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 2011  gennaio 11 Martedì calendario

L’imputato resta in cella col copia-incolla del nome sbagliato- Si chiama «copia e incol­la », ed è una funzione assai usata sui computer di tutto il mondo

L’imputato resta in cella col copia-incolla del nome sbagliato- Si chiama «copia e incol­la », ed è una funzione assai usata sui computer di tutto il mondo. Si prende un brano da un testo e lo si infila in un attimo in un altro te­sto. Fa risparmiare un sacco di tempo. Ma quando a usare il «co­pia e incolla» sono i giudici, qual­che problema si pone: perché il co­dice non lo prevede, e perché ogni imputato avrebbe diritto a es­sere valutato con cura, volta per volta e caso per caso. Eppure è grazie alla pratica del «copia e incolla» che a Milano può accadere che un imputato venga tenuto in galera con le moti­vazioni di un altro. Può accadere che i pubblici ministeri, di fronte ad una richiesta di scarcerazione, si limitino a copiare-e-incollare il parere già espresso per un altro detenuto, senza neanche ricor­darsi di cambiare il nome. E, anco­ra più singolarmente, può accade­re che il giudice accolga il parere come se niente fosse, senza accor­gersi che riguarda un altro imputa­to. In carcere da tre mesi, festività comprese, per un reato (la turbati­va d’asta) che la legge punisce con una pena esigua: talmente esi­gua da rendere praticamente cer­to che, in caso di condanna, ci sa­rà la sospensione condizionale della pena. Era bastato questo, fi­nora, a fare di Giovani Valdes, ex sindaco ciellino di un paese tra Mi­lano e Pavia, e del bancario Alfre­do Introini, i protagonisti di un «caso» giudiziario che sollevava alcune perplessità: rafforzate da episodi sconcertanti, come quel­l­o degli atti del ricorso in Cassazio­ne dei loro legali «dimenticati» a Milano per un mese senza venire trasmessi a Roma. Ma il giorno della Befana, dal carcere di Voghe­ra, Valdes prende carta e penna e scrive ai giornali locali: raccontan­do la storia del «copia-e-incolla» che lo tiene in galera. «Come ci comporteremmo- domanda Val­des - se un dottore cui chiedessi­mo lumi su una nostra grave ma­­lattia, ci rispondesse con quattro righe standard, che usa anche per altri pazienti, e che, a testimonian­za della superficialità avuta, non riportano il nostro nome ma quel­lo di un altro?». Domanda legittima. Eppure ec­coli, i documenti di cui parla il de­tenuto. Il 24 dicembre il difensore di Valdes, Mario Brusa, chiede al gip Andrea Ghinetti la scarcera­zione del suo assistito. Lo stesso giorno il pubblico ministero Pao­lo Storari, braccio destro del pro­curatore aggiunto Ilda Boccassi­ni, scrive: «Parere sulla istanza di revoca/modifica avanzata dalla difesa di Valdes. Allo stato si espri­me parere contrario per i seguenti motivi: si tratta della terza istanza avanzata da Introini (...) Introini dopo pochi mesi dall’aver ricoper­to la carica di sindaco si è subito messo a disposizione», eccetera eccetera. Il maldestro «copia-e-in­colla » è vistoso, ma il giudice Ghi­netti non fa una piega. E tre giorni dopo, «visto il parere negativo del pm», respinge l’istanza.