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 2011  gennaio 11 Martedì calendario

IL GIORNALE È ROBA TUA, MI DISSE IL CAV


In vacanza a Cortina parla di Silvio Berlusconi, delle escort al Quirinale, dei corazzieri nei film di Boldi e De Sica. Poi Il Giornale lo attacca. E lui, Vittorio Feltri, sta sempre in prima pagina, anche durante la sospensione di tre mesi inflittagli dall’Ordine dei giornalisti. Un volpone mediatico? Feltri minimizza.

Ma ironizza sull’accoppiata Sallusti-Santanchè, «perché sono una coppia, non so se sono un’accoppiata», ricorda di quando «ho regalato una Maserati, e anche altre cose, a Sallusti (attuale direttore del Giornale, ndr)», liquida Mario Giordano, che lo punzecchia negli editoriali sul Giornale, come «uno sciocchino», svela gustosi retroscena sul suo addio al Giornale («Silvio Berlusconi mi disse di fare quello che volevo, di considerare Il Giornale roba mia») e racconta cosa farà per non stancarsi troppo presto di Libero, dove è sbarcato come direttore editoriale e socio al 10% dallo scorso 21 dicembre: «Voglio divertirmi sul web, sviluppare il sito di Libero con video-interventi, dibattiti, scontri, e due ore in chat alla settimana».

Domanda. Si dice che lei sia un gran furbacchione: ha fatto le dichiarazioni di Cortina e Sallusti ha abboccato. E se qualcuno ancora non sapeva che si era trasferito dal Giornale a Libero, ora lo sanno anche i sassi...

Risposta.

Mi fa piacere che qualcuno mi attribuisca tanta sagacia. In realtà a Cortina ho detto le cose che avevo ripetuto nel 2010, nel 2009, e che avevo anche scritto sul Giornale a commento del caso Ruby. Nulla di nuovo, insomma. Mi sono sorpreso della reazione di Sallusti, e anche arrabbiato. E comunque che io mi fossi trasferito se ne erano già accorti sia al Giornale sia a Libero. Non c’era bisogno di questo supplemento di casino.

D. In realtà lei non ha mai amato molto Silvio Berlusconi...

R. Io non sono un passionale. Però sono sempre stato dalla parte di Berlusconi per motivi razionali: non c’è una alternativa a Berlusconi. E spero che lui sia il candidato premier del centro-destra anche alle prossime elezioni. Ripeto, a Cortina ho detto cose sulle quali concorda lo stesso Berlusconi. Lui non vuole andare al Quirinale, agli arresti domiciliari in quel ruolo. Poi ho fatto le mie battute sulle escort e i corazzieri che le rincorrono.

D. E Tremonti?

R. Non trascuro Tremonti, Maroni, la Gelmini. Mi piacciono molto come ministri. Tremonti è bravo. Come ministro dell’economia non lo cambierei con nessuno. Ma il prossimo premier sarà ancora Berlusconi.

D. Allora è amore...

R. No, ho fiducia ma in modo distaccato. Non è un atto di fede. Non sono mai stato innamorato di Berlusconi.

D. Un giorno spiegherà i veri motivi per cui ha lasciato Il Giornale...

R. Presto detto: mi divertiva tornare a Libero, quotidiano che avevo fondato. E farlo insieme con Belpietro. Mi hanno sospeso dall’Ordine, non posso scrivere, e così mi togli il 70% del lavoro. Mi stufavo.

D. Beh, ma neanche a Libero potrà scrivere fino a marzo. E poi da almeno dieci anni lei fa più il manager che il giornalista, non scherziamo...

R. È vero anche questo. Però al Giornale le attività manageriali erano ridotte ai minimi termini. Ho valutato l’offerta di Libero, mi è sembrata vantaggiosa, e me ne sono andato. Ma senza polemiche con Sallusti, la Santanchè e tutto quel giro lì, di cui non me ne importa nulla.

D. Crede che l’accoppiata Sallusti-Santanchè sia adatta a reggere le sorti del Giornale?

R. Sallusti e la Santanchè sono una coppia. Non so se sono un’accoppiata. Daniela porta la pubblicità, ma non scrive editoriali. Poi se Sallusti e la Santanchè parlano di politica a casa loro, alla sera, io questo non lo so. Comunque credo che Sallusti abbia le capacità tecniche per fare bene Il Giornale. Però non deve distrarsi, non deve pensare a me e a come rompermi i maroni.

D. Effetto Feltri sui giornali. Come vanno le vendite di Libero?

R. Io parlo solo di edicola, che dà il polso di un giornale. Vendite a pacchetto, panini, abbonamenti non li guardo. Ebbene, Libero in gennaio viaggia a 15 mila copie in più in edicola rispetto al gennaio del 2010. In dicembre, anche se io sono arrivato operativamente il giorno 22, la media del mese è a +5 mila copie sul dicembre 2010. Tutto ciò senza che io possa scrivere.

D. Ma le copie le sta portando via al Giornale?

R. Io sono contento se Libero cresce senza portare via copie al Giornale. Per ora prevale il fenomeno delle doppie letture.

D. L’effetto Feltri quanto vale?

R. Boh. So solo che nel 2009, quando siamo andati al Giornale, dopo pochi giorni le vendite sono cresciute di 30-40 mila copie. Forse sarà stato merito di Sallusti. Quanto ai numeri degli editori, al Giornale dicono di vendere 183 mila copie medie, ma in edicola sono 145-150 mila. A Libero, in edicola, erano 65-67 mila, ora sono salite a 82-83 mila, con picchi vicini alle 100 mila copie per qualche evento speciale. Per esempio, in dicembre, quando Berlusconi ha avuto la fiducia alla camera.

D. Lei si diverte quando i suoi giornali crescono. Poi, appena iniziano a stabilizzarsi, si annoia e se ne va. Quanti mesi resisterà a Libero?

R. Spero molti, anche perché la mia grande sfida è divertirmi a fare il quotidiano su internet.

D. Il giornalista vecchio stampo che scrive ancora con la Olivetti Lettera 32 e che fonda un grande quotidiano sul web?

R. Sì, è la mia sfida. Creare una gamba tecnologica da affiancare a quella cartacea. Per consentire alla impresa editoriale di avere un futuro.

D. Ma non avrebbe voglia di fondare un quotidiano online nuovo di zecca, e non l’edizione sul web legata a Libero?

R. Mi sono reso conto che i giornali cartacei vendono certamente di meno, ma sono ancora alla base di tutta l’informazione, anche di quella televisiva. La carta, quindi, resta fondamentale, ti fa stare sotto i riflettori. Il web, invece, ti porta a una marea di contatti importanti non solo per la pubblicità, ma pure per l’interazione col cartaceo. Per esempio, sabato abbiamo messo online sul sito di Libero una mia intervista sull’attacco del Giornale, e gli accessi sono aumentati parecchio. Poi c’è stata una ripresa cartacea su Libero alla domenica. Adesso voglio pubblicare su internet tutti gli indirizzi dei negozi in cui ci sono i saldi, segnalando sul cartaceo il rinvio al sito.

D. Altre idee multimediali?

R. Beh, sul sito intendo pubblicare dibattiti, scontri. Dedicherò un paio di ore alla settimana alla chat, mettendomi a disposizione e rispondendo. Provo a fare cose nuove, che mi possano divertire e fare sentire vivo.

D. Torniamo all’attacco di Sallusti. Come mai lei, che è dichiaratamente ateo, ha sempre amato circondarsi di simpatizzanti ciellini, come, appunto, Alessandro Sallusti e Renato Farina?

R. I giornali non devono essere monocordi. Non mi scandalizzano le idee degli altri, anzi. E mi piace, magari, fare io da contraltare. Io cerco di creare i giornali così come li vorrei leggere. Poi, a volte, il giochino non riesce. Nel senso che chiedo a un collega una frittatina, e invece mi porta un uovo sodo.

D. Torniamo a Cl e Sallusti...

R. Non mi sono mai posto il problema di Cl. Mi sono portato Sallusti al QN, poi alla fondazione di Libero. Lui, però, si è spaventato ed è scappato a Panorama a fare il vicedirettore. Quindi, dopo sette mesi, mi ha detto di voler tornare, e io l’ho ripreso molto volentieri. Poi si è rotto di Libero...

D. Beh, qui ci sono versioni contrastanti. Sallusti dice che Libero aveva superato quota 100 mila copie, gli Angelucci si erano messi sul serio a fare gli editori, erano iniziate le telefonate, le pressioni, e, a un certo momento, Sallusti non piaceva più...

R. Mah, può essere, non so se gli Angelucci non lo gradissero più. So solo che dopo pochi mesi Sallusti tornò con noi e nessuno ebbe nulla da ridire. Ci fu in effetti, successivamente, qualche problema sul suo rinnovo del contratto. Ma poi ci arrivò l’offerta del Giornale, e quindi...

D. Lei, in passato, ha regalato una Maserati a Sallusti. Complimenti, poi non vada in giro a dire che non è ricco...

R. Una Maserati e anche altre cose. Ma passo per essere un tirchio. Ho fatto a lui e ad altri colleghi più di un regalo, e pagando sempre di tasca mia.

D. Perché nella sintesi cartacea fatta su Libero del suo intervento a Cortina non ci sono i passaggi più scottanti, quelli sulle escort al Quirinale e su Tremonti successore di Berlusconi?

R. In incontri come quello di Cortina io faccio anche del cabaret, delle battute. Se uno ascolta tutto quello che ho detto, non c’è nulla contro Berlusconi, anzi. Nella sintesi cartacea era difficile trascrivere lo spirito con cui erano state dette quelle battute. C’erano ammiccamenti, erano frasi buttate lì. Ripeto, avevo già preso garbatamente in giro Berlusconi proprio sul Giornale per la vicenda della marocchina Ruby (il 30 ottobre 2010 Feltri firma in prima pagina un editoriale dal titolo «Ma adesso il premier giochi a porte chiuse», in cui dice al presidente del consiglio: «Eviti assembramenti in camera da letto e pure in salotto... La D’Addario ha fatto scuola. Oggi una escort che si rispetti non va a un appuntamento con un uomo importante sprovvista di telefonino con telecamerina incorporata...», ndr), e a Cortina non ho detto niente di nuovo. Però le racconto un segreto...

D. Cioè?

R. Berlusconi ha guardato il video del mio intervento a Cortina, e si è divertito. La cosa brutta, quindi, è che i lettori di centrodestra vedono Feltri e Sallusti che litigano e non capiscono, sono infastiditi.

D. Perché non ha rapporti strettissimi con Berlusconi?

R. Perché con me è sempre stato un editore ideale, non mi ha mai rotto le scatole né nel periodo ’94-97, né in questa ultima direzione. Ho dovuto andare da lui per presentargli Sallusti, perché Berlusconi non lo conosceva, sbagliava pure il cognome. Poi abbiamo notificato la nomina di Sallusti a direttore, nella visita ad Arcore di fine settembre. Successivamente io sono tornato da Berlusconi, per i fatti miei.

D. E cosa vi siete detti?

R. Lui mi ha detto che Paolo Berlusconi, suo fratello, era contento del mio lavoro: «Quindi, caro Feltri, faccia quello che vuole, consideri Il Giornale come fosse roba sua».

D. E lei se ne va. Ingrato...

R. Le ho già spiegato i motivi. Quando ho deciso di mollare, non l’ho neanche detto a Berlusconi. Ne ho parlato a Ermolli, uno dei suoi consiglieri più ascoltati. Ermolli mi ha assicurato che avrebbe fatto da intermediario per garantirmi alcune cose che avrebbero potuto indurmi a restare. Loro hanno fatto di tutto per trattenermi. Ma io volevo andarmene e stop.

D. Ora anche Mario Giordano, un’altra sua creatura giornalistica, ha iniziato a punzecchiarla sul Giornale...

R. Giordano lo considero solo uno sciocchino.

D. Perché a poche ore dall’uscita dal Giornale ha detto, in conferenza stampa: «Il Giornale mi sta già sui coglioni»?

R. Ho ripreso una battuta da un film di Renato Pozzetto. Da ricco diventava povero e diceva: «Sono povero da mezz’ora e i ricchi mi stanno già sui coglioni». Cosa devo dire? Io sono sul mercato, faccio quello che sta facendo Leonardo all’Inter.

D. Però lei fa tante battute. A volte, per qualcuno, pure troppe. Di Belpietro, per esempio, ha detto, in passato: «È bravo, ma è talmente un secondo che arriva secondo anche se corre da solo».

R. Ho anche detto che è il numero 1 dei numeri 2. Sono battute che sparo al momento, e di cui mi pento cinque minuti dopo. Ora non lo direi più. Sono cose che non penso, e che dico solo per il piacere di fare battute. È un mio difetto. Sallusti, però, lo stimo, e su di lui non ho mai fatto battute.

D. Sallusti attacca Feltri, un po’ come Feltri ha attaccato il suo maestro, Indro Montanelli?

R. Io, però, Montanelli l’ho attaccato quando ero a Libero. Era il 2001, c’era la campagna elettorale, e Montanelli, da Santoro, aveva detto che Berlusconi era un manganellatore, e giù insulti. Lui non poteva attaccare così uno che gli aveva pagato lo stipendio per 17 anni.

D. Il Riformista esce dal controllo degli Angelucci. È un suo consiglio, o cosa?

R. Ho sempre detto che Il Riformista non serviva a niente, che era solo un debito. Ma gli Angelucci l’hanno preso lo stesso, quando io ero già a Libero. È un giornale che non aveva senso, come la parola Riformista. In Italia tutti i guai sono arrivati proprio dalle riforme, che hanno peggiorato sempre la situazione. All’epoca, comunque, gli Angelucci non mi ascoltarono. Mi chiesero un parere anche sull’Unità, che volevano acquistare. Io gli dissi che come operazione editoriale non valeva nulla, che era infelice. Ma che se serviva al gruppo per altre questioni, che facessero pure. Non l’hanno comprata.