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 2011  gennaio 10 Lunedì calendario

Andrea Sceresini, Maria Elena Scandaliato, Nicola Palma, Il Signor Billionaire,

Notizie tratte da: Andrea Sceresini, Maria Elena Scandaliato, Nicola Palma, Il Signor Billionaire, Aliberti Editore 2010, pp. 365, 17 euro.

Rif. Biblioteca
Rif. Libro in gocce 1405844

Tribüla. Nasce a Verzuolo (Cuneo), il 12 aprile 1950. Figlio di Giacomo Briatore e Caterina Chiotti, entrambi maestri elementari (il primo vantava il titolo di cavaliere del lavoro - «Un uomo tutto d’un pezzo», ricordano ancora in quel di Verzuolo). Due fratelli gemelli, Valter e Maria Rita, rispettivamente agricoltore e insegnante (al Billionaire Valter non è mai voluto andare: «Meglio la vigna», dichiarò intervistato da “Vanity Fair”). Soprannominato
“Tribüla” (dal dialetto tribülare, “penare, dibattersi”).

Diploma. Non ha mai nascosto di non essere stato un secchione. Bocciato due volte all’istituto per geometri, per farlo diplomare il padre lo iscrive a un istituto privato (titolo della tesina di fine corso, Progetto di costruzione di una stalla). Il giorno degli orali si fa prestare da un amico più basso di lui di venti centimetri pantaloni e giacca, e con la commissione recita la parte dello studente-lavoratore (si diploma, col minimo dei voti).

Libri. «I libri? Non mi interessano, non leggo mai nulla» (Flavio Briatore).

Lavoro. Nel 1969 l’amico Giovanni Chiarva gli fa trovare il primo vero lavoro: assicuratore per la Ras. Dopo un anno preferisce aprire un ristorante, a Roburent, nel cuneese, dove seduce una madre di famiglia, moglie di un ricco industriale, Giuliana Toni (scandalo non da poco nella provincia di quegli anni). Invece il ristorante chiude per fallimento. La fortuna nel 1972, quando viene messa in vendita una palazzina proprio di fronte al ristorante. Briatore fa da mediatore e riesce a farla acquistare a Fulvio Massabò, imprenditore di Imperia. Il contatto è prezioso, Briatore lo convince ad aprire un ufficio con il telex a Cuneo per giocare in borsa. Per lui è l’occasione per trasferirsi in città e, al seguito di Massabò, per cominciare a frequentare Milano e introdursi negli ambienti di Piazza Affari.

Attilio Dutto. Classe 1930, a Cuneo ha fatto i soldi (tanti), partendo proprio da niente. Quinta elementare, da muratore diventa imprenditore edile (sono i tempi della speculazione edilizia in Sardegna e in Costa azzurra). Nel ’67 fonda la SFIDA, Società finanziaria italiana Dutto Attilio. Briatore seduce anche lui, finisce per diventare il suo factotum. Un grande difetto, il gioco d’azzardo. Di gente come lui (come accerteranno i processi), approfitta la mafia che deve ripulire i soldi. Uno su tutti, Nitto Santapaola, detto “il licantropo” (quello condannato per l’omicidio del giornalista Giuseppe Fava e di Nando Dalla Chiesa). In pratica, per conto di Santapaola, altri facevano i porteur (procacciatori di clienti, ricchi imprenditori col vizio del gioco da portare in giro per il mondo per casinò, in cambio di una quota fissa o di una percentuale sulle perdite). Non è mai stato accertato se per conto della mafia, ma anche Briatore faceva il porteur nel periodo in cui frequentava Dutto (lo farà fino alla metà degli anni Ottanta), e di certo lo accompagnava per casinò.

Bombe. Briatore fa il primo vero affare della sua vita, di nuovo nel ruolo di intermediatore: convince Dutto a comprare, e Schreiber (imprenditore ebreo di Torino), a vendere, la Paramatti vernici (florida azienda torinese), ma invece di farsi pagare, pretende il due per cento delle azioni, diventando il terzo socio. Nel 1978, quando Dutto litiga con l’altro socio di maggioranza, Briatore si schiera con lui, ottenendo la promozione a dirigente. Al socio dimissionario subentra Achille Caproni di Taliedo, erede di Giovanni Battista Caproni, fondatore della Caproni, la prima azienda aeronautica d’Italia. Briatore lo ha conosciuto a Milano negli ambienti della Borsa. Nove giorni dopo l’ingresso di Caproni nella Paramatti, il 21 marzo 1979, Dutto esplode nella sua Bmw davanti a casa sua, causa una bomba collegata all’accensione dell’auto. Su quell’auto doveva esserci anche Briatore, che invece si salva grazie a un quarto d’ora di ritardo. Non si scoprirà mai chi ha commissionato l’attentato. A condurre le indagini il procuratore capo di Cuneo, Sebastiano Campisi, di Catania (legato alla mafia secondo le dichiarazioni del pentito Antonino Calderone, non fu mai indagato, solo sottoposto a procedimento disciplinare dal Csm e infine scagionato). La scomparsa del patrimonio di Dutto, trenta miliardi, un altro mistero (agli eredi non rimane niente di niente).

Anonimi. Una vecchia conoscenza di Briatore, rilasciando un’intervista agli autori del libro, con garanzia di anonimato, ha dichiarato che: negli ultimi tempi Dutto aveva perso una fortuna per casinò e, sospettando di essere truffato, dava la colpa a Briatore; il comandante dei carabinieri Giovanni Battista Puppo, che indagava sull’omicidio (poi morto misteriosamente in un incidente stradale), aveva rivelato ad Anna, fidanzata di Dutto, di avere interrogato Briatore, ma sul più bello fu interrotto dal Procuratore Campisi; dopo la morte di Dutto, Briatore si presentò a casa sua forse in cerca di documenti, ma Anna non lo fece entrare (i documenti furono sequestrati ma se n’è persa ogni traccia); gli amici di Dutto chiesero a un certo Biba, proprietario di una discoteca a Limone Piemonte, legato alla malavita, di indagare per conto suo sull’omicidio, ma quando quello se ne tornò dicendo di avere scoperto l’esecutore («Se volete posso portarvi a Nizza. Vi mostro in faccia colui che materialmente messo la bomba), loro preferirono lasciar perdere; Biba è morto.

Crac. La Paramatti farà bancarotta e così la Cgi, Compagnia generale industriale, la holding dei conti Caproni, di cui Briatore, dopo la morte di Dutto, è diventato consulente. Il conte Caproni se la darà a gambe, chi dice alle Seycelles, chi in Florida, per non scontare una condanna che arriverà molti anni dopo. Il mandato di cattura viene spiccato, inutilmente, nel 1984. Le indagini non hanno mai coinvolto Briatore.

Milano. Subito dopo la morte di Dutto la sorpresa di Giuliana Toni, fidanzata storica di Briatore, che andando a casa sua a Cuneo per parlare dell’accaduto, trova uno sconosciuto subentrato a lui nell’affitto. Briatore si è trasferito a Milano, in un attico, in piazza Tricolore, pieno centro. Oltre a continuare l’attività di porteur, si improvvisa discografico (tra gli altri per Pupo, Loredana Bertè, Iva Zanicchi). Al Nepentha, discoteca frequentata da vip, conosce e s’innamora, ricambiato, di una modella non ancora diciottenne, californiana, Marcy Schlobohm. Finiranno per andare a convivere nell’attico di piazza Tricolore (chi dice che i rubinetti del bagno fossero d’oro). Memorabili le feste a caviale e champagne. Ospiti immancabili Emilio Fede e il conte Caproni.

Fuga. Maggio 1984, gli agenti della Finanza irrompono nell’attico di piazza Tricolore per arrestare Flavio Briatore, ma trovano solo la bellissima Schlobohm. Lui è scappato a Saint Thomas, nelle Isole Vergini Americane. Le indagini sono partite nel 1982. Altri dodici vengono arrestati. L’accusa è di avere truffato ricchi giocatori d’azzardo (in pratica il gioco era sempre truccato e in poche ore quelli perdevano decine di milioni di lire). Briatore ha dimenticato l’agendina. Il numero annotato in corrispondenza di “Genovese” è intestato alla ditta G&G concrete corporation di Jhon Gambino (Genovese e Gambino, entrambi, schedati dagli uffici di polizia americana come esponenti di Cosa nostra). C’è anche il numero di Emilio Fede, che viene prima sentito come persona informata sui fatti, poi indagato per gioco d’azzardo, infine assolto per insufficienza di prove. Per Briatore la condanna definitiva sarà a un anno e due mesi di reclusione.

Licantropi. Renée Le Roux, ex modella, che negli anni Settanta gestiva il casino del Palais de La Méditerranée di Nizza. Nel suo libro di memorie Une femme face à la Mafia, ha raccontato le intimidazioni e gli abusi subiti per conto di Jean-Dominique Fratoni, detto “il Napoleone dei tavoli verdi”, che mirava a conquistare tutti i casinò della Costa Azzurra. Pur di estrometterla dalla gestione del Palais, si rivolse anche i mafiosi, uno fra tutti Ilario Legnano, che a dire dei pentiti Antonino Calderone e Giovanni Brusca, se la faceva con Nitto Santapaola. A dire della Le Roux, invece, anche Flavio Briatore lavorava per Legnano.

Benetton. Sbarcato a Saint Thomas nella primavera del 1983 Briatore diventa braccio destro di Luciano Benetton, che lo incarica dell’apertura di nuovi negozi, sul posto e a New York. I due si erano conosciuti a Milano, forse a una festa. Raggiunto dalla Schlobohm, la coppia si sposa. Così Briatore ottiene la Green card, il permesso illimitato di residenza sul suolo americano (il divorzio, nel 1987). Briatore fonda il Jimmy’z, un locale di lusso, in società con Antonello Gambino e Leo Jacobson, ma i tre finiranno per litigare e il locale chiuderà nel 1988.

Teppisti. «Flavio? Sarà un po’ teppista, ma è tanto simpatico» (Luciano Benetton).

Formula 1. 1989, tempo d’amnistia. Briatore può rientrare liberamente in Italia. Lo stesso anno Benetton gli affida la direzione della sua scuderia di Formula 1, e Briatore si trasferisce a Londra. Ha visto il suo primo Gran Premio il 13 novembre 1988, ad Adelaide. I primi grandi risultati arrivano nel 1990, con l’ingaggio dei piloti Nelson Piquet e Roberto Moreno e del progettista John Barnard. Nel 1991 Briatore deicide di appiedare Moreno per ingaggiare Michael Schumacher. Per fare correre lui anziché Roberto Moreno, cerca di convincere il secondo a fingere una gamba rotta. Di fronte al suo rifiuto produce un certificato fasullo. Citato in giudizio vince con un cavillo, come racconta lui stesso: «Nell’accordo si parlava solo di telaio. Così dissi al giudice: “Qui ci sono tre telai. È vero, uno l’ho promesso a Moreno. Se vuole, lo prenda pure, può mettersi il casco e guardare la gara dall’abitacolo. Ma il motore no, di quello il contratto non parla. Quindi non glielo do”».

Errori. Nel 1993 esplode una bomba davanti alla sua casa londinese, che distrugge il porticato e i vetri. Scotland Yard attribuisce l’ordigno all’Ira (insomma, un errore).

Hockenheim. 1994. Nel GP di Germania durante un rifornimento resta ustionato il pilota Jos Verstappen e quattro meccanici della Benetton (un’esplosione improvvisa causata dall’errato funzionamento del bocchettone del carburante). La FIA accusa la Benetton di aver manomesso il tubo, togliendo un filtro che serve a eliminare eventuali corpi estranei nella benzina (scopo velocizzare l’operazione di rifornimento). Briatore si difende dichiarando di avere tolto il filtro col permesso di Whiting, delegato tecnico della FIA. Replica della FIA: nessuno ha dato il permesso, anzi, a febbraio era stata introdotta la regola del filtro. Ad ogni buon conto Briatore non subirà nessuna sanzione.

Renault. Con la scuderia della Benetton Briatore rimane fino al 1997, quando la famiglia decide di riprendere in mano la scuderia. Fino al 2002, quando Benetton si ritira dalle corse, vendendo l’intero team per duecentoquaranta miliardi di lire al gruppo automobilistico Renault, che nomina team manager Flavio Briatore. Il successo arriva con Fernando Alonso, che chiude il campionato dell’anno con una vittoria in Ungheria e una pole position come pilota più giovane. Commento di Briatore: «Io porto risultati nella metà del tempo e mi diverto pure. Una cosa è certa: vendere assicurazioni per strada o magliette nei negozi mi è servito da morire».

Crashgate. 28 settembre 2008, Gp di Singapore. Fernando Alonso, primo pilota della Renault, parte in ottava fila, Ferrari e McLaren irraggiungibili. Colpo di scena al quattordicesimo giro: il suo compagno di squadra Nélson Angelo Piquet prima sbanda, poi fa un testa coda schiantandosi ai piedi della tribuna, finendo per favorire proprio lui (Alonso vince il primo premio). Un anno dopo la rivelazione sul quotidiano brasiliano “O Globo”: non si è trattato di un incidente, Piquet ha sbandato su ordine di Briatore. Piquet confermerà questa versione alla FIA. Il 16 settembre 2009 Briatore si dimette, il 21 settembre il Consiglio mondiale della FIA lo squalifica a vita. Il 5 gennaio 2010 il Tribunale di grande istanza di Parigi accoglie il ricorso di Briatore, senza entrare nel merito (il procedimento istruito dalla FIA era irregolare), revocando la radiazione e riconoscendo un risarcimento di quindicimila euro per danno all’immagine (a fronte della richiesta di un milione). La FIA dichiara di mantenere la sanzione fino alla scadenza del termine per l’impugnazione, ma nell’aprile 2010 revoca la sanzione a vita, limitando la squalifica fino al 31 dicembre 2012. L’ammissione parziale di Briatore: «È vero, non ho operato la necessaria sorveglianza su quanto stava accadendo nel mio box».

Billionaire. Fondato nel 1999 ad Arzachena. Soci Flavio Briatore, Dario Mora, detto “Lele”, e Daniela Gernero, meglio nota col nome dell’ex marito, chirurgo plastico Paolo Santanché. Il Billionaire diventa un brand: vengono aperti altri due locali (a Cortina D’Ampezzo e a Montecarlo), e nasce il Billionaire italian couture (con punti vendita a Londra, Mosca, Lagos, Dubai, Las Vegas e Tashkent). Tutto pubblicizzato da Billionaire television (in onda ogni notte su Match Music e su una frequenza Sky), e da “Billionaire Magazine” (sottotitolo, «Chi vuol essere Billionaire?»).

Lusso. Quando gli fanno notare che i cappotti della Billionaire couture costano intorno ai quarantamila euro e un ombrello in pelle di coccodrillo cinquantamila euro, Briatore risponde: «Questo è il mercato che io conosco, e queste sono le persone che io conosco. Perché io sono ricco, semplicemente questo. E io sono quello che vuole la gente».

Billionairine. Ingaggiate ogni anno in giro per l’Italia per promuovere il locale, età tra i 18 e i 26 anni, altezza minima un metro e settanta. «Mai vista tanta gnocca al metro quadro» (Flavio Briatore).

Divertimento. «Il Billionaire è stato un divertimento che adesso non è più un divertimento, perché non è una discoteca, ma è diventato un marchio, un modo di essere, un modo di vivere» (Flavio Briatore).

Luxury Pride. Quando, nel 2007, il governatore sardo Renato Soru, istituì la tassa sul lusso, Briatore lanciò il Luxury Pride, contro la «criminalizzazione del ricco». Tra gli invitati alla festa organizzata al Billionaire, Marta Marzotto, che ebbe a dire: «Possibile che l’insulto più terribile sia diventato “sporco ricco”?».

Sogni. «Quando uno va in vacanza deve sognare. Il Billionaire è un sogno che si possono permettere tutti».

Naomi. Nel periodo del lancio del locale Briatore è fidanzato con Naomi Campbell. Giovanni Chiarva: «“Non andresti così forte senza di lei”, gli dicevo, “Perché Naomi è Naomi”. E lui: “Eh sì, è tra le donne più famose al mondo, è la terza donna più famosa del mondo”; e io gli faccio: “Chi è la prima?”, e lui risponde: “La prima è Marilyn Monroe, la seconda è Madre Teresa di Calcutta, e la terza è lei”».

Gregoracci. Nel 2008 il matrimonio con Elisabetta Gregoracci, di trent’anni più giovane, nativa di Soverato. Nel 2006 il pm di Potenza, Henry John Woodcock, aveva accusato – e arrestato - il portavoce di Fini, Salvo Sottile, con l’accusa di avere ottenuto da lei prestazioni sessuali per raccomandarla in Rai (finì condannato per peculato - usava l’auto blu per farsi portare la Gregoracci alla Farnesina -, mentre cadde l’accusa per concussione ai danni della Gregoracci - non fu costretta, ma, se qualcosa concesse, lo fece liberamente). Il 18 marzo 2010 nasce Nathan Falco (doppio nome, in mancanza di accordo, scelto rispettivamente dalla mamma - «Vuol dire dono di Dio» -, e dal padre - «È un nome corto e aggressivo, e rimane tale in tutte le lingue del mondo»).

Force Blue. In attesa di traslocare nella residenza di Montecarlo (duecentosessanta metri quadri, costo dell’affitto ventimila euro al mese), la nuova famiglia si trasferisce nello yacht Force Blue (FB, come le iniziali di Flavio Briatore). Sessantatré metri di lunghezza, tra gli optional la sala cinema, una spa di novanta metri quadri con area massaggi, talassoterapia, saune, cromoterapie. Sul fly, il ponte più alto, la pista per l’elicottero e la Jacuzzi per gli ospiti. Il 21 maggio, al largo di La Spezia, l’imbarcazione viene circondata dalla Guardia di Finanza di Genova che la mette sotto sequestro e ordina alla Gregoracci e all’equipaggio di scendere (Briatore assente). La Gregoracci dichiarerà di aver perso il latte per lo choc.

Privazioni. «Nathan Falco piange spesso, non è più sereno da quando ci hanno fatto abbandonare lo yacht. Era abituato a vivere sulla barca, ora non è più tranquillo, sente la mancanza dei suoi spazi. Da quando siamo usciti dalla clinica dove ho partorito, era sempre stato lì. È Nathan Falco ad aver risentito maggiormente di questa situazione» (Elisabetta Gregoracci).

Emendamenti. L’accusa è contrabbando, in pratica aver evaso le tasse sullo yacht e sul carburante per un valore di quasi cinque milioni di euro. Briatore si difende dichiarando che lo yacht è di proprietà di una società di charter con sede nelle isole Vergini Britanniche che l’avrebbe noleggiato anche ad altri. Ma in aula il pm Cotugno leggerà una mail destinata a Briatore che smentisce la linea difensiva. Il 31 maggio Riccardo Villari, ex presidente dimissionario della Commissione di vigilanza Rai, senatore con il Movimento per le autonomie, presenta un’interrogazione in favore del Tribüla. Nel giugno 2010 viene approvato un emendamento al ddl Brunetta, che consente ai megayacht di proprietà di società di comodo di rientrare in Italia, con una serie di agevolazioni fiscali. Per i detrattori è l’emendamento Briatore, che costerebbe all’Italia decine se non centinaia di milioni. Il sequestro resta esecutivo, ma dietro il pagamento di una fideiussione il Force Blue torna a navigare.

Optional. «Una bella macchina senza l’optional di una bella donna non ha alcun valore» (Flavio Briatore).

Gipsy. «Io non ho radici, la vita deve essere gipsy» (Flavio Briatore).

Possesso. «L’apparire è il mio lavoro. Che serve poi per possedere» (Flavio Briatore).