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 2011  gennaio 10 Lunedì calendario

L’estremista artigiano che a Rio de Janeiro si è aggiustato la vita - Scarsi cento chilometri da Rio de Janeiro, percorren­do l’itinerario che squarcia in due le foreste della Serra dos Organos, si arriva nella «città imperiale» del Brasile dove una vita fa ha trovato rifugio e lavoro un ex comunista lati­tante che ha saldato il suo de­bito con la giustizia scappan­dosene a processi in corso

L’estremista artigiano che a Rio de Janeiro si è aggiustato la vita - Scarsi cento chilometri da Rio de Janeiro, percorren­do l’itinerario che squarcia in due le foreste della Serra dos Organos, si arriva nella «città imperiale» del Brasile dove una vita fa ha trovato rifugio e lavoro un ex comunista lati­tante che ha saldato il suo de­bito con la giustizia scappan­dosene a processi in corso. A Petropolis, e più precisamen­te presso la Sierra Cooperati­va Restauratori, rintracciamo un incredulo Carlo Pagani, no­to solo come «professor Paga­ni », insegnante all’università di Rio per la facoltà di restauro di opere di legno antico. Mila­nese, classe ’53,il docente dal­la foto segnaletica ormai in­giallita per imprese criminali che risalgono a più di trent’an­ni fa, s’è ritagliato una vita di terza fila, lontana dai rifletto­ri, ufficialmente lontana an­c­he dai compagni del Comita­to d’appoggio ai rifugiati poli­tici schierati per Battisti che qualche anno fa lo convinse­ro a dare il suo contributo alla compagnia dell’Ulivo carioca denominata«Viva l’Italia». La denuncia della «lista degli as­sassini », come incautamente la definì l’autore dello scoop Gianluigi Ferretti, fece cono­scere Pagani al mondo. Lo vo­tarono in 300: trombato. Sarà per questo che al professore per poco non saltano le coro­narie quando mostriamo il bi­glietto da visita. «No, guardate, di Cesare Battisti non intendo parlare col Giornale , non voglio fare alcuna dichiarazione, non mi interessa l’argomento». Ma lei l’ha conosciuto Battisti quand’era latitante in Brasi­le? (silenzio). Lei è amico del ristoratore Pessina, l’ex di Pri­ma linea che difende Batti­sti...( silenzio). Non parla più, Pagani. Prefe­risce ripiombare nell’oblio in cui da vent’anni trova confor­to e riparo. Eppure la materia dovrebbe conoscerla se non altro perché pure lui, come gli altri compagneros naturalizza­ti, ha qualcosa da farsi perdo­nare: rapina, detenzione e porto illegale di armi, furto, violazione di domicilio e quant’altro, reati che gli sono costati una condanna a quasi 4 anni, mai scontata perché sa­nata dal tempo trascorso libe­ramente in Brasile. I report dell’Antiterrorismo classifica­no il professore nell’area del­l’Autonomia operaia ma lui, ascoltato in tribunale nemme­no un anno fa, precisa che i suoi sono peccati di gioventù non ascrivibili a sigle partico­lari: «È vero, ho avuto una con­danna per rapina, poi il reato è stato prescritto nel 2000. (...). Se mi sono presentato al­le elezioni è solo per fare un po’ di volontariato». Quanto ai precedenti penali «beh, io non sono stato membro di gruppi tanto è che le mie con­danne non sono state per ban­da armata o associazioni sov­versive ma per armi e rapina. Da studente ho partecipato a manifestazioni di questo tipo, eccetera, con organizzazioni di tipo studentesco, Lotta con­tinua, eccetera eccetera». A forza di eccetera eccetera Pagani non convince quando giura di essere stato all’oscu­ro delle presenza del mostro del rogo di Primavalle, Achille Lollo, o dello stesso Pessina, nella lista di Prodi. E comun­que. Dal 2 marzo 2000 Pagani è uomo da considerarsi libero da ogni pendenza. Il professo­re di restauro, pur essendo un’autorità in materia,a senti­re gli amici fa poca vita di so­cietà. Più che discreto, un fan­tasma. All’università le poche indiscrezioni su quel passato non espiato sono state prese così e così: «Il mio dirigente – confessa Pagani al giudice che lo interroga - non mi ha chiesto niente, certo però, tra di noi, la coordinatrice che era di origine italiana, aveva la mamma che era stata candi­data anche lei per i comitati degli italiani all’estero, beh, quindi, allora io per evitare che vi fossero dei problemi ho voluto anticipare la spiegazio­ne, così mi è successo anche con qualche alunno». Alle nuove leve, in aula e nella pau­sa pranzo in ate­neo, il professore ha sempre voluto dare di sé un’im­magine rassicuran­te, lineare, pulita. Nessun riferimen­to agli anni di piombo. Poi, vedi la sfortuna, nel marzo 2004 dal cie­lo è piovuto lo scan­dalo­ bomba della lista carioca del­l’Ulivo: la figlia in lacrime per i com­menti spietati dei compagni di clas­se, la moglie diret­trice dell’istituto delle foreste brasi­liane che ha prete­so chiarimenti ap­profonditi. Da qui la decisione di eclissarsi anche online . «Il proble­ma, signor giudice, sono i miei studenti, perché io pub­blico, ho pubblicato su inter­net alcuni lavori. Quindi tutte le volte che vogliono fare ricer­ca sui lavori di restauro cerca­no quello che il professore di­ce, per cui a quel punto ho de­ciso di ridurre la mia parteci­pazione su internet, con pub­blicazioni, cosa che da questo punto di vista mi ha...» nuociu­to non poco. Da quest’oggi, purtroppo per lui, digitando sulla pagina di Google «profes­sor Pagani », oltre a vecchi mo­b­ili da ristrutturare uscirà fuo­ri anche la sua vecchia vita, quella più segreta e nascosta, impossibile da restaurare con una passata di cera.