MARCO ANSALDO, La Stampa 11/1/2011, pagina 1, 11 gennaio 2011
SE IL CALCIO PERDE LE COORDINATE
Il calcio è uno sport e nello sport il giudizio lo danno i risultati. Questa regola consolidata è stata stravolta. È stato eletto come miglior calciatore dell’anno uno che nelle competizioni che contano non ha vinto niente: Lionel Messi. Il vecchio Pallone d’Oro, che adesso si chiama Fifa Ballon d’Or ma è quasi la stessa cosa, è stato assegnato all’argentino tascabile che ha prevalso su due suoi compagni di club, Iniesta e Xavi, decisivi nel portare per la prima volta la Spagna alla vittoria in un Mondiale. Qualcuno parla di scandalo e forse non lo è perché Messi è un fenomeno straordinario, un concentrato di qualità incantevoli. Ma il calcio, abituato a scelte codificate, si chiede da dove sia piovuta questa preferenza se l’Argentina e il suo campione hanno fallito malamente in Coppa del Mondo e se il Barcellona si è fermato alla semifinale di Champions League, eliminato dall’Inter che non ha avuto nessun rappresentante tra i primi tre classificati. Insomma da cosa si è capito che Messi è stato il più bravo di tutti nel 2010? Sono saltate le marcature e i punti di riferimento. Non è la prima volta. Nel 1994, altra stagione del Mondiale, vinse un perdente, il bulgaro Hristo Stoichov, pure lui del Barcellona. Battè Roberto Baggio, condannato dal rigore sparato in cielo nella finale con il Brasile, e Paolo Maldini, sacrificato perché era un terzino e i difensori non colpirebbero la fantasia dei giurati neppure se si presentassero a X-Factor.
Quattro anni fa Cannavaro, per cancellare il pregiudizio che aveva penalizzato campioni come Zoff o Baresi, dovette conquistare il titolo a Berlino. Nel ‘94 tuttavia si potevano votare soltanto i calciatori nati in Europa (quindi non i brasiliani campioni del mondo) e Stoichkov che aveva trascinato al terzo posto una Nazionale derelitta, aveva un suo perché. Questo invece sa di salto nel buio. Se passa il principio per cui il migliore è chi «sembra» il migliore e non chi conforta la propria bravura con dati oggettivi il risultato è di consegnarsi all’apparenza, al giudizio soggettivo, a quello che trasmette la tv. Questo premio strombazzatissimo ha sempre avuto il difetto dell’universalità. Non votano soltanto quelli che hanno una reale competenza e conoscenza ma chi occupa un ruolo. Nella nuova versione lo fanno un centinaio di giornalisti più circa duecento commissari tecnici e altrettanti capitani di tutte le Nazioni affiliate alla Fifa. Potete immaginare cosa ne sanno nelle Isole Vanuatu, nel Tagikistan o in tanti eccentrici Paesi coinvolti nel carrozzone di Sepp Blatter, il presidente della Fifa: eppure ciascuno di loro esprime due preferenze come un tedesco o un brasiliano. Laggiù, quando va bene, arrivano gli highlights delle azioni e dei gol di Messi mica le geniali intuizioni di Xavi, il miglior centrocampista degli ultimi tre anni, o i colpi di Iniesta, l’autore del gol nella finale di Johannesburg. Si vota l’icona e oggi Messi è l’icona più diffusa. Siamo curiosi di vedere come lo accoglieranno gli altri due nello spogliatoio del Barcellona: Iniesta ha lasciato Zurigo scuro in volto, Xavi ha abbozzato ma non troppo. Magari si romperà un’amicizia e esploderà la compattezza del Barça. Ci viene il dubbio che anche qui ci sia lo zampino di Mourinho.