RENATO CAPRILE, la Repubblica 8/1/2011, 8 gennaio 2011
LA BATTAGLIA DI ALGERI CONTRO IL CAROVITA - E´ UNA RIVOLTA
di popolo. Di un popolo che non ha lavoro, che ha fame e non riesce più a fronteggiare il criminale aumento dei prezzi, tra il 20 e il 30 per cento, di pane, riso, olio, zucchero, latte. Pietre, cocci di bottiglia, bastoni e qualunque altro oggetto possa contundere, le povere armi di quest´ultima guerra del couscous. Come la Tunisia anche l´Algeria è in fiamme. Da est a ovest. Dalla capitale Algeri alle principali città, Orano, Tipaza, Djelfa, Ouargla, Blida, fino ad Annaba e Costantina. Perfino i bambini stanno scendendo in piazza. La misura è davvero colma. E, secondo la stampa locale, ci sarebbe anche un morto: un dimostrante di 18 anni, scrive il quotidiano El Watan nel suo sito online, sarebbe deceduto nel comune di Ain Hadjel, circa 200 km a sud est di Algeri, colpito da alcune pallottole.
Carovita, disoccupazione (oltre il 25 per cento) e scarsità di alloggi stanno diventando d´ora in ora una miscela esplosiva che il regime tenta di arginare con armi pesanti, cannoni ad acqua e gas lacrimogeni. Oltre alla vittima, i feriti sarebbero già centinaia, ma le fonti ufficiali per ora tacciono e il bilancio della "battaglia di Algeri" è dunque tutto ancora da scrivere.
Il venerdì di preghiera, nonostante gli appelli degli imam, non ha fermato la rivolta. All´uscita dalle moschee, i disordini sono ricominciati con una violenta battaglia tra polizia e manifestanti nel centro di Algeri, tra i quartieri di Belcourt e Ruisseau. Gli agenti hanno risposto con i lacrimogeni alla sassaiola dei giovani. A Ras El Oued, epicentro della protesta iniziata martedì, sono stati danneggiati edifici governativi come la sede del colosso energetico Sonelgaz, una banca e un ufficio postale. A Bordj El Kiffan, nella periferia est, è stato incendiato il deposito di una linea tramviaria in costruzione. Tutte le partite del campionato di calcio del fine settimana sono state rinviate per il timore di incidenti e per prevenire cortei, peraltro vietati dalle leggi di emergenza introdotte durante la guerra civile del 1992. Già nella notte c´erano stati scontri tra polizia e manifestanti in diversi quartieri della capitale, con lanci di bombe molotov, saccheggi e auto date alle fiamme. Una quarantina di giovani ha assaltato un ristorante e svuotato una gioielleria nella zona di El Biar. Il governo ha cercato di rassicurare la popolazione che gli aumenti di zucchero, grano e olio sono destinati a rientrare. Il ministro del Commercio, Mustapha Benbada, ha incontrato produttori e importatori e ha detto di aver trovato un accordo per frenare l´impennata dei prezzi. «Stiamo cominciando a controllare la crisi», ha assicurato, promettendo una soluzione «per l´inizio della prossima settimana». Un impegno arrivato forse fuori tempo massimo.
«Urliamo, bruciamo e spacchiamo tutto, perché è l´unico linguaggio che riescono a capire, non ne possiamo più di questa vita senza un domani» continuano a gridare i giovani capipopolo del quartiere di Bab el Oued, considerato il focolaio di tutti i moti del paese. «Non possiamo continuare a vivere sperando un giorno di riuscire a fuggire in Europa». E sono proprio le ultime generazioni - il 75 per cento degli algerini (circa 36 milioni) ha meno di trent´anni - i protagonisti di questa robustissima levata di scudi.
Sempre ad Algeri, nel quartiere popolare di Belouizdad, ieri pomeriggio gruppi di ragazzi hanno attaccato la polizia in tenuta anti sommossa con pietre, petardi e bottiglie di vetro. Le forze dell´ordine hanno risposto in maniera sproporzionata. Il ministro della Gioventù, Hachemi Djiar invita i giovani manifestanti a «dialogare in modo pacifico perché la violenza non ha mai prodotto alcun risultato», il regime corre ai ripari e arresta l´ex capo del movimento islamico fuorilegge Fis, Ali Benhadj, che avrebbe cercato di cavalcare la protesta come avvenne nelle rivolte popolari dell´ottobre 1988. Graziato dal presidente Abdelaziz Bouteflika, Benhadj aveva il divieto di rilasciare dichiarazioni politiche e partecipare a manifestazioni pubbliche.
Brutto, pessimo clima dunque. In Algeria come un po´ in tutto il Maghreb dove la democrazia scarseggia quasi più del pane e basta un brano dal testo critico verso il governo, «Presidente il tuo popolo ha fame», di un rapper tunisino, Hamada Ben-Amor, 22 anni, perché il suo autore finisca in manette. Difficile credere che tutto finisca nel giro di un giorno o due grazie a un po´ di promesse, soprattutto se l´onda lunga della protesta, com´è presumibile, raggiungerà anche il Marocco. Da evitare, quindi, almeno per il momento, come raccomanda la Farnesina un viaggio in questa parte del nord Africa.