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 2011  gennaio 11 Martedì calendario

LINGOTTO E AUBURN HILLS ORA FATTURANO 65 MILIARDI: UNA RISTRUTTURAZIONE GLOBALE, PAGATA DA SETTE STATI

ROMA Costruire una forza globale da due debolezze nazionali. E’ questo il progetto industriale Fiat-Chrysler che Sergio Marchionne, amministratore delegato delle due società, sta costruendo dalla fine del 2008. Già perché risale alla fine del 2008 - dunque parecchi mesi prima che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama gli affidasse una Chrysler in bancarotta - la famosa intervista nella quale il manager col maglioncino disse che sarebbero sopravvisute alla crisi solo le poche aziende in grado di fabbricare almeno 6 milioni di automobili l’anno.
Per capire la portata, il fascino e i rischi del progetto di Marchionne bisogna partire da qui. E bisogna sapere che Fiat, da sola, sforna in Europa e in Sud America solo un po’ più di 2 milioni di auto e furgoni.
Dunque non è vero che Fiat ha salvato Chrysler. Anzi, secondo tutti gli osservatori, senza la genialata del Lingotto di tuffarsi nella Grande Crisi americana, oggi staremmo a chiederci a quale gruppo straniero dovremmo vendere Fiat, col seguito di migliaia di posti di lavoro italiani in bilico.
E’ vero, invece, che l’italiana Fiat e la statuitense Chrysler - assieme - hanno una sufficiente massa critica e una presenza globale (Asia esclusa) per battersela con i costruttori migliori: i tedeschi di Wolkswagen, gli americani di GM e Ford, i giapponesi di Toyota, i coreani della Hyundai cui bisognerà aggiungere, fra qualche anno, un gigante cinese.
Bastano poche cifre per delineare la portata del progetto marchioniano. Secondo le medie formulate dagli analisti, Fiat Spa (ovvero la società dell’auto separata dal 3 gennaio da Fiat Industrial che si occupa di camion e trattori) nel 2010 ha venduto 2,1 milioni di vetture raggiungendo un fatturato stimato di 35 miliardi di euro (i dati ufficiali arriveranno il 27 gennaio). Il fatturato Chrysler sarà più o meno sui 30 miliardi di euro con vendite di circa 1,5 milioni di vetture, oltre un milione delle quali piazzate negli Usa dove ha il 10% del mercato. Il giro d’affari complessivo del Lingotto e di Auburn Hills ammonta più o meno a 65 miliardi di euro cui si aggiungono i 20 miliardi di Fiat Industrial. Per avere un termine di paragone Volkswagen quest’anno supererà abbondantemente i 110 miliardi.
L’esplosione del proprio perimetro finanziario sta consentendo a Marchionne di rilanciare il know how industriale dell’accoppiata Fiat-Chrysler in tutto il pianeta. Lo schema d’azione è quello inaugurato negli Usa: il manager offre nuove fabbriche, gli Stati pagano. Il 7 febbraio dell’anno scorso - a pochi mesi dall’ingresso in Chrysler - Marchionne ha raggiunto una prima intesa col governo messicano. Ha ottenuto un prestito a basso tasso d’interesse di 500 milioni di euro per ristrutturare la fabbrica di Toluca e produrre 100 mila ”500”, quelle che in questi giorni si avviano a sbarcare nelle strade di New York e di Los Angeles. Lo stesso schema è stato ripetuto in Russia, Serbia, Brasile, Argentina, Polonia, Canada. Con gli Usa si tratta di sette Stati. Putin ad esempio ha versato oltre 2 miliardi per assemblare in Russia 600 mila vetture a marchio Jeep entro il 2016; quasi 1 miliardo ha pagato il Brasile per uno stabilimento da 200 mila vetture. Pioggia di finanziamenti europei per la fabbrica di Kragujevac in Serbia (dove per ogni assunzione Fiat riceverà 10 mila euro di premio). E così via. In America intanto Chrysler ha rilanciato una dozzina di stabilimenti fra i quali quello di Kokomo che - in accordo con i tedeschi della ZF - sarà il pià grande del mondo per le trasmissioni.
E’ in questo quadro che si colloca la ristrutturazione delle fabbriche italiane che prevede la chiusura entro la fine dell’anno di Termini Imerese e il rilancio dal 2012 degli altri quattro ”plant” auto.
Ed è in questo quadro che si colloca una delle incognite maggiori del progetto: i nuovi modelli - una cinquantina in tutto - messi in cantiere. Le Fiat-Chrysler piaceranno al sofisticato consumatore globale? La risposta è vicinissima. Nel 2012 si dovrebbero vendere nel mondo 80 milioni di vetture contro le 70 milioni del 2010. Vedremo presto se Marchionne, dopo governanti e operaidi mezzo mondo, convincerà anche i consumatori