varie, 12 gennaio 2011
IL LEGITTIMO IMPEDIMENTO PER VANITY.IT
Oggi i quindici giudici della Consulta decidono se la legge del cosiddetto “legittimo impedimento” è costituzionale o no.
Nel codice penale è già previsto che un qualunque cittadino, se impedito da una circostanza «effettiva e assoluta» possa far spostare l’udienza di un processo che lo riguarda. Nel caso della legge in questione (la 51 del 10 marzo 2010), il presidente del Consiglio e i ministri risultano impediti comunque, per l’attività connessa alla carica che ricoprono. Basterà loro dire, autocertificandosi, che «non possono», perché l’udienza sia rinviata, di sei mesi in sei mesi. In altri termini: ci si presenta al processo in cui si è coinvolti solo se lo si vuole.
Lo scudo mette Berlusconi al riparo da tre processi in cui è indagato, tutti e tre in corso a Milano:
• il processo sulla presunta corruzione del testimone David Mills (attualmente congelato in primo grado);
• il processo Mediaset-diritti tv, dove il premier risponde di frode fiscale (primo grado);
• il processo Mediatrade, dove Berlusconi è accusato di appropriazione indebita e frode fiscale (in fase di udienza preliminare).
L’effetto dello scudo scadrà in ogni caso a ottobre. Se la Corte costituzionale non casserà la legge, la maggioranza dovrà rimettervi mano.
Tra aprile e giugno 2010, con tre diverse ordinanze, i giudici milanesi dei processi Mills, Mediaset e Mediatrade hanno presentato ricorso. Secondo loro la legge viola gli articoli 3 («Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge...») e 138 della Carta («Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione ...»).
Martedì 11 gennaio il giudice relatore Sabino Cassese nell’udienza pubblica ha posto le due domande su cui è incentrata la discussione tra i giudici: «I fatti ed eventi individuati come ipotesi di legittimo impedimento sono indicati in modo specifico o generico?» e «Residuano poteri di controllo del giudice? E questi poteri possono svolgersi sulla sussistenza del fatto-evento oppure anche sulla concomitanza?». In parole più semplici, Cassese ha chiesto: se non sia troppo esteso l’ambito degli eventi politici e istituzionali che permette al presidente del Consiglio e ai ministri di evitare l’aula di giustizia; se sia legittimo l’automatismo che permette al premier di autogiustificare la propria assenza togliendo al giudice il potere di decidere.
In effetti mentre normalmente è il tribunale a ricevere la richiesta di impedimento dell’imputato e a prendere le decisioni conseguenti, nel caso di presidenti del Consiglio, no: «Ove la presidenza del Consiglio dei ministri attesti che l’impedimento è continuativo e correlato allo svolgimento delle funzioni di cui alla presente legge, il giudice è tenuto a rinviare il processo a udienza successiva al periodo indicato, che non può, comunque, essere superiore a 6 mesi». Tutto ruota intorno all’espressione «è tenuto»: i giudici contestano l’automatismo, palazzo Chigi lo difende.
Gli avvocati del premier, Piero Longo e Niccolò Ghedini, hanno affermato: «Non sono precluse al giudice le sue facoltà. La legge in discussione non sostituisce o abroga l’articolo 420-ter del codice di procedura penale (che regola l’assoluta impossibilità a comparire dell’imputato, ndr), ma si limita a tipizzare l’impedimento. Chiunque abbia esperienza processuale sa che ci sono processi dove i rinvii sono di sei mesi in sei mesi... Un rinvio di un mese è assolutamente fisiologico».
Cosa possono decidere oggi i giudici della Consulta:
• accettare il ricorso e dichiarare incostituzionale la legge, cassandola (in questo caso i processi in cui il premier è imputato ripartirebbero subito)
• rigettare il ricorso e dichiarare la norma conforme alla costituzione
• esprimere un rigetto con interpretazione (ovvero i giudici forniranno la corretta interpretazione della legge stessa secondo un’ottica costituzionale, rispettandone le fondamenta)
• emettere una «sentenza additiva» con indicazioni aggiunte dalla corte: la legge rimarrebbe in vita ma riscritta dalla Consulta in modo da essere legittima.
I giudici della Corte costituzionale sarebbero orientati come segue:
• cinque sono convinti della legittimità costituzionale della legge e a respingere le censure mosse dal tribunale di Milano. Secondo loro, la legge 51 del 2010 si limita a tipizzare le attività di governo che costituiscono legittimo impedimento, senza togliere poteri al giudice
• la maggioranza della Corte (7-8 giudici) propende per l’incostituzionalità della legge, che potrebbe essere bocciata in tutto o in parte.
I pronostici alla vigilia della sentenza pendono in favore di un compromesso: un salvataggio parziale, magari con un rigetto interpretativo, della legge che difende il premier dai processi, ma con riconoscimento del diritto dei giudici di verificare la congruità degli impegni che impedirebbero al presidente del Consiglio di esser presente alle udienze.
Berlusconi da tempo mostra indifferenza riguardo alla decisione e ancora ieri ha ripetuto: «Non c’è nessun pericolo per la stabilità di governo qualunque sia l’esito della decisione della Corte costituzionale». Ha fatto poi sapere che, se il legittimo impedimento dovesse esssere bocciato, non cercherà scudi giudiziari alternativi, ma andrà alle udienze, le trasformerà in tribuna politica, dirà agli italiani, anche in televisione e nelle piazze, quello che ritiene di dover dire sui magistrati italiani: «Spiegherò agli italiani di cosa si tratta e verrà fuori quella che è la patologia per la nostra democrazia. Mi riferisco cioè alla presenza di un ordine giudiziario che si è trasformato in un potere giudiziario, esorbitando dal suo alveo costituzionale».
Ieri intanto la Consulta ha dichiarato ammissibile il referendum abrogativo della medesima legge sul legittimo impedimento presentato dall’Italia dei Valori (Antonio Di Pietro). Il referendum sarà dichiarato decaduto se la Consulta si pronuncerà per l’incostituzionalità della norma, perché in questo caso la legge verrà cancellata dall’ordinamento. In caso di modifiche parziali allo scudo sarà invece la Corte Costituzionale e poi la Corte di Cassazione a esprimersi sulla legittimità del referendum, che comunque si dovrebbe tenere in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno (a meno di elezioni anticipate). Di Pietro ha già cantato vittoria: «La Corte Costituzionale o i cittadini, grazie a questa azione dell’Italia dei Valori, hanno messo all’angolo il presidente del Consiglio, il quale, oggi, deve rassegnarsi ad essere una persona come tutte le altre e farsi giudicare. La resa dei conti per Silvio Berlusconi si avvicina inevitabilmente e inesorabilmente».
Secondo Marcello Sorgi anche il solo referendum potrebbe funzionare da acceleratore delle elezioni anticipate. Sulla Stampa di ieri Sorgi ha scritto che «piuttosto che sottoporre se stesso e il destino dei suoi processi alle urne referendarie, Berlusconi potrebbe decidere di fare egualmente la campagna elettorale sul tema dei rapporti tra giustizia e politica, ma giocandosi in nuove elezioni la posta di una nuova e più solida maggioranza per il centrodestra in Parlamento». Nel suo articolo di stamattina, l’editorialista della Stampa scrive però che «per evitare elezioni e referendum, e salvare nuovamente - e ignominiosamente - Berlusconi, basterebbe non una legge, ma una leggina “ad personam”. Sarebbe il capolavoro di un Paese che è sì la patria del diritto, ma non è riuscito finora a risolvere il problema dei rapporti tra politica e giustizia, ed è stato in grado invece di cacciarsi in un ginepraio così complicato. Al peggio non c’è fine, purtroppo. Forse ci toccherà vedere anche questa: Berlusconi salvato in nome di una qualche emergenza dagli stessi che un mese fa volevano seppellirlo».
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• Sentenze precedenti:
2001 e 2005 Caso Previti
2004 Lodo Schifano
2009 Lodo Alfano
• I GIUDICI COSTITUZIONALI -
Paolo Maddalena - Presidente di sezione della Corte dei Conti, nato a Napoli il 27 marzo ’36, è stato capo di gabinetto del ministro dell’Istruzione Gerardo Bianco (governo Andreotti VI 1989-91). Eletto alla Consulta dalla Corte dei Conti il 19 luglio 2002. Viene nominato vicepresidente il 10 dicembre 2010
Alfio Finocchiaro - Già presidente di sezione della Corte di cassazione, è nato a Caserta il 10 settembre del 1935. È stato eletto alla Consulta dalla Corte di cassazione il 7 novembre del 2002. Ha giurato il 5 dicembre di quell’anno
Alfonso Quaranta - Presidente di sezione del consiglio di Stato, è nato a Napoli il 2 gennaio ’ 36. Viene eletto alla Consulta dal consiglio di Stato il 16 dicembre 2003 e giura il 27 gennaio 2004. L’anno scorso ha conteso a Ugo De Siervo (perdendo per un voto) la carica di presidente della Corte costituzionale
Franco Gallo - Professore di diritto tributario, nato a Roma il 23 aprile 1937, ex ministro delle Finanze del governo Ciampi, nominato dal presidente della Repubblica Ciampi il 14 settembre 2004. Giura il 16 settembre 2004. Fu relatore ed estensore della sentenza che bocciò il Lodo Alfano nel 2009
Luigi Mazzella - Avvocato generale dello Stato, nato a Salerno il 26 maggio ’ 32, ministro della Funzione pubblica del secondo governo Berlusconi, eletto dal Parlamento il 15 giugno 2005 su indicazione del centrodestra. Nel 2009 fu criticato per aver invitato a cena Berlusconi e il ministro Alfano
Gaetano Silvestri - Professore ordinario di diritto costituzionale, è nato a Patti (provincia di Messina) il 7 giugno del 1944. Eletto alla Corte costituzionale dal Parlamento il 22 giugno del 2005 su indicazione del centrosinistra, ha giurato il 28 giugno 2005
Sabino Cassese - Professore di diritto amministrativo, nato ad Atripalda (Avellino) il 20 ottobre ’ 35, ex ministro della Funzione pubblica del governo Ciampi. Nominato dal capo dello Stato il 4 novembre 2005, giura il 9 novembre. È il giudice relatore sul legittimo impedimento e scriverà la sentenza
Maria Rita Saulle – Professore emerito di diritto internazionale, nata a Caserta il 3 dicembre 1935, è l’unica donna presente attualmente nel collegio. È stata nominata dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi il 4 novembre 2005, ha giurato il 9 novembre
Giuseppe Tesauro – Professore di diritto internazionale, nato a Napoli il 15 novembre 1942, il 16 dicembre 1997 fu scelto dai presidenti di Camera e Senato, Luciano Violante e Nicola Mancino, come presidente dell’Antitrust. Nominato dal Presidente Ciampi il 4 novembre 2005. Giura il 9 novembre
Paolo Maria Napolitano – Consigliere di Stato, nato a Roma il 3 ottobre del 1944, ex capo di gabinetto del ministro degli Esteri Gianfranco Fini nel governo Berlusconi II. Eletto dal Parlamento il 5 luglio 2006 su indicazione del centrodestra, giura il 10 luglio di quell’anno
Giuseppe Frigo – Nato a Brescia il 30 marzo ’35, avvocato e docente di diritto processuale penale comparato ed europeo, da presidente dell’Unione delle camere penali fu tra i padri della riforma del giusto processo. Eletto alla Consulta dal Parlamento il 21 ottobre 2008 su indicazione del centrodestra
Alessandro Criscuolo – Presidente di sezione della Corte di cassazione, nato a Napoli il 15 luglio del 1937, è stato presidente dell’Associazione nazionale magistrati. Eletto dalla Corte di cassazione il 28 ottobre 2008, ha giurato l’11 novembre
Paolo Grossi – Professore ordinario di storia del diritto italiano, nato a Firenze il 29 gennaio 1933, è stato nominato alla Consulta dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 17 febbraio del 2009. Ha giurato il 23 febbraio di quello stesso anno
Giorgio Lattanzi – Presidente di sezione della Cassazione, nato a Roma il 26 gennaio ’39. Eletto dalla Cassazione il 19 novembre 2010, giura il 9 dicembre. I due giri di «tavolo» della discussione in camera di consiglio partono da lui in quanto ultimo arrivato alla Corte. Voterà per primo
IL PRESIDENTE DELLA CORTE UGO DE SIERVO - Professore ordinario (attualmente in aspettativa) di diritto costituzionale all’Università di Firenze. Nato a Savona il 20 febbraio del 1942, De Siervo è stato componente dal 1970 al 1974 del comitato regionale di controllo della regione Toscana, mentre dal 1986 al 1993 ha fatto parte del Consiglio superiore della pubblica amministrazione. Dal 1997 al 2001, poi, è stato tra i membri dell’autorità garante per la protezione dei dati personali. È stato eletto alla Corte costituzionale dal Parlamento il 24 aprile del 2002 (ha giurato il 29 aprile di quell’anno). Viene eletto presidente il 10 dicembre 2010, a scrutinio segreto, con un solo voto di maggioranza (otto a sette) rispetto all’altro candidato, il giudice Alfonso Quaranta. Diventa così il trentaquattresimo presidente della Consulta, prendendo il posto di Francesco Amirante, il cui mandato novennale era scaduto il 6 dicembre. De Siervo terminerà il suo periodo a Palazzo della Consulta il 29 aprile del 2011. Sul legittimo impedimento si esprimerà per ultimo e, in caso di parità, il suo voto sarà decisivo.
(Corriere della Sera 11/1/11)
• Cos’è la corte costituzionale?
Art. 134.
La Corte costituzionale giudica:
sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni;
sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni;
sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione.
Art. 135.
La Corte costituzionale è composta di quindici giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative.
I giudici della Corte costituzionale sono scelti tra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni d’esercizio.
I giudici della Corte costituzionale sono nominati per nove anni, decorrenti per ciascuno di essi dal giorno del giuramento, e non possono essere nuovamente nominati.
La Corte elegge tra i suoi componenti, secondo le norme stabilite dalla legge, il Presidente, che rimane in carica per un triennio, ed è rieleggibile, fermi in ogni caso i termini di scadenza dall’ufficio di giudice.
L’ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento, di un Consiglio regionale, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni carica ed ufficio indicati dalla legge.
Nei giudizi d’accusa contro il Presidente della Repubblica, intervengono, oltre i giudici ordinari della Corte, sedici membri tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità a senatore, che il Parlamento compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari.
Art. 136.
Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.
La decisione della Corte è pubblicata e comunicata alle Camere ed ai Consigli regionali interessati, affinché, ove lo ritengano necessario, provvedano nelle forme costituzionali.
Art. 137.
Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale, e le garanzie d’indipendenza dei giudici della Corte.
Con legge ordinaria sono stabilite le altre norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della Corte.
Contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione.