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 2011  gennaio 11 Martedì calendario

MOLLO TUTTO, TORNO TRA UN ANNO" IL SABBATICO CONQUISTA GLI ANZIANI - CHIAMATELO

come volete, all´antica (anno sabbatico), all´inglese (gap year) o in stile manageriale (career break). O, romanticamente, Grand Tour, quel viaggio della vita al quale si dedicavano britannici e americani che – forse – non avrebbero dovuto rientrare al lavoro neppure una volta tornati in patria.

Eppure questa idea, malvista dalle aziende italiane fino all´altroieri, considerata eccentrica se non eccessiva dalla maggior parte delle associazioni industriali, sta riconquistando terreno e contagiando anche il nostro paese dopo essere diventata abitudine per inglesi, svedesi, olandesi.
La novità la fanno i giovani pensionati, ancora abbastanza giovani da averne voglia, liberi del loro tempo, pronti a sbarazzarsi di ogni senso di colpa ma anche a restituire qualcosa, magari dall´altra parte del mondo: due su dieci di loro viaggiano all´estero, lo 0,2 per cento lo fa per oltre tre mesi all´anno (fonte: Infotourist). Una legge del 2000 - la stessa che istituì i congedi per i neo papà - prevede che a chiedere un anno di pausa possa essere qualunque lavoratore dipendente con almeno cinque anni di anzianità. Peccato però che l´azienda possa rispondere di no. Ma sempre di meno: «Da noi tutte le ultime domande sono state accolte, e a fare la differenza è la serietà del progetto che ci viene sottoposto - dice Gianmaurizio Cazzarolli, responsabile delle Risorse Umane della Tetrapak di Modena, 700 dipendenti - Purtroppo non riusciamo ancora a incoraggiare questa pratica, ma diciamo che l´ostilità è scomparsa e si cominciano invece a cogliere le potenzialità di una pausa che serve al lavoratore ma poi può tornare anche alla società, sotto forma di idee, competenze, cultura». Accenture e Ibm, come Cisco, sono - anche loro - in testa alla classifica delle multinazionali presenti in Italia più "liberali" nel venire incontro al bisogno di cambiamento dei collaboratori.
Ma quando si è in pensione non si deve chiedere il permesso a nessuno, e si è liberi (anche prima di andarci) di sognare navigando su siti come Medici Senza Frontiere o Cisv, l´associazione di volontariato internazionale che ogni anno organizza decine di "missioni" in Africa e Sudamerica. Un medico ancora giovane - meglio se epidemiologo o igienista - può essere accolto a braccia aperte a 65 anni, un ingegnere è ricercatissimo per tutta la vita, come un agronomo o un geologo, e non mancano le proposte rivolte a geometri e architetti. Non c´è retribuzione, ma spesso viene offerta l´ospitalità, e i risparmi servono a collocare, prima o dopo l´impegno, un viaggio-vacanza ben meritato nella stessa zona del mondo. «Per me - racconta Luigi Malgoli, ingegnere idraulico in pensione da un anno dall´azienda pubblica della sua città - lavorare in Senegal è stata in assoluto l´esperienza più significativa in 45 anni di lavoro. Mi è cambiata la testa, mi sono liberato da una routine che era diventata faticosa, ho ritrovato energie e ho visto da una prospettiva opposta tutti i problemi che prima mi creavano ansia, dalla salute ai figli. La mia famiglia ha capito, mia moglie mi ha raggiunto alla fine del campo, dopo sei mesi, e insieme abbiamo viaggiato per altre otto settimane, continuando a dormire nei villaggi o sotto una tenda».
«Per i giovani, un anno di pausa tra la fine dell´università e l´inizio del lavoro ha il senso di una moratoria psico-sociale prima delle responsabilità della vita adulta - spiega la sociologa Chiara Saraceno - ed è un´usanza molto diffusa in tutti i paesi del nord-Europa. L´altro sabbatico radicato nella storia è quello dei professori universitari, che possono ottenerne uno per studiare e formarsi ogni dieci anni di lavoro».