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 2011  gennaio 14 Venerdì calendario

COSÌ LA CINA SI COMPRA IL MONDO DALLA VOLVO AI BOND PORTOGHESI

Gerard Lyons, capo economista di «Standard Chartered», lo sintetizza così: «L´ultimo decennio è stato definito dal "made in China". Il prossimo sarà quello "dell´owned by China"». Da «fabbrica del mondo» la Cina si trasforma in «azionista di maggioranza del pianeta» e l´obiettivo non è più limitato a diventare il primo «banchiere globale». Dai debiti dell´Occidente, Pechino diversifica gli investimenti alle imprese simbolo del capitalismo di Stati Uniti ed Europa, senza dimenticare di assicurarsi le materie prime di Africa, America del Sud e Asia centrale.
L´ultimo shopping della Cina che «compra il mondo» è di ieri in Portogallo. Dopo che tutti i titoli del debito pubblico di Lisbona erano stati assegnati, con scadenza due anni e un rendimento del 3,97%, Pechino ha acquistato un altro miliardo di bond a collocamento privato, con scadenza 18 mesi e un tasso di interesse del 4,74%. I cinesi, che nella penisola iberica possiedono già il 13% del debito spagnolo, si sono anche impegnati a comprare entro l´anno obbligazioni portoghesi per circa 5 miliardi di euro, assumendo di fatto il controllo economico dell´area. La strategia, sintetizzata dal prossimo primo ministro cinese Li Keqiang nel corso del tour europeo appena concluso, è chiara: diminuire progressivamente gli asset in dollari per aumentare quelli in euro, aiutando il primo importatore di Pechino ad uscire dalla crisi. La dissoluzione della moneta unica, secondo gli analisti cinesi, non farebbe solo precipitare le esportazioni verso l´Europa (16% del totale), spina dorsale della crescita della Cina. Farebbe crollare anche il valore dei bond europei di Pechino, pari a 630 miliardi di euro, minando il disegno a medio termine dei leader cinesi. Ridefinire l´equilibrio monetario mondiale, organizzandolo su tre valute di scambio: yuan, dollaro ed euro.
Il soccorso cinese all´eurozona, attraverso il salvataggio delle casse di Grecia, Irlanda, Spagna e Portogallo, sposta per la prima volta in Oriente il destino valutario Ue, intrecciandolo con il deficit Usa. Anche il Giappone, che possiede 1096 miliardi di titoli americani, ha annunciato l´acquisto di 1 miliardo di euro per aiutare il finanziamento della crisi irlandese. Nell´ultimo trimestre 2010 è però ancora la Cina ad aver registrato un balzo record delle riserve in valuta estera. Pechino ha investito altri 199 miliardi in dollari, portando il totale dei propri fondi in moneta straniera al primato di 2850 miliardi, di cui 907 in dollari. Lo scorso anno le riserve estere della Cina sono aumentate del 18,7% rispetto al 2009, alimentando le critiche di Usa e Ue, che reclamano un più rapido apprezzamento dello yuan. Libero di fluttuare da luglio, il renminbi ha guadagnato solo il 3,4% sul dollaro, meno della metà di quanto auspicato dai mercati occidentali. La banca centrale di Pechino non smette di comprare i debiti dei suoi clienti per mantenere basso il valore della moneta interna e alimentare la competitività della produzione nazionale. Lo «shopping globale» del governo cinese, forte di un fondo sovrano record con 850 miliardi di dollari da investire, punta invece a conquistare gli snodi vitali dell´economia e della politica mondiali. Fino a dieci anni fa, fuori dalla Cina, nulla era cinese. Oggi, oltre ai debiti delle grandi potenze, Pechino possiede partecipazioni nelle loro principali banche, è il terzo investitore nelle loro Borse, è il primo realizzatore di infrastrutture e si è accaparrata il cuore delle risorse naturali mondiali.
Trasformare l´Europa nell´ultimo «centro commerciale cinese» serve a ridimensionare gli Usa, preparando il sorpasso economico entro il 2020, ma soprattutto ad entrare nello storico salotto buono della finanza e della produzione. Pechino non conquista infatti solo «Paesi tossici» e stabilimenti decotti, dalla Grecia alla Bulgaria, ma si assicura il meglio delle multinazionali germaniche, britanniche e francesi, che assorbono il 62% degli investimenti cinesi Ue, promettendo l´accesso al più grande mercato del secolo. Non mancano i grandi marchi salvati dalla decadenza, come la Volvo o i computer della Ibm ora diventati Lenovo. Il fatto che una potenza autoritaria si stia comprando il mondo democratico rappresenta però il primo problema contemporaneo e il tema, la prossima settimana, sarà al centro della visita ufficiale di Hu Jintao negli Usa. Ufficialmente si parlerà di yuan, protezionismo e proprietà intellettuale, ma il confronto reale sarà sull´equilibrio del potere sul pianeta. Le mosse in extremis della Cina tendono solo a calmare le acque. Lo yuan ieri si è rivalutato fino a toccare il massimo di 6,59 sul dollaro, mentre Pechino ha previsto una frenata del Pil: da una crescita 2010 del 10% calerà all´8,7% nel 2011 e l´8,4% nel 2012. Qualcuno si consolerà, ma non è più una buona notizia.