Varie, 10 gennaio 2011
MOHAMED AHMED AL TAYYEB
(Mohamed Ahmed Al Tayeb) 1946. Imam. Dal 2010 alla guida della moschea-università al Azhar, «[...] ha un’importanza cruciale negli equilibri interni al Cairo, perché l’imam è consulente del governo sulla religione e fin dagli anni Cinquanta è di nomina governativa. Le sue fatwe hanno eco in tutto il mondo [...] Francofono formatosi alla Sorbona di Parigi [...] non indossa i tradizionali abiti egiziani, ma eleganti completi scuri. Al Azhar è una sorta di “Vaticano dell’islam sunnita”. “La radiosa”, come si dice in arabo, non è una scuola coranica qualsiasi, ma la moschea che già nel 988 ospitava dei corsi e per questo presenta se stessa come “l’università più antica del mondo”. Migliaia di studenti da tutto il mondo arrivano qui per studiare, e i servizi segreti di mezzo mondo la tengono d’occhio perché dalle sue aule sono usciti anche molti capi del terrorismo internazionale. Persino il numero due di al Qaida, Ayman al Zawahiri, vanta in famiglia uno zio che è stato grande imam di al Azhar. Poliglotta con una visione globale del suo ruolo di guida dell’islam sunnita, dottore di dottrina islamica, preside di facoltà ad Assuan e in Pakistan, il filo-governativo Tayyeb è già stato gran Muftì d’Egitto, la carica governativa che garantisce l’applicazione delle norme giuridiche compatibilmente con la sharia islamica e che ratifica le condanne a morte. Tayyeb ha fama di essere “moderato”. Ma il suo passato è pieno di glorificazioni del terrorismo suicida contro Israele. Elogio dei kamikaze e odio per Israele Il 4 aprile 2002 lo sheikh Tayyeb, che all’epoca era il Mufti d’Egitto, proclamò: “La soluzione al terrore israeliano risiede nella proliferazione degli attacchi suicidi che diffondono terrore nel cuore dei nemici di Allah. I paesi, governanti e sovrani islamici devono sostenere questi attacchi di martirio”. Alla domanda se “gli attacchi suicidi contro i civili sono la sola forma di resistenza legittima”, Tayyeb rispose con un laconico e terrificante: “Sì”. Nel 2004 Tayyeb fu duramente attaccato in un rapporto del Congresso americano proprio per la sua giustificazione degli attentati suicidi. Un anno prima, infatti, Tayyeb aveva ancora spiegato che “le operazioni di martirio in cui i palestinesi si fanno esplodere sono permesse al cento per cento secondo la legge islamica” [...] ha rifiutato l’offerta di recarsi in visita a Gerusalemme: “Sconsiglio vivamente ai musulmani di visitare Israele”. Inoltre [...] ha aggiunto che “rifiuterà di ricevere qualsiasi governante israeliano sia in Egitto che all’estero. Per mia natura non intendo incontrare funzionari israeliani che siano politici o religiosi”. [...]» (“Il Foglio” 26/3/2010) • A inizio 2011, irritato per le dichiarazioni di papa Benedetto XVI dopo la strage che a capodanno aveva visto ad Alessandria la morte di 21 fedeli che uscivano dalla messa di mezzanotte («Questo vile gesto di morte, come quello di mettere bombe vicino alle case dei cristiani in Iraq per costringerli ad andarsene, offende Dio e l’umanità intera»), replicò: «[...] “Non vogliamo commentare l’opinione del Papa ma abbiamo il diritto di non essere d’accordo con lui [...] La sua è una visione sbilanciata su musulmani e cristiani che rischiano di essere uccisi in tutto il mondo. Perché non ha chiesto la protezione dei musulmani quando erano massacrati in Iraq? [...]» (Lorenzo Salvia, “Corriere della Sera” 3/1/2011) • «[...] è un intellettuale [...] dai modi gentili e dal carattere tollerante. Il suo Phd in filosofia islamica l’ha ottenuto a Parigi, alla Sorbona, e la sua capacità di assimilare con intelligenza le spinte progressiste coniugandole con la propria cultura lo ha portato a raggiungere la carica più alta per un leader religioso sunnita [...] ha una sua visione che potremmo definire [...] attenta e realistica. È sicuramente vicinissimo al presidente Hosni Mubarak; è ovviamente iscritto al partito del leader [...] Ma è soprattutto un convinto moderato. Già negli anni trascorsi al vertice dell’università di Al-Azhar si era espresso duramente non soltanto contro l’estremismo dei Fratelli musulmani, ma aveva sostenuto che il prestigioso ateneo e il suo campus non potevano essere utilizzati per marce e caroselli di giovani studenti incappucciati che inneggiavano alla violenza e gridavano slogan a favore dei guerriglieri armati di Ezzedim al Qassem (braccio militare di Hamas), dell’Hezbollah libanese e dei Pasdaran iraniani. Al Tayeb, subito accusato dagli estremisti d’essere un “fantoccio” dell’esecutivo, rispose con calma, all’interno del Paese in arabo, e nelle interviste destinate all’estero in inglese e in francese (lingue che parla fluentemente), per spiegare le sue convinzioni. Che insomma bisogna trovare un punto di equilibrio tra varie scuole di pensiero: tra i salafiti intransigenti, che vorrebbero imporre la legge dell’islam, respingendo tutto ciò che viene da Occidente; e i modernisti pronti ad accogliere le altre culture nel nome del progresso. Da costoro Al Tayeb si distanzia, cercando una terza via, che accetti la modernità rispettando la cultura e le tradizioni dell’islam. Le sue conferenze sul ruolo del colonialismo in Egitto e più in generale nel Medio Oriente sono un esempio di solida preparazione. Negli incontri internazionali (è accaduto anche con la Comunità di Sant’Egidio) Al Tayeb non soltanto spiega le sue opinioni, ma partecipa ai dibattiti, è curioso, pone domande intelligenti. Non sembra insomma prigioniero di un ruolo formale, ma attivo protagonista di un’opera di rinnovamento. [...]» (Antonio Ferrari, “Corriere della Sera” 3/1/2011).