MASSIMO CALANDRI, la Repubblica 9/1/2011, 9 gennaio 2011
UN POETA DI MARSIGLIA BEST SELLER PER CASO"
Marsiglia
mio padre era un poeta, dice Sébastien. E sul viso gli si dipinge un sorriso. Risale i vicoli screpolati del Vieux Port, si tuffa sotto un sole tiepido nell´arcobaleno di razze e di spezie. Era un poeta, ripete, scansando davanti al "Mezopotama" una lite tra gitani dai baffoni a manubrio, salutando in rue d´Aubagne una bimba senegalese che accudisce una tribù di fratellini, cedendo il passo a due donne in niqab, fermandosi a comprare qualche makroud - i dolci tunisini - nella stordente confusione della Place du Marché des Capucins. Jean-Claude Izzo era soprattutto un poeta. Qui a Marsiglia non poteva essere altrimenti, dice Sébastien. «Ma quando ha cominciato a scrivere quei romanzi, se n´era andato da tempo in un´altra città. Così mi teneva al telefono per ore, con mille domande piene di nostalgia. Voleva sapere che fine aveva fatto Hassan, il padrone del Bar des Marichers. Mi chiedeva di chi s´attardava nei bistrot del Panier, la notte. Che faccia avevano gli spazzini all´alba, se quell´odore acre - un misto di piscio, umidità e muffa - continuava a rimontare in rue des Pistoles. Ero felice di raccontargli le mie giornate da ragazzo. Lui restava in ascolto ed era come se lo vedessi, dall´altro capo del filo, con gli occhi lucidi per l´emozione».
Sébastien Izzo ha lo sguardo dolce, modi gentili e calmi. Dicono assomigli a Jean-Claude. Come lui preferisce ascoltare, guardarsi intorno. «Ma niente letteratura, non fa per me. Sono tecnico degli spettacoli: luci, musiche. Però ho fatto un sito internet». Dedicato a Jean-Claude Izzo, l´inventore del noir mediterraneo, l´autore cult della trilogia marsigliese (quasi un milione di copie vendute nella sola Francia, trentamila all´anno in Italia). «Mio padre era molto di più, cliccateci sopra. È morto giovane, a cinquantacinque anni. Ha avuto successo solo negli ultimi cinque anni di vita, con quei tre romanzi. Però è stato uno sceneggiatore geniale. Un giornalista coraggioso. E un vero poeta. Un marsigliese». Sì, un marsigliese. Un arcobaleno di razze e di spezie. Uno meticcio dentro. Figlio di Gennaro, salernitano di Castel San Giorgio emigrato adolescente, e di Isabelle Navarro, che era nata in rue des Pistoles da una famiglia di Valencia. Commesso di una libreria con un diploma da tornitore, attivista di Pax Christi, militare a Gibuti. Poi l´incontro con la mamma di Sébastien, Marie Helène Bastianelli.
«È sempre stato un tipo di poche parole. Voleva solo scrivere». La collaborazione con il quotidiano comunista La Marseillaise Dimanche, una raccolta di poesie e un testo teatrale per la liberazione di Angela Davis. Dal ‘72 e per due anni firma ogni giorno una pagina d´inchiesta sull´inferno dei cantieri di Fos, piattaforma delle nuove industrie siderurgiche: «Lo chiamavano l´Eldorado, la California provenzale. Lui raccontò per primo la verità. Sessantamila operai in condizioni disumane. Denunciò le morti, i soprusi, le violenze. I capitalisti del petrolio. Gli scioperi perché mancava l´acqua da bere. Un padrone che si rifiutò di fermare il cantiere, quando un disperato affogò nel cemento». Jacques Roger, che fu collega e migliore amico, compagno delle notti nel quartiere dell´Opera e fratello della ragazza che ispirò il personaggio di Lole la zingara, ricorda ancora le parole di Jean-Claude: «Scrivo della miseria che è davanti ai nostri occhi e che facciamo finta di non vedere. Scrivo perché il lettore si ribelli, e non c´è altro modo che emozionarlo, che farlo innamorare con la verità».
L´addio al giornale nel ‘79, l´addio alla moglie e a Marsiglia. Ancora poesie, sceneggiature, collaborazioni per alcune riviste. «Era un uomo modesto, semplice. Gli bastava lavorare con le parole, non chiedeva altro. Non cercava soldi o celebrità», continua Sébastien. Un giorno del ‘93 a Saint-Malo c´è da chiudere il numero di Gulliver. «Il direttore, Michel Le Bris, ha bisogno di un breve racconto. Prima che vada in stampa, lo legge anche Patrick Raynal. Che fa un salto sulla sedia e ordina a Le Bris: "Fagli subito firmare un contratto, lo mandiamo sulla Série Noire di Gallimard"». Quelle pagine scritte al volo sono ancora lì, nessuno le ha più toccate. Diventeranno il capitolo iniziale di Total Khéops, Casino Totale, il primo libro della trilogia con il poliziotto Fabio Montale e la Marsiglia di rue des Pistoles.
«Il successo nei primi due mesi lo ha cambiato. Accettava un´infinità di inviti, interviste, festival. Di solito chiamava a casa due volte al giorno, invece credevamo di averlo perso. Al terzo mese gli ho scritto: scendi sulla terra, ti stai facendo divorare dal sistema. Mi ha risposto la sera in cui l´ha ricevuta. Ed è tornato quello di sempre. Dolce, comprensivo, sereno, generoso. E distratto». Non pagava le bollette telefono. «Venivano regolarmente a tagliarci la linea, che disastro». Non pagava le tasse. «Si dimenticava. Solo tre volte nei suoi ultimi quindici anni. Alla fine abbiamo dovuto saldare un debito di quasi quarantamila euro. Era fatto così». «Il ricordo più bello? Una sera di primavera del ‘98. Non voleva più scrivere di Fabio Montale. E Laurence, la sua compagna, lo aveva lasciato. Viveva a La Ciotat. Mi ha telefonato: "Vieni qui". Ci siamo seduti in sala. Luci spente, una bottiglia di whisky. Musica jazz. Gli piaceva il jazz gitano. Non ci siamo detti una parola, ma è come se avessimo parlato tutta la notte. A un certo punto ho guardato l´orologio. Erano le sei e trenta del mattino. "Devo andare a lavorare, papà". Lui ha sorriso, mi ha fatto segno di sì con la testa. Era un uomo tranquillo, mio padre. Un poeta».