Laura Larenzi, la Repubblica 12/1/2011, 12 gennaio 2011
ORO E ARGENTO PER SCACCIARE LA CRISI BRILLANO LE IDEE
Il bello della crisi è che aguzza l´ingegno, apre alternative, stimola la creatività. L´oro costa un occhio della testa? E noi usiamo l´ottone, magari placcato palladio. Il platino è inavvicinabile? Sostituiamolo con l´argento, ancora più duttile ed elegantemente glaciale. Arduo individuare tendenze precise nella Babele di proposte che Vicenzaoro rappresenta e contiene: 1.500 aziende con le loro nuove collezioni studiate per risplendere ma anche per stupire e innovare. Una cosa è certa: il design è più importante, e dunque più prezioso, del materiale intrinseco. E il mercato sposa il bipolarismo spinto: alto di gamma e accessibilità. Lusso e low cost. Quanto all´argento, è il nuovo oro, anche come bene rifugio. E il 2011 sarà l´anno del suo trionfo.
Un filone sempre più forte è quello di guardare al passato in modo romantico se non nostalgico, però in chiave underground. Atmosfere fine Ottocento resuscitate con ironia. Ecco i cammei, ma riveduti e corretti, ecco le montature dark e anticate, i metalli bruniti o anche neri, in rutenio, merletti traforati al laser, cuore retrò ma grinta d´avanguardia. C´è poi il vintage che rispolvera il Decò e gli anni Venti, le collane a frangia da ballerina di charleston, le nappe, i piumaggi, i gioielli bicolori bianco e nero, soprattutto in smalto. Ma il vero revival è quello che guarda agli anni Cinquanta, quando furoreggiava l´oro giallo, i bracciali vistosi con le maglie a carrarmato, i gioielli assertivi da boom economico, gli orecchini a bottone, così bon ton, che torneranno ad imporsi, scalzando quelli modello chandelier dai lunghi pendenti, etnici-esotici quel tanto da essere drasticamente superati.
Corsi e ricorsi della moda. Ad accompagnarci nella selva delle nuove tendenze è Paola De Luca, direttore creativo di Tjf Group, agenzia specializzata nell´individuare i trend emergenti nel campo della gioielleria e del cosiddetto lusso trasversale. «Un altro macrofilone è quello definito del sogno etico» afferma. «È la voglia di fuga dalla città e di ritorno alla natura, una natura in metamorfosi e non leziosa. Torna l´animalier ma soprattutto uccelli e farfalle, e anche il mondo sottomarino, virtuosismi in technicolor a tre dimensioni, suggestioni dal film Avatar, fogliami; tinte prevalenti il blu del mare e il verde profondo della foresta. Il tutto si traduce in superfici organiche anche astratte, legni, incrostazioni, coralli, pavé grezzi, combinazioni di pietre irregolari».
Un altro filone è quello del mondo globalizzato filtrato attraverso culture specifiche: per esempio l´India raccontata dall´Italia, con forte ispirazione spirituale e glamour insieme, in cui si mescolano simboli religiosi diversi a formare nuovi codici estetici, un esotismo chic alla Diana Vreeland o alla Yves Saint Laurent. Infine la tendenza scaccia-crisi, secondo cui è molto più importante il design, la zampata creativa, dei materiali utilizzati: è il vero valore aggiunto. Grande ritorno della bachelite e di altre plastiche associate a metalli preziosi e no, ma anche a corda, ceramica, legni riciclati. Riciclo vuol dire futuro: riutilizzo di oggetti usati e inservibili che, basta incastonarci una pietra, diventano bracciali, spille, anelli, collane. Ma il riciclo dona una seconda vita anche a gioielli vecchi, superati, convenzionali, noiosi, da destrutturare e rimontare con effetto sorpresa. Non ci si deve scandalizzare per gli accostamenti arditi e per le contaminazioni (plastica e diamanti, magari del tipo icy, meno pregiati, e via mixando): «Cambia il gusto, c´è una nuova generazione digitale che non guarda più alla tradizione, anzi esce dagli schemi e cerca il pezzo unico che abbia un´impronta creativa » sostiene la cacciatrice di tendenze De Luca. «Quello che stiamo vivendo, acuito dalla crisi, è uno dei picchi più alti del design italiano. Se la Cina è al primo posto nella gioielleria di massa e nelle risorse produttive, l´Italia è leader mondiale nell´artigianalità ad altissimo livello e nella creazione di pezzi unici che spezzino l´omologazione. Non è un caso che tanti grandi marchi tornino a produrre nel nostro Paese».
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