La Stampa 12/1/2011, 12 gennaio 2011
LETTERE
«Scrivo a te, Specchio, perché sto rievocando un episodio pressappoco di quando sei nato tu. L’occasione mi è data vedendo ieri le impressionanti foto di quella povera donna sudanese frustata per strada per aver indossato i pantaloni. Non voglio certo paragonarmi ad essa, ma più di 50 anni fa subii anch’io sorte analoga per il medesimo motivo. Era il 1958 e avevo allora 20 anni. Non so in città,ma nei piccoli paesi di campagna come il mio le ferree usanze del tempo non permettevano i pantaloni alle ragazze. Qualche raro strappo alla regola era tollerato. Ma passeggiare in centro ostentando i propri pantaloni assai aderenti, come avevo fatto io, meritava la fustigazione. Che infatti arrivò. Certo non per strada e non con la frusta. Mia madre si accontentò di una bacchetta di salice. Ma anch’io ebbi di che piangere. Tanto piùche, a differenza della sudanese frustata completamente vestita, a me i pantaloni (e non solo i pantaloni!) vennero abbassati. La cosa si seppe poi in paese e io dovetti subire risolini e frecciatine. Le più feroci dalle mie amiche. Ancora adesso, a distanza di mezzo secolo, ne ricordo una: “Poverina, il culetto ti scotta? Vedrai che ti passa presto se eviti i vestitistretti”».
BRUNA PAVINATO - VEDELAGO (TREVISO)