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 2011  gennaio 12 Mercoledì calendario

SFIDA FINALE ALLA MALARIA


«La malaria è la malattia che uccide più bambini in Africa. Non possiamo compromettere i progressi appe­na compiuti, soprattutto in que­sta congiuntura economica così difficile». Può sembrare un para­dosso, alla luce dei dati positivi appena resi noti dall’Organizza­zione mondiale della sanità (Oms).

Ma parlando di malaria, c’è un sen­so di allerta profondo e ben poco sol­lievo nelle analisi della nigeriana Ngo­zi Okonjo-Iweala, direttrice generale del­la Banca Mondiale (Bm), spesso definita come «la più influente donna africana». Punto di riferimento da decenni nella lot­ta alla malattia, l’ex capo della diplomazia nigeriana ha spesso parlato del tributo pa­gato alla malaria dalla sua stessa famiglia. Ma questa volta evita i ricordi personali, per concentrarsi sugli scenari e i rischi dei prossimi anni.

Il rapporto dell’Oms sulla malaria pare incoraggiante. Si può davvero ridurre l’impatto della malattia in modo perma­nente?

Sì, si tratta di risultati davvero molto inco­raggianti. Dal 2000, 11 Paesi mostrano u­na riduzione dei casi di malaria in seguito agli sforzi di prevenzione su grande scala in direzione delle popolazioni vulnerabi­li. Per citare solo qualche esempio, ciò è avvenuto in Eritrea, Ruanda, Zambia, Bot­swana, Madagascar. In generale, la stima dei decessi legati alla malaria è passata da circa 1 milione di casi nel 2000 a 781 mila nel 2009. La comunità internazionale, compresa la Bm, ha giocato un ruolo im­portante nel sostenere gli sforzi dei gover­ni attraverso un appoggio finanziario e tec­nico sostanziale. Nondimeno, malgrado l’aumento delle promesse finanziarie che hanno raggiun­to 1,8 miliardi di dollari nel 2010 (contro 1,5 miliardi nel 2009), ciò resta ampiamente insufficiente rispetto al totale delle risor­se necessarie, equivalenti a circa 6 miliar­di per il solo 2010. Ciò sottolinea perfetta­mente il bisogno di lavorare in modo sem­pre più integrato per rafforzare i sostegni internazionali. Entro la fine del 2010, cir­ca 289 milioni di zanzariere trattate con insetticidi sono state consegnate nell’Afri­ca sub-sahariana, il che è sufficiente a pro­teggere i tre quarti dei 765 milioni di per­sone a rischio. Ciò è notevole, ma occorre un coordina­mento per massimizzare l’efficacia di ogni intervento, anche nel campo del­la diagnosi e dei trattamenti. Ogni errore pratico negli interventi può condurre a situazioni di recrude­scenza, come si è visto di recente in alcune province in Zambia.

A suo avviso, quali sono i fattori più cruciali lungo il cammino per debellare la malattia?

Il programma coordinato globale ’Roll back malaria’ si è fissato l’obiettivo di un mon­do libero da questo flagello. La Bm sostie­ne una visione simile, pur ammettendo che si tratta di un obiettivo a lunga scadenza. Da tempo ci si chiede se quest’obiettivo sia davvero raggiungibile, con quali mezzi e fra quanti anni. Benché efficaci, gli attuali stru­menti di prevenzione e di trattamento non paiono ancora adatti per debellare in mo­do definitivo la malattia, data la sua natura molto complessa.

Siamo però convinti che gli stru­menti attuali possano permetterci di controllare o eliminare la mala­ria in alcune aree. Il tentativo di de­bellare la malaria richiederà inve­ce strumenti più sofisticati e un’e­stensione del loro uso, lo sviluppo di nuovi vaccini, trattamenti, diagnosi e il rafforzamento dei sistemi sanitari, in coor­dinamento con tutti i partner internazio­nali. È importante ricordare che in molti Paesi stiamo appena cominciando a con­trollare In Africa e altrove, le donne hanno un ruo­lo speciale in questa sfida?

Si calcola che il 90 per cento dei decessi ri­guardino donne e bambini. Inoltre, con­trarre la malaria durante la gravidanza ac­cresce il rischio di gravi complicazioni co­me anemia, nascite premature o sottope­so.

Poiché le donne svolgono spesso il ruolo di custodi della salute familiare, la loro morte prematura finisce per produrre ef­fetti a catena su intere comunità. Proprio per questo, occorre focalizzare gli sforzi in priorità sulle donne. A beneficiarne subi­to saranno figli, famiglie e comunità loca­li. Accanto alle zanzariere, occorre accre­scere la diffusione dei trattamenti preven­tivi durante la gravidanza.

Teme che la crisi finanziaria possa ridur­re i progressi recentemente compiuti?

La crisi finanziaria renderà le popolazioni già a rischio ancora più vulnerabili e po­trebbe in effetti compromettere i progres­si compiuti, se l’alleanza fra Paesi e part­ner internazionali dovesse sfilacciarsi.

È essenziale comprendere che battersi contro la malaria non è una priorità anta­gonista rispetto agli sforzi per superare la crisi. In molte comunità povere e vulnera­bili, la malaria finisce per ridurre il potere d’acquisto delle famiglie e ha un impatto negativo diretto su agricoltura e produ­zione. Fallire nella lotta alla malaria, in un contesto già segnato da altre crisi, finirà per esacerbare ancor più la fragilità delle famiglie.

La crisi significa anche che tanto le fami­glie quanto i governi hanno meno da spen­dere per la salute. In un contesto simile, ridurre l’impatto della malaria significa pu­re permettere di liberare risorse da desti­nare ad altri problemi sanitari.

Le ultime previsioni suggeriscono che la crisi colpirà entro la fine dell’anno un nu­mero importante di persone in situazione d’estrema povertà. Ridurre il tributo eco­nomico legato alla malaria, che in Africa e­quivale all’1,3 per cento del Pil continen­tale, è più importante che mai.

La Bm ha già impegnato 767 milioni di dol­lari per controllare la malaria nell’Africa subsahariana e continuerà a lavorare in stretta collaborazione con tutti gli altri partner. Salute e povertà sono legate in modo inestricabile. Sappiamo ormai che sconfiggere la malaria può contribuire sen­sibilmente alla lotta alla povertà in Africa.

A proposito di lotta alla povertà, un’altra buona notizia proviene dalle promesse dei donatori per il rifinanziamento dell’I­da, il fondo della Bm per interventi con­tro il sottosviluppo nei Paesi più poveri. Per il periodo 2011-2014, si prevedono 49,3 miliardi di dollari. È soddisfatta?

Credo fermamente che questo nuovo ac­cordo permetterà di rafforzare gli aiuti ai 79 Paesi più poveri del mondo. Mancano solo 5 an­ni alla scadenza del termine fis­sato per raggiungere gli Obiet­tivi del Millennio. Ci stiamo o­rientando verso un nuovo gra­do di cooperazione per non la­sciare i Paesi più poveri ai mar­gini in questi tempi di crisi.

La fiducia nell’Ida è conferma­ta. E, al contempo, i donatori vecchi e nuovi vogliono cono­scere i risultati concreti dei dol­lari spesi in campi come la sa­nità e l’istruzione. I nuovi fon­di, ad esempio, serviranno a immunizzare 200 milioni di bambini e a formare circa 2 mi­lioni di insegnanti. Fra gli altri obiettivi, c’è anche la costruzione di 80 mila chilome­tri di strade o l’accesso all’acqua potabile per 80 milioni di persone. Oggi più che mai occorre riconoscere che non si tratta di in­terventi caritativi, per così dire. Ma di un investimento nel futuro, soprattutto in A­frica.