14 gennaio 2011
IL COMPLOTTO
(Segue il discorso di Obama)
«Nei giorni subito dopo la strage di sabato - annuncia l´Fbi - le vendite di armi in tutta l´Arizona sono aumentate del 60%. E la gente fa incetta dei caricatori ultrapotenti da 33 pallottole come quello usato da Jared Loughner: per quel tipo di munizioni l´aumento di vendite è arrivato al 300%». Gli affari vanno bene per Greg Wolff, proprietario a Tucson di due armerie Glockmeister (la marca della pistola usata dal killer sabato scorso), eppure lui stesso ammette che si sta esagerando: «La gente si comporta come se il governo stesse per invadere le loro case e sequestrargli le armi, questa è paranoia». Benvenuti in America, «Land of the Paranoid», come la battezza Harold Meyerson sul Washington Post. A una nazione sull´orlo di una crisi di nervi, Barack Obama ha dato una lezione di civiltà.
Nel suo discorso in omaggio alle vittime, mercoledì sera a Tucson, «da leader dell´esecutivo democratico, è diventato in tutti i sensi il capo dello Stato», gli riconosce perfino l´arci-nemica Fox News. Obama ha condannato ogni strumentalizzazione politica, ha invitato tutti (compresi i suoi) ad abbassare i toni delle polemiche. Ha parlato con il cuore e ha fatto leva sui valori più nobili che uniscono l´America. Gli elogi gli sono arrivati da ogni parte, e qualcuno già vede in quel discorso un punto di svolta della sua presidenza.
Ma le teorie del complotto sono dure a morire. Uscendo da un incontro a porte chiuse al Congresso con i capi dell´Fbi per discutere dei nuovi problemi di protezione dei parlamentari dopo l´attentato a Gabrielle Giffords, il deputato repubblicano del Texas Louie Gohmer ha detto: «È chiaro che l´Fbi nasconde delle informazioni sulle opinioni politiche di Loughner, perché potrebbero imbarazzare Obama».
La paranoia ha sempre avuto un ruolo nella politica, e quella americana non fa eccezione. Lo storico Richard Hofstadter le ha dedicato anni di ricerca, culminati nell´opera "The Paranoid Style in American Politics". Ma dalla generazione del baby-boom post-bellico a quella dei coetanei del ventenne Loughner, c´è una distanza immensa. In mezzo c´è stato un rovesciamento delle parti. La paranoia ha cambiato il suo colore dominante: era stata a lungo coltivata dalla sinistra radicale, ora è quasi un monopolio della destra.
I due "album di famiglia" non potrebbero essere più diversi. Quello di sinistra è datato anni Sessanta. C´è l´esplosione della contestazione studentesca, la battaglia di Martin Luther King, il pacifismo contro la guerra del Vietnam, il femminismo, la cultura hippy. In parallelo mette radici a sinistra una cultura del sospetto verso lo Stato, l´establishment, i poteri forti. L´assassinio di John Kennedy nel 1963 è un invito a nozze per le teorie del complotto, le conclusioni delle indagini ufficiali non convincono l´ala liberal derubata del suo sogno: i sospetti puntano sulle forze reazionarie del Sud che vogliono fermare le leggi sui diritti civili dei neri, in combutta (a seconda delle versioni) con la mafia o l´Fbi anticomunista di Edgar Hoover. Negli anni seguenti la sinistra anti-imperialista vede nella Trilaterale (un club di Vip americani, europei e giapponesi, precursore di Davos) una "cupola" al servizio delle multinazionali.
Dalle dietrologie paranoiche alla legittimazione della rivolta armata il passo è breve. I neri delusi dalla nonviolenza di Martin Luther King scelgono le Black Panthers. Per i radicali bianchi le schegge terroristiche si chiamano Weathermen ed Esercito simbionese, questo ultimo reso celebre dalla vicenda della giovane miliardaria Patricia Hearst, prima rapita e poi trasformata in guerrigliera. Oggi è dimenticata, ma la diffusione della lotta armata nell´estrema sinistra americana fra gli anni Sessanta e Settanta è così importante da occupare l´opera letteraria che meglio cattura la memoria storica di quel tempo, la "Pastorale americana" di Philip Roth.
Vent´anni dopo la paranoia passa nell´altro campo. La più grave strage terroristica nella storia americana, prima dell´11 settembre, è l´esplosione del palazzo governativo a Oklahoma City il 19 aprile 1995. Muoiono sotto le macerie in 168, tra cui 19 bambini sotto i sei anni. Gli autori sono Timothy McVeigh e Terry Nichols. Fanno riferimento ai movimenti delle "milizie": formazioni di estrema destra che si esercitano a resistere allo Stato, il Leviatano che vuole distruggere i diritti individuali. Un antecedente decisivo, che scatena la vendetta di McVeigh e Nichols, è l´assalto delle forze federali a Waco (Texas) nel 1993, per espugnare il ranch dov´è asserragliata una di queste milizie. Un´altra sfida che mobilita le milizie è la minaccia di leggi più severe sul possesso di armi, come il "Brady Bill" approvato dopo l´attentato a Ronald Reagan. La strage di Oklahoma City, malgrado le tante vittime innocenti come i bambini dell´asilo nido, non riduce l´attrazione delle milizie: al contrario, l´Fbi registra un "rimbalzo" nel loro numero subito dopo quell´attentato.
Proprio come accade dopo l´elezione di Barack Obama nel 2008, l´evento che rilancia alle stelle la paranoia della destra. Dal momento in cui si è insediato il primo presidente afroamericano della storia, il numero delle milizie che si auto-proclamano di estrema destra è triplicato, da 42 a 127. Si tratta solo delle milizie "ufficiali", con sede e sito Internet, mentre non sono incluse ovviamente quelle clandestine. Né vi rientrano i folli isolati, che sempre più spesso hanno un´identica impronta culturale. Come Joseph Stack, che proprio un anno fa andò a schiantarsi col suo aereo privato contro il palazzo dell´Irs (l´agenzia federale del fisco) ad Austin, Texas, per protestare contro le tasse.
All´altro estremo della cultura del complotto ci sono tutte le sigle rispettabili il cui seguito di massa è esploso nell´ultimo biennio. All´interno del Tea Party c´è l´ala dei birthers, tuttora convinti che Obama non è nato in America, il suo certificato anagrafico è un falso, quindi è un cittadino del Kenya che usurpa la massima carica dello Stato. C´è quel 40% di repubblicani convinto che il presidente è musulmano e vuole introdurre la sharia. Ci sono le famigliole bianche che agitando gigantografie del presidente ritoccate coi baffetti di Hitler hanno invaso ripetutamente Washington per le manifestazioni di protesta contro il "nazionalsocialismo" di Obama, "l´eutanasia di Stato" imposta dalla sua riforma sanitaria.
Il riscontro con la realtà è irrilevante, le smentite fattuali non hanno cambiato granché. La forza indomabile della paranoia di massa, la padroneggia uno degli ispiratori carismatici della destra popolare, l´anchorman Glenn Beck di Fox News. All´inizio dell´inverno Beck ha proclamato in tv: «Il governo vuole venire in casa mia a prendere i miei figli per vaccinarli contro l´influenza? Dovranno prima vedersela con la mia Smith&Wesson» (celebre marca di pistole). Stesse parole incendiarie in bocca a Erick Erickson, opinionista di destra su Cnn: «Se i funzionari del governo cercano di violare il mio domicilio per sottopormi all´interrogatorio del censimento demografico, tiro fuori dall´armadio il fucile a canne mozze di mia moglie».
Vaccinazione, censimento, perfino le campagne anti-obesità di Michelle Obama per educare i bambini a mangiare più frutta e verdura: tutto diventa parte della stessa congiura per soffocare le libertà personali. Le allusioni alle armi ricorrono con una frequenza ossessiva nei discorsi di Sarah Palin, fino al "tiro a segno" virtuale che nel sito della leader repubblicana designava tra i bersagli proprio la deputata Gabrielle Giffords. La destra rifiuta i processi politici o morali per questo linguaggio bellicoso. «Siamo in guerra - dice Larry Pratt, che dirige la potente lobby pro-armi Gun Owners of America - e l´altra parte lo sa benissimo perché l´hanno cominciata loro, questa guerra. Vogliono la nostra libertà, vogliono le nostre proprietà, vogliono indottrinare i nostri figli».
L’APPELLO DI BARACK OBAMA
Alle famiglie di coloro che abbiamo perduto, ai loro amici, agli studenti di questa Università, ai pubblici funzionari riuniti qui, e alla gente di Tucson e dell´Arizona: sono venuto qui, questa sera, come un americano che, come tutti gli americani, oggi si inginocchia a pregare con voi e domani sarà al vostro fianco.
Non c´è nulla che io possa dire per riempire il vuoto improvviso dei vostri cuori. Ma sappiate questo: le speranze di una nazione sono qui questa sera. Ci uniamo a voi nel dolore. E speriamo con voi che la deputata Gabrielle Giffords e le altre vittime sopravvissute a questa tragedia si ristabiliscano.
Sabato mattina, Gabby, i suoi collaboratori e molti dei suoi elettori si erano incontrati davanti ad un supermercato per esercitare il loro diritto a riunirsi pacificamente e a parlare liberamente.
Stavano applicando un principio fondamentale della democrazia immaginata dai nostri padri fondatori: i rappresentanti del popolo che rispondono al loro elettorato, in modo da poter portare nella capitale ciò che sta loro a cuore. Gabby definiva tutto ciò "Il Congresso nella tua strada". Una versione aggiornata del governo per la gente e della gente.
Questo è lo scenario profondamente americano che le pallottole di un killer hanno distrutto. E le sei persone che sabato hanno perso la vita rappresentano anch´esse ciò che di meglio c´è in America.
In che modo possiamo onorare chi è caduto? Come possiamo ricordarli in modo aderente al vero?
Vedete, quando accade una tragedia come questa, fa parte della nostra natura chiedere spiegazioni: cercare di dare ordine al caos, dare un senso a ciò che non ne ha. Assistiamo già all´inizio di un dibattito nazionale, non soltanto circa le motivazioni che hanno portato a queste uccisioni, ma su ogni aspetto della vicenda, dai meriti delle leggi sulla sicurezza delle armi all´adeguatezza del nostro sistema sanitario circa la cura delle malattie mentali. Gran parte di questo processo, la discussione su ciò che si può fare per impedire che in futuro si ripetano tragedie simili, è un elemento essenziale per l´esercizio del nostro autogoverno.
Tuttavia, in un momento in cui il dibattito si è polarizzato in modo così netto - un momento in cui siamo fin troppo pronti a rovesciare su chi la pensa in modo diverso da noi la colpa di tutti i mali che affliggono il mondo - è importante fermarci un momento e assicurarci che stiamo rivolgendoci gli uni agli altri con parole che aiutino a guarire e non che feriscano.
Le Scritture ci dicono che nel mondo esiste il male e che accadono cose terribili per motivi che sfidano la comprensione umana. Citando le parole di Giobbe, "quando aspettavo la luce, è arrivata l´oscurità". Accadono cose terribili e, una volta accadute, dobbiamo guardarci dalle facili spiegazioni.
Perché la verità è che nessuno di noi, ora, sa spiegare che cosa esattamente abbia scatenato questo attacco feroce. Nessuno di noi può indicare con certezza cosa avrebbe impedito che quei colpi venissero sparati, o quali pensieri si nascondevano nei recessi di una mente violenta.
Perciò, certo, dobbiamo analizzare tutti i fatti responsabili di questa tragedia. Non possiamo e non vogliamo restare passivi di fronte a tanta violenza. Dobbiamo mettere in dubbio le vecchie convinzioni allo scopo di ridurre, in futuro, la possibilità che questa violenza si ripeta.
Ciò che non possiamo fare, tuttavia, è usare questa tragedia come un´altra occasione per rivoltarci l´uno contro l´altro. Quando parliamo di questi argomenti, facciamolo con una buona dose di umiltà. Anziché puntare il dito o attribuire colpe, usiamo questa occasione per ampliare la nostra visione morale, per ascoltarci l´un l´altro con più attenzione, per approfondire la nostra capacità di empatia e per rammentare a noi stessi come le nostre speranze e i nostri sogni siano legati insieme.
La perdita di queste persone meravigliose dovrebbe indurre ciascuno di noi a sforzarsi di essere migliore nella propria vita privata: a essere amici, vicini, colleghi e genitori migliori. E se, come si è detto in questi giorni, la loro morte contribuirà a introdurre maggior civiltà nel nostro dibattito pubblico, ricordiamoci che ciò non avviene perché una semplice mancanza di civiltà ha causato questa tragedia ma piuttosto perché soltanto un dibattito pubblico più civile e onesto può aiutarci ad affrontare le sfide che, come nazione, abbiamo davanti a noi.
Io credo che possiamo essere migliori. Quelli che in questa circostanza sono morti, quelli che si sono salvati, mi aiutano a crederlo. Forse non siamo in grado di fermare tutto il male che c´è al mondo, ma so che il modo in cui ci trattiamo reciprocamente dipende totalmente da noi. Sono convinto che, malgrado le nostre imperfezioni, siamo ricchi di senso morale e di bontà e che le forze che ci dividono non sono forti quanto quelle che ci uniscono.
Questo è ciò che credo, in parte perché era quello che credeva una bambina come Christina Taylor Green. Immaginate: qui c´era una ragazzina che stava appena iniziando ad essere consapevole della nostra democrazia; stava appena iniziando a comprendere i doveri di un cittadino, stava iniziando ad intravedere che un giorno anche lei avrebbe potuto svolgere una parte nel costruire il futuro del suo Paese. Era stata eletta nel suo consiglio scolastico; vedeva il suo ruolo pubblico come qualcosa di entusiasmante, di promettente. Era qui per incontrare la sua deputata, una persona della cui bravura e importanza era certa, una persona che poteva prendere a modello. Vedeva tutto questo con gli occhi di una bambina, non offuscati dal cinismo o dal sarcasmo che noi adulti troppo spesso diamo per scontati. Voglio essere all´altezza delle sue aspettative. Voglio che la nostra democrazia sia bella quanto lei l´aveva immaginata.
Possa Dio benedire coloro che abbiamo perduto e farli riposare nella pace eterna. Possa Egli amare e vegliare sui sopravvissuti. E possa benedire gli Stati Uniti d´America.
(Traduzione di
Antonella Cesarini)