FABIO POZZO, La Stampa 11/1/2011, pagina 20, 11 gennaio 2011
Anche la Difesa fa i saldi: in vendita un’isola e 9 fari - Isola di San Paolo, arcipelago delle Cheradi, sud-ovest la darsena del Mar Grande di Taranto, ampia 5 ettari, con un forte voluto da Napoleone Bonaparte alla fine del Settecento oggi in degrado: vendesi
Anche la Difesa fa i saldi: in vendita un’isola e 9 fari - Isola di San Paolo, arcipelago delle Cheradi, sud-ovest la darsena del Mar Grande di Taranto, ampia 5 ettari, con un forte voluto da Napoleone Bonaparte alla fine del Settecento oggi in degrado: vendesi. E ancora, i fari di Capo Rizzuto (Crotone), di Capo Trionto a Rossano (Cosenza), della Guardia sull’isola di Ponza. E poi caserme (solo a Roma la Gandin, la Medici, la Ruffo, la Piccinini, l’ex Forte Trionfale e un pezzo del Forte Boccea), parte dell’Arsenale di Venezia, l’ex carcere militare di Palermo, il Castello Svevo di Brindisi: vendesi, vendesi. Sono 61, in tutto, i beni (tra i quali 9 fari) del ministero della Difesa che, secondo la Gazzetta Ufficiale pubblicata ieri, diranno presto «addio alle armi» e passeranno in capo agli enti locali per essere «valorizzati», anche sotto il profilo turistico-alberghiero. Si tratta di una ulteriore tranche: non sono i primi a smettere le «stellette», tali dismissioni infatti sono in atto da diversi anni (già dalla legge finanziaria del 1997). E non saranno gli ultimi. Ma che fine faranno fari e caserme? «Oggi sono diversi i sistemi di valorizzazione dei beni dismessi dal ministero della Difesa» spiega Nicolò Carnimeo, docente di Diritto della Navigazione all’Università di Bari. «Vi sono possibilità articolate che vanno dalla alienazione, permuta, valorizzazione e gestione dei beni con il contributo dei privati. Gli immobili sono generalmente trasferiti dalla Difesa all’Agenzia del Demanio che promuove protocolli d’intesa e accordi di programma con gli enti locali. In questo modo alcuni di questi beni possono essere dati in locazione ultradecennale o anche essere messi in vendita». Tiene alta la guardia Legambiente. «È il solito problema: c’è il rischio di scambiare la valorizzazione con la svendita» dice il vicepresidente Sebastiano Venneri. «Se questi beni finiscono agli enti locali, e sull’onda del federalismo spinto magari a piccoli Comuni, che hanno le casse vuote, il rischio della svendita al peggior offerente è altissimo. Dove potrebbero trovare diversamente i sindaci il denaro per valorizzare davvero questo patrimonio? Solo lo Stato può farlo». Venneri insiste. «Noi non siamo contrari alla gestione privata, intendiamoci. Un faro può essere benissimo ceduto in gestione, per essere utilizzato come resort o bed&breakfast, previa recupero della struttura. Ma tutto ciò è auspicabile che avvenga sotto il controllo dello Stato. Anzi, possibilmente anche sotto la proprietà di quest’ultimo. Ricordiamoci che il patrimonio italiano deve la sua bellezza anche al fatto che è un patrimonio comune e indiviso.