti per la spesa, ma anche carrelli, sedie, salotti e pneumatici. «C’è ancora tanto lavoro da fare», conclude la Sassi, «ma la strada intrapresa è quella giusta, e i londinesi hanno finalmente capito che un fiume vivo rende viva anche la città».