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 2011  gennaio 11 Martedì calendario

MALIKA AYANE:ODIAVO I LUNAPOP (MA AVEVO CREMONINI NEL DESTINO) — È

difficile vederla con le sopracciglia aggrottate, eppure c’è una cosa che ha il potere di irritarla: «Quella canzone la odio» . Il fatto è che quella canzone («Perfetta» ) è sua, e siccome è diventata la colonna sonora dello spot dei surgelati «Orogel» , spesso è pure «costretta» ad ascoltarla senza volerlo. «In concerto mi chiedono spesso di farla, ma io mi rifiuto. È stato il primo testo tradotto dall’inglese all’italiano e registrarlo è stato un incubo» . A parte questo, Malika Ayane, 26 anni, resta un’inguaribile ottimista con uno spiccato senso pratico per la vita. Ad esempio, potrebbe definitivamente buttare dalla torre il brano indigesto e rinunciare ai vantaggi economici provenienti dal jingle: «E perché mai? Innanzi tutto le canzoni sono di tutti, inoltre mi sembrerebbe davvero stupido perdere dei soldi che si possono guadagnare c o n i l minimo sforzo» . Per la verità nel passato di Malika (che in arabo significa regina) c’erano anche altri brani che non sopportava, quelli dei Lùnapop. Poi, come solo al destino riescono certi giochi, lei si è andata a innamorare proprio di quella «voce» . «Io sentivo Janis Joplin, Jimi Hendrix, i Radiohead, figuriamoci se mi potevano piacere i Lùnapop!» . Però poi le è piaciuto Cesare Cremonini: «E sono contenta perché oggi abbiamo un bel rapporto» . Ma in fondo, da quel Cesare lì, inconsciamente era attratta anche quando lo detestava. «Andò più o meno così: avevo 16 anni e avevo perso la testa per Lorenzo, un saltimbanco che avevo incontrato nel Cilento. Ero pazza di lui e quell’estate le radio trasmettevano continuamente il brano "Qualcosa di grande". Con quella canzone nelle orecchie sognavo e non mi ero resa conto che quel sottofondo musicale era dei Lùnapop...» . Questo accadeva nel 2000 e per Malika Ayane qualche sogno si è avverato. E anche nel giro di poco tempo: in meno di tre anni ha partecipato a due Sanremo, ha pubblicato altrettanti album, la sua voce ha accompagnato le immagini di tre film e col tour teatrale appena concluso ha registrato ovunque il tutto esaurito mettendo insieme circa 15.000 spettatori. Che, sommati a quelli delle date estive, sono arrivati grosso modo a quota 40.000. Non c’era nulla di tutto ciò nelle giornate di quella ragazzina che nel ’ 95 studiava violoncello al conservatorio «Giuseppe Verdi» di Milano e cantava nel coro di voci bianche della Scala. «Quel teatro era un villaggio, una fabbrica dei sogni. Da quando lo hanno ristrutturato non lo riconosco più, ora mi sembra un ospedale» , ricorda l’artista scoperta da Caterina Caselli. Quando frequentava la Scala non era ancora apparso lo spettro dei tagli economici voluti dal ministro Bondi che oggi agitano i lavoratori dello spettacolo. Non fa nulla, i tempi sono diversi, ma la sua idea della vita in positivo non cambia: «Capisco la preoccupazione causata dalla riduzione dei budget, però mi dico anche che facciamo un mestiere bellissimo e che in fondo bisognerebbe lamentarsi un po’ di meno. E magari si potrebbero ridurre i costi dei teatri evitando di pagare certi cachet esagerati» . Non piacciono gli sprechi a questa cantante soul nata a Milano da un papà marocchino e da una mamma italiana. E allora una bacchettata se la prendono anche quelli della tv: «Ma perché bisogna dare tanti soldi ai cosiddetti ospiti?». Se fosse per lei, i programmi televisivi potrebbero tranquillamente andare in letargo per sempre: «Il televisore a casa c’è, ma non è collegato a nessuna antenna, lo utilizzo come schermo per vedere i dvd insieme con mia figlia Mia» . Che ha cinque anni e che forse non è ancora del tutto consapevole di che mamma severa le è capitata in sorte: «Con lei divento nazista. Guai se volesse andare ad una di quelle trasmissioni tipo "Ti lascio una canzone"o "Io canto". Non ci penserei su due volte, la manderei in collegio» . Una «rigidità» che non t’aspetti da una che da adolescente ha fatto la giocoliera, la barista, l’artista di strada e chissà quanti altri lavori occasionali. «Probabilmente sono diventata così perché ho avuto dei genitori fricchettoni» , ragiona Malika che si descrive «trasgressiva nel voler essere tradizionale» . Come «tradizionale» è stata la sua crescita professionale: «Ho fatto tutto con grande calma. Sono stati anni caotici, ma molto misurati. Se avessi pubblicato un disco a 18 anni mi sarei bruciata» . Sarà anche per questo suo gusto per la lentezza che a Malika non piacciono tanto i talent show: «Poveri ragazzi che partecipano a quei programmi. Primo perché vengono istigati alla rivalità, secondo perché, una volta diventati famosi, prendi Karima o Marco Carta, comunque si portano dietro un pubblico televisivo che fanno fatica a scrollarsi di dosso». Invece il pubblico che segue Malika ha imparato a conoscerla soprattutto attraverso i suoi brani che sanno perlopiù di sentimenti e malinconia. E per carità non parlatele di testi impegnati: «Non ne sento proprio la necessità. E poi, se c’è gente che muore di fame, meglio fare qualcosa che scrivere una canzone. O no?» . D’altronde, la sua voglia di concretezza se la porta sempre dietro. Sul braccio si è fatta tatuare Corto Maltese con tanto di fumetto nel quale è incisa la frase: «Di questo sogno tu sei l’unica cosa concreta che mi resta» . Chissà qual è «l’unica cosa concreta» per una sognatrice come la regina Ayane.
Pasquale Elia