Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  gennaio 12 Mercoledì calendario

PISTA CINESE PER LE SPIE ALLA RENAULT

PECHINO INTANTO FA SHOPPING IN EUROPA -
Una delle principali case automobilistiche del mondo sospende a tempo indeterminato tre dirigenti, accusati di aver divulgato informazioni strategiche su un progetto di tecnologie innovative, probabilmente a concorrenti cinesi. Non è la trama di un film, ma la controversa storia di spionaggio in cui si è trovata invischiata la francese Renault, e in particolare il suo piano per l’auto elettrica.
Tutto è cominciato qualche giorno fa, quando un dirigente dell’azienda transalpina ha rivelato che tre manager, tra cui un componente del comitato di direzione, erano stati sospesi in via temporanea dopo un allarme sul loro comportamento giunto in estate al comitato deontologico d’impresa. Secondo «una serie di elementi concordanti», ha poi spiegato Renault in un comunicato, i tre avrebbero «messo a rischio, coscientemente e deliberatemente, le attività dell’impresa», agendo in modo «contrario all’etica».
La casa automobilistica non ha fornito ulteriori dettagli, ma la stampa francese non ha dubbi: si tratta di spionaggio industriale, scrivono tutti i maggiori quotidiani, legato al progetto di auto elettrica di cui il gruppo Renault-Nissan ha fatto il suo cavallo di battaglia per il 2011, con il lancio previsto per metà anno di due nuovi modelli. Indiscrezioni che sono andate precisandosi con il passare delle ore, tanto che Le Monde avrebbe addirittura individuato i tre colpevoli: il direttore dei progetti e delle prestazioni Michel Balthazard, uno dei più stretti collaboratori dell’amministratore delegato, il suo braccio destro Bertrand Rochette, e il direttore del programma per le vetture elettriche Matthieu Tenebaum. Quest’ultimo, per bocca del suo avvocato, si è detto «stordito» dalle accuse, e spera «che gli siano fornite delle spiegazioni» dopo giorni di «mutismo» da parte dei vertici dell’azienda.
Una vicenda scabrosa, che si è rapidamente trasformata in affare di Stato. «L’espressione “guerra economica”, spesso usata a sproposito, qui mi pare appropriata» ha tuonato il ministro dell’Industria francese Eric Besson. Besson è già all’opera su un piano di rafforzamento degli obblighi di protezione delle informazioni per le aziende che beneficiano di fondi pubblici - evidentemente rivolto anche a Renault, in cui lo Stato francese è azionista al 15%.
I fatti sono «gravi» per Parigi, che avrebbe addirittura mobilitato i servizi di controspionaggio interno, la Dcri, chiedendo di «prendere la cosa sul serio» e aprire un’indagine segreta. In cui ci sarebbe già una pista privilegiata: quella cinese. «I sospetti vanno effettivamente in quella direzione», ha confermato il deputato di maggioranza Bernard Carayon, specialista di questioni di intelligence economica, che si è anche detto «sorpreso» del fatto che Renault non si sia rivolta subito alle agenzie governative.
Le informazioni sul presunto ruolo dei cinesi nella vicenda restano finora abbastanza vaghe, ma tanto è bastato a mettere in allarme il mondo economico d’Oltralpe, notoriamente restio ad aprirsi a grossi investitori esteri. Timori condivisi in altri paesi del Vecchio Continente, dove in questi giorni degli inviati di Pechino hanno occupato il centro della scena. Una delegazione guidata dal vice-premier Li Keqiang ha infatti già incontrato Zapatero e la Merkel e sta facendo rotta verso la Gran Bretagna. Obiettivo del viaggio, rafforzare i legami economici con tali paesi. E, si teme nelle capitali europee, sfruttare le difficoltà del Vecchio Continente per conquistare delle posizioni chiave. A cominciare dalla Spagna, vista la possibilità che Pechino acquisti titoli di debito sovrano di Madrid per sei miliardi di euro, come già avvenuto con Grecia e Portogallo.
L’attivismo finanziario di Pechino, del resto, ha conquistato il centro della ribalta in questi primi giorni dell’anno. A cominciare dalla tentata scalata di Xinmao all’olandese Draka, ritirata all’ultimo momento lasciando campo libero a Prysmian, passando per l’ipotesi di Opa del gigante automobilistico Beijing automotive sull’italiana Pininfarina, o per l’offerta di 5milioni di sterline del miliardario Lam Kin-bong per la portaerei britannica in dismissione Hms Invincibile.
Tanta intraprendenza non è sfuggita alla Commissione europea, e in particolare al vicepresidente e commissario all’Industria Antonio Tajani, che ha invitato i ventisette a «non essere ingenui» di fronte alle intenzioni degli investitori esterni. «Non si tratta di protezionismo, ma di dare garanzie alle imprese europee» ha tenuto a precisare, sottolineando l’importanza di «difendere la competitività dell’Europa» e il suo savoir faire tecnologico.