GIUSEPPE SALVAGGIULO, La Stampa 12/1/2011, pagina 18, 12 gennaio 2011
Scelli condannato “Danneggiò la Croce Rossa” - Eppure nemmeno due mesi fa, nel pieno delle convulsioni parlamentari in vista del voto di fiducia, si era rifatto vivo rivelando di essere stato corteggiato da Italo Bocchino, per un passaggio di campo con Futuro e Libertà
Scelli condannato “Danneggiò la Croce Rossa” - Eppure nemmeno due mesi fa, nel pieno delle convulsioni parlamentari in vista del voto di fiducia, si era rifatto vivo rivelando di essere stato corteggiato da Italo Bocchino, per un passaggio di campo con Futuro e Libertà. Mandava messaggi di insofferenza a Berlusconi, reclamava ruoli adeguati (la Protezione civile sarebbe stata perfetta), risultandogli stretto quello di peone del Pdl. Oggi l’epopea di Maurizio Scelli, che tra il 2003 e il 2005 aveva occupato le cronache da commissario straordinario della Croce Rossa con imprese da superman del berlusconismo impegnato nei fronti più caldi, liberatore di prigionieri italiani in Iraq (ricordate le due Simone?) restituiti a reti unificate alle madri in lacrime, conosce un epilogo inglorioso. La Corte dei conti, sezione giurisdizionale del Lazio, l’ha condannato in primo grado a restituire 900 mila euro, la misura del «danno erariale» causato alla Croca Rossa che si vantava di aver risanato, «in relazione alle irregolarità connesse all’acquisizione di servizi e forniture informatiche». Scelli è stato sanzionato insieme con due funzionari della Croca Rossa (danno complessivo 3 milioni di euro) per una serie di contratti per servizi informatici (dalla posta elettronica alla gestione management, dal web hosting all’assistenza tramite call center), sottoscritti a dispetto dell’opposizione dei revisori dei conti, che avevano segnalato la mancanza di soldi nel bilancio. Tanto che nel 2007, i successori di Scelli furono costretti ad accordarsi con le ditte, pagando una penale per cancellare quei contratti, rinunciando ai servizi informatici. La vicenda, archiviata dal tribunale di Roma per gli aspetti penali, viene considerata dalla Corte dei conti una forma di sperpero di denaro pubblico: «forniture e servizi illegittimamente acquisiti e non utilizzati». I giudici hanno demolito la difesa di Scelli, che prima ha contestato la legittimità dell’inchiesta (invocando una legge restrittiva sull’azione della Corte dei conti, approvata nel 2009 dal Parlamento con voto favorevole dello stesso Scelli), quindi ha sostenuto di non aver saputo della mancanza di fondi disponibili. «Obietta la sua inverosimile ignoranza in ordine ai doveri di controllo finanziario a lui incombenti», scrivono i magistrati contabili. La sua condotta è caratterizzata da «totale disprezzo di qualsiasi canone di sana amministrazione» e «noncuranza degli equilibri finanziari». Di più: «autorizzando contratti macroscopicamente incongrui, ha esposto la Croca rossa al dissesto». Un anno e mezzo fa, Scelli era uscito con un’assoluzione da un’altra inchiesta, in cui era accusato di aver distratto a uso interno 17,5 milioni di euro destinati «alle popolazioni irachene». Ma questa volta non è riuscito a cavarsela. Sono lontani i tempi in cui furoreggiava in Medio Oriente e, inebriato dal successo, fondava addirittura un suo movimento politico, dal profetico nome «Italia di Nuovo», non prima di aver progettato di portare in dote a Berlusconi centinaia di migliaia di volontari della Croca Rossa. Gli stessi che, nel 2004, diceva di «non voler tradire per una carriera politica». Chissà che cosa pensano di lui, adesso.