Autobiografia di un veterano 1087-1859. Ricordi storici e aneddotici del generale Enrico della Rocca di Enrico Della Rocca. Zanichelli, Bologna 1897., 10 gennaio 2011
Tratto da Autobiografia di un veterano 1087-1859. Ricordi storici e aneddotici del generale Enrico della Rocca di Enrico Della Rocca
Tratto da Autobiografia di un veterano 1087-1859. Ricordi storici e aneddotici del generale Enrico della Rocca di Enrico Della Rocca. Zanichelli, Bologna 1897. •Capitolo III pagg.103-106 Il figlio del Roberti, che aveva fatto con me qualche campagna geodetica, come ho narrato, nel 1835 era a Cuneo con suo padre, e mi scriveva: « Qui non si fa altra vita che morire ». L’anno dopo ritornai a Courmayeur, e questa volta vi feci un lungo soggiorno. Vi si trovavano parecchi miei amici e conoscenti torinesi: il conte Mestiatis, Alfonso Lamarmora, Incisa Beccaria, Bagnasco di Carpeneto ecc., che mi erano qualche volta compagni nelle mie passeggiate. Ma per lo più si fermavano a mezza strada e tornavano indietro, meravigliandosi della mia forza di resistenza sulla montagna. Non ero mai stanco, più camminavo più avrei camminato, e ciò mi condusse a fare con loro una scommessa non priva di pericoli né di difficoltà. Dovevo recarmi a Chamounix e, camminando continuamente senza prendermi altro riposo che il tempo per mangiare, ritrovarmi a Courmayeur il secondo giorno all’ora del pranzo ; avrei fatto cosi il giro completo del Monte Bianco partendo da sinistra e tornando da destra. Lasciai Courmayeur la mattina, passando presso il lago di Combal, attraversai i tre colli dell’Allée blanche, del Four e del Bonhomme; quindi scesi ai bagni di S.t Gervais, dove trovai il marchese Luserna di Rorà, che mi volle assolutamente a pranzo. Finito appena di mangiare e un po’ prima di notte, ripresi la via per salire a Chamounix, dove arrivai avanti 1’alba. Passai il bollissimo colle della Tête noire, ora tagliato da una grande strada postale, e per Trient, Orsière e il colle di Feret ridiscesi a Courmayeur, dove trovai gli amici riuniti alla tavola rotonda. Avevo camminato trentasei ore di seguito, e dopo desinare, feci altre due ore di passeggiata con le signore e i signori della tavola rotonda. Non era la prima volta che mi accingevo a simili scommesse; due volte mi ero recato da Genova a Torino, a piedi arrivando sempre prima della vettura pubblica. La passeggiata era più facile di quelle di montagna, è vero, ma anche molto più lunga; da Genova a Torino v’erano 72 miglia piemontesi, equivalenti a k. 175 circa. In gioventù il movimento della carrozza mi produceva press’a poco l’effetto della navigazione a vela. La gran forza che mi dovetti fare più tardi quando mi trovai nelle carrozze reali, seduto accanto al Rè o davanti alla Regina, troncò addirittura ogni conseguenza della nausea, e anche questa a poco a poco scomparve completamente. Ma prima di quel tempo, trovandomi un giorno nella Corriera, con tre altri compagni di viaggio, mi sentii tanto male che, varcata appena la Lanterna, augurai loro buon viaggio, con un arrivederci a Torino, e m’incamminai a piedi. La Corriera faceva riposare due notti i viaggiatori, e si fermava due volte al giorno per dar loro il tempo di mangiare; oltre a ciò quei signori erano pregati di scendere ogni qualvolta la salita fosse troppo ripida e lunga. A quel modo ci si mettevano 60 ore! Io mi riposai tre volte invece di due, e cinque o sei ore per volta; mangiai comodamente negli alberghi, e arrivai qualche ora prima della vettura. Ebbi tempo di andare a casa, cambiarmi e tornare sul ponte a salutare i compagni, i quali non volevano credere che non avessi preso un calesse per la strada. Già ho detto come nel 1830, insieme col Roberti. ero sceso dal colle di Tenda a Nizza in quattordici ore, attraversando parecchi colli; e quelle straordinarie camminate le facevo sempre con gran piacere, senza risentire la, benché menoma fatica, né in seguito alcun incomodo; anzi credo che l’abitudine dei forti e lunghi esercizi, la resistenza alle intemperie, al sonno, mi abbiano molto giovato a poter sopportare le continue e lunghe marce del ’48, la frequente privazione di sonno in quella campagna o più particolarmente, per me, in quella del ’59. Nel 1837 fui comandato per una campagna geodetica con l’amico capitano Scati, per eseguire l’unione della nostra triangolazione con quella della Svizzera. Ci recammo a Ginevra per intenderci col celebre colonnello svizzero Dufour, allora capo di Stato Maggiore incaricato della triangolazione per la carta topografica della Svizzera; e quindi andammo pei nostri lavori nella Moriana. La campagna principiò male; il cavallo dello Scati ruzzolò in un precipizio: pochi giorni dopo fu trovato morto in fondo a un burrone il servitore mandato a piantare un segnale; perdemmo pure un nostro cagnolino che cadde giù dal Mont du Chat. Pagati questi tributi alla fatalità, il resto della campagna andò benissimo, e nell’autunno riportammo, come di solito, molto lavoro da mettere in pulito durante l’inverno. Quella campagna fu per me la penultima; l’ultima fu quella del 1841. Nel ’38 fui invitato dal cavaliere Cesare di Saluzzo ad accompagnare il giovane Duca di Savoia in una breve caccia all’orso: n’era stato segnalato uno nei monti della Moriana. Andammo con le carrozze fino a S. Michele, e di li salimmo a piedi in cima al Montembrun, mentre i battitori lavoravano per scovarlo dalle fitte foreste e spingerlo verso le cime ove eravamo noi. Ma inutilmente l’animale non fu trovato. Secondo le informazioni doveva essere già passato nelle valli al di là di Montembrun. Il Rè Carlo Alberto, che già da quell’anno dimostrava ne’ i suoi ordini verso i figli e tutti i subordinati quella volontà irremissibile, che nel 1848 doveva esserci più di una volta funesta, aveva fissato al figlio il giorno e l’ora del ritorno : perciò dovemmo lasciar la caccia senza concludere nulla, e ridiscendere a S. Michele, per riprender la via di Torino. Nel 1839 null’altro che i soliti esercizi militari al campo di S. Maurizio. Jessica D’Ercole Gl GiustiziaeLibertà Srl T +39 06 97 61 1520 M +39 331 17 99 469 M +39 320 61 87 341 Piazza Margana, 39 00186 Roma j.dercole@glgiustiziaeliberta.it