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 2011  gennaio 12 Mercoledì calendario

«La mia vita è appena iniziata» - A vederlo mentre sul palco prova un’intonazione e poi la corregge di scatto fissando la platea con aria di sfi­da, si ha l’impressione di scorgere un giovanotto che, per scherzo o per fol­lia, si è truccato da vecchio gentiluo­mo

«La mia vita è appena iniziata» - A vederlo mentre sul palco prova un’intonazione e poi la corregge di scatto fissando la platea con aria di sfi­da, si ha l’impressione di scorgere un giovanotto che, per scherzo o per fol­lia, si è truccato da vecchio gentiluo­mo. Perché Gianrico Tedeschi, no­vant’anni, che in questi giorni inaugu­ra la stagione del Piccolo di Milano con la Compagnia degli uomini , il te­sto di Edward Bond diretto da Luca Ronconi, ha un rapporto particolare col tempo. «Non vorrà insinuare che sono una delle tre Parche?», minaccia agitando un dito nella mia direzione. Tutt’altro, eppure gli anni ci sono, e sorprenderla in piena attività desta stupore. «Per questo ne sono stupito an­ch’io, anche se non lo dò a vedere. Mai e poi mai mi sarei aspettato di tro­varmi ancora sul palcoscenico a com­battere contro me stesso». Combattere, non le pare di esagera­re? «Il teatro è una lotta ad oltranza, non l’ha ancora capito? Non basta il mestiere, non conta niente l’esperien­za: le tavole che scricchiolano sotto i piedi mi mettono paura come la pri­ma volta». Avvenuta quando e dove? «A Sandbostel, il campo di prigio­nia dove fui internato subito dopo l’ar­mistizio. Mi chiedo dove abbia trova­to il coraggio quel ventenne sparuto e magrissimo di nome Gianrico a im­personare di fronte ai soldati niente­meno che Enrico IV ». A quell’epocagià immaginava che il teatro sarebbe stato la sua vita? «Neanche per sogno. O forse sì, sa che non me lo ricordo?». Lei sta giocando con me come il gat­to col topo. «Forse ha ragione. Ma è proprio si­curo di essere lei il topolino?». Torniamo ai novant’anni. Cosa si prova a un’età come la sua? «Si ha la sensazione strana e bellissima che la vita sia appena cominciata e che il pas­sato appartenga a qualcuno di cui si sono perse le tracce tanto tempo fa». Cos’ha in comune il personaggio Gianrico Tedeschi col ruolo che af­fronta al Piccolo? «Nulla. Persino l’età anagrafica non è la stessa. Sa che nel testo di Bond ho solo settant’anni?». Mi tolga una curiosità: cosa si aspet­ta dal futuro? «Le rispondo citando Paola Borbo­ni, che a una richiesta simile, rispose: «“Giocare a rimpiattino con la morte da cui, naturalmente, uscirò a partita vinta”». Come l’ha vinta con Strehler e Vi­sconti tra i registi e con Eliot e Tho­mas Bernhard tra gli autori? «Piano, piano. La disfida è appena iniziata». Con chi? «Con Edward Bond, che diamine! È lui l’uomo che adesso devo sottomet­tere al mio volere. Con gli altri la parti­ta è chiusa, con lui invece...». Non dirà che oltre a scrutare nell’in­timo del personaggio, Gianrico Te­deschi esamina per dritto e per tra­verso anche il drammaturgo. «E se ne stupisce? L’opera di un vivo è un libro aperto da cui spunta ad ogni passo la psiche dello scrittore. Portar­la alla luce, mi creda, è un ignobile sforzo». In cosa consiste? «Si deve scrutare in noi stessi. E può essere doloroso».