Mar. Man., Il Sole 24 Ore 11/1/2011, 11 gennaio 2011
LA SUCCESSIONE ALL’ITALIANA È IN FAMIGLIA
Nel 2006 aveva annunciato che avrebbe dato in beneficenza il 99% del suo patrimonio e che il rimanente un per cento sarebbe bastato a lui e alla moglie, per vivere piacevolmente il resto della vita. Detto, fatto. Warren Buffett, 80 anni, l’oracolo di Omaha, fondatore della Berkshire Hathawey, un impero economico finanziario da 47 miliardi di dollari e secondo uomo più ricco d’America, sta fedelmente rispettando l’impegno. Ma, soprattutto, non ha ancora designato un successore per il suo Berkshire Hataway. I figli? Nessuna dimenticanza, ma una scelta dettata da un principio di famiglia: «Devono imparare ad arrangiarsi da soli», ha sentenziato il guru di Omaha.
Probabilmente se i Rothschild avessero seguito questo esempio avrebbero risparmiato i 200 anni di guerra per la successione che ha visto contrapposti i due rami della dinastia, quella francese e inglese. Forse, potrebbe suggerire qualcuno, sarebbe stato meglio fare come Ingvar Kamprad (31 miliardi di patrimonio) numero uno dell’Ikea che ha messo in concorrenza tra di loro i suoi tre figli affidando ad ognuno un ramo d’azienda al grido di «vinca il migliore». Un «migliore» a cui in futuro sarà affidato tutto il gruppo.
Storie di successioni, di figli, di guerre famigliari e di «metodi» che non hanno risparmiato nemmeno importanti dinastie italiane, dove patti di famiglia, statuti e accordi non scritti regolano il passaggio generazionale. Qualcuno però, fedele al metodo Buffet, ha deciso di non porsi nemmeno il problema della futura generazione. Almeno sul fronte della «successione aziendale».
La recentissima decisione di Amancio Ortega, presidente e mitico fondatore di Inditex, che ha deciso di passare la mano all’ad Pablo Isla e non alla figlia ventottenne Marta (nata in seconde nozze) ricorda almeno due casi d’eccezione del made in Italy. Spicca, per esempio, la storia di Bernardo Caprotti. L’ottantaquattrenne presidente, fondatore e azionista di Esselunga, nel 2008 ha nominato Carlo Salza come amministratore delegato. Prima della nomina di Salza, la figura dell’amministratore delegato l’aveva ricoperta, per un triennio, Giuseppe Caprotti, figlio di Bernardo, allontanato dall’azienda per disaccordi con il padre in merito alle strategie aziendali. Una mossa che ha riportato il vecchio principio che ha regnato nella storia dell’azienda: Esselunga e Bernardo Caprotti, una monarchia. Storia diversa negli sviluppi, ma che ha portato allo stesso risultato, ovvero netta separazione tra azienda e proprietà, è quella di Leonardo Del Vecchio, patron di Luxottica. Nessun figlio alla guida, ma un manager di fiducia, Andrea Guerra. Certo la successione "proprietaria" è già delineata negli assetti delle casseforti di famiglia dove i sei figli dell’imprenditore sono proprietari di una fetta dell’impero. Alcuni però hanno seguito strade diverse, come il primogenito Claudio che ha già avuto parte del patrimonio tempo fa ed è diventato a sua volta imprenditore rilevando il marchio americano Brooks Brothers.